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Un colpo dopo l’altro, di quelli che farebbero barcollare anche un peso massimo, cosa che l'Umbria, per dimensioni e capacità occupazionali non è di certo. Dopo i 364 esuberi dichiarati da Nestlé alla Perugina, arrivano quelli di Colussi, altra importantissima realtà del settore agroalimentare regionale e nazionale. Di licenziamenti se ne temevano 95, per questo oggi, 11 ottobre, sindacati e Rsu sono andati in Confindustria per parlare con l’azienda e chiedere un passo indietro. Ma i manager al contrario ne hanno fatti due avanti e gli esuberi sono diventati 125. Trenta in più e tutti nello stabilimento principale, quello di Petrignano di Assisi, piccolo paese situato tra la città di San Francesco e Perugia.
Si tratta di una procedura di licenziamento collettivo, ai sensi della legge 223/91 per 115 operai e 5 impiegati della Colussi e per 5 impiegati della Sogesti (società che gestisce l’amministrazione per l’impresa agroalimentare). Un atto del tutto “inaccettabile” per i sindacati, “che infierisce in modo drammatico sul territorio umbro, già colpito da altre vertenze”.
“La cosa che fa più rabbia – spiega Patrizia Lanfaloni, delegata sindacale della Colussi di Petrignano – è che l'azienda non ha minimamente parlato di piano industriale. Eppure, noi avevamo accettato di entrare in solidarietà, quando le cose andavano male a livello economico, proprio per consentire il rilancio della nostra fabbrica, cosa che è avvenuta, perché ora Colussi va bene, tanto da aver messo sul piatto un progetto da 82 milioni di investimenti. E invece – conclude la rappresentante della Rsu Flai – non solo confermano i licenziamenti, ma li aumentano addirittura di 30”.
Domani, 11 ottobre, sono già programmate le assemblee in fabbrica, una per turno. Lì i lavoratori, insieme a Flai, Fai e Uila decideranno quali risposte mettere in campo in termini di mobilitazione. Intanto, per il 17 ottobre è già fissato un nuovo confronto in Confindustria a Perugia.