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Cosa fare e a chi rivolgersi quando 'si rimane sotto' per un eccesso di droga o alcol? Quali interventi fare, come agire e reagire, dove andare e con chi parlare? A queste domande, a queste esigenze, - mai sopite ed esplose dopo la tragica morte di Lamberto Lucaccioni, il giovane sedicenne, deceduto lo scorso luglio, dopo una serata alla discoteca Cocoricò di Riccione, causata dall'assunzione di Mdma - tenta di rispondere un progetto che la Fp Cgil sta elaborando assieme alle associazioni studentesche: l'Unione degli universitari e la Rete degli Studenti.
Allo studio, infatti, è un progetto che, usando le nuove tecnologie, possa parlare ai giovani e aprire loro le porte dei servizi. “Un modo per i giovani d'individuare i servizi territoriali, interloquire con loro, rilanciando la loro funzione attraverso politiche di riduzione del danno, finalizzate al benessere delle persone che utilizzano sostanze, e alla prevenzione dei rischi legati all'abuso”, spiega Denise Amerini, responsabile dipendenze della Fp nazionale.
L'occasione per discutere di tale progetto e, più in generale, del tema dell'uso delle sostanze, è avvenuta qualche settimana fa, in occasione di un incontro al 'Revolution Camp' tra Funzione pubblica, Udu e Rete. Partendo dal caso del decesso del giovane a Riccione, Amerini ha osservato: “Troppo è stato detto, spesso a sproposito, fino alla morte accettata come logica conseguenza ('se l'è cercata'), e l'unica iniziativa messa realmente in campo è stata la chiusura del locale, in quella logica sbrigativamente repressiva e giustizialista, che ormai pervade la politica, 'la tolleranza zero'. Ma non è questa la risposta di cui abbiamo bisogno. A partire dalla banale considerazione che chiudere un locale o vietare un festa non elimina di certo il problema, in quanto si consuma comunque, di nascosto con un aumento dei fattori di rischio, se nessuno ti può soccorrere”.
Secondo la dirigente sindacale, inoltre, “se è vero che è aumentato l'uso di sostanze, non solo illegali, fra i giovani, è altrettanto vero che questo non porta sempre alla dipendenza, ma che necessitano approcci finalizzati alla prevenzione e al contenimento dei rischi, insieme a un sistema di cura efficace e differenziato, in grado di fornire una pluralità di interventi”. Un approccio, però, che si scontra con le politiche sanitarie degli ultimi anni che, spiega ancora l'esponente Cgil, “si sono basate su tagli, il più delle volte lineari, che hanno penalizzato in maniera drammatica soprattutto i servizi territoriali, per quanto riguarda sia le risorse che il personale. Il blocco del turn over ha fatto sì che le dotazioni organiche si siano sempre più impoverite, e che le sostituzioni, laddove effettuate - i dati parlano di circa il 50% -, siano state sempre fatte ricorrendo a lavoratori precari”.
Per la responsabile dipendenze della Fp, “è estremamente difficile, se non impossibile, elaborare e praticare forme diverse d'intervento, come servizi di prossimità (drop in, attività di strada, centri a bassa soglia), più appropriati e più efficaci, mortificando la professionalità degli stessi operatori: gli interventi efficaci non sono soltanto quelli che portano alla completa astensione, ma anche quelli che permettono alle persone di vivere le loro scelte in maniera consapevole, sicura, e che rispettano la loro autonomia e dignità, senza pregiudizi”.
Per questi motivi, la Fp ritiene, nelle parole di Amerini, “indispensabile rilanciare i servizi territoriali, attraverso politiche di riduzione del danno, finalizzate al benessere delle persone che utilizzano sostanze, e alla prevenzione dei rischi legati all'abuso: pensiamo che i servizi debbano essere attrezzati per poter intervenire in tutti i contesti in cui si fa uso di sostanze, come i luoghi del divertimento giovanile, e quindi anche per l'analisi delle sostanze, e che debbano essere predisposti luoghi e forme per la somministrazione controllata. La libertà di accesso alle cure e la pluralità degli interventi (accoglimento, servizi di strada, disintossicazione, autoaiuto, riduzione del danno, ecc) sono opportunità che vanno rese disponibili a tutti, rispettando la libertà di scelta e di cura, garantendo il diritto all'accesso ai servizi. Riteniamo indispensabile la depenalizzazione dell'uso personale. Con un intervento di riduzione del danno, si sarebbe potuto evitare di stroncare due vite: quella del giovane morto e quella del giovane etichettato come pusher. Rivendichiamo il rinnovo del contratto, fermo al 2009, come strumento che permette di intervenire concretamente sui temi dell'organizzazione del lavoro e della valorizzazione delle competenze, per rispondere alle esigenze di utenti e operatori, all'aumento degli interventi richiesti e ai mutamenti dei bisogni per una nuova cultura dei diritti di tutti i cittadini".
Per il coordinatore dell'Unione degli universitari, Gianluca Scuccimarra, “per anni, l'Italia sul tema dell'utilizzo di sostanze (e quando parliamo di sostanze, dovremmo avere la coerenza di parlare di tutte le sostanze, anche dell'alcool) ha perseguito politiche proibizioniste, in controtendenza con il resto d'Europa. Ma tali politiche, cieche e proibizioniste, hanno funzionato? I continui tagli a servizi, quali ad esempio quelli per le dipendenze e di riduzione del danno, che oggi rischiano di essere eliminati, a cosa hanno portato? Forse, anziché puntare il dito su un locale o su un ragazzo, etichettandolo come 'pusher', l'interrogativo che stampa, politica e società tutta dovrebbero porsi è: come prevenire che qualcuno, anziché divertirsi, muoia? Dicendogli che la droga è il male del mondo, oppure mettendo in campo politiche innovative di prevenzione, a partire dalle nostre scuole, per consentire ai ragazzi di scegliere consapevolmente anche come divertirsi, informandoli sui rischi e le precauzioni da prendere?"
Infine, Alberto Irone, portavoce della Rete degli studenti medi: "Quello delle sostanze è un tema controverso, su cui nelle ultime settimane si sono spesi fiumi di inchiostro, fatti di stereotipi, a volte anche ai limiti della realtà. La responsabilità di ogni ragazzo che perde la vita pensando di divertirsi, senza poi divertirsi veramente è dello Stato, che anziché porre in campo politiche di prevenzione e riduzione del danno, ricerca nel proibizionismo e nei tagli ai servizi la soluzione. È necessaria un'inversione di rotta, innanzitutto culturale, in grado di ricreare una cultura del divertimento consapevole che parli a noi giovani, responsabilizzandoci nelle nostre scelte e dandoci gli strumenti utili per tutelarci. Questa è l'unica via che intravvediamo, in un mondo in cui le sostanze esistono da migliaia di anni, e che evidentemente non sono elementi della società eliminabili, e allora, anziché nascondere la 'polvere sotto il tappeto', possiamo parlarne senza giudizi o almeno provarci?"