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Il 6 aprile la Cgil sarà in presidio a Montecitorio nel giorno in cui ci sarà il primo voto alla Camera per l’abolizione dei voucher e il ripristino della responsabilità solidale negli appalti. Così Susanna Camusso, segretario generale della Cgil intervistata da RadioArticolo1 e Rassegna Sindacale. “La prudenza è d'obbligo con una situazione politica così instabile e le incertezze note. Il decreto per ora è una dichiarazione politica: noi vogliamo la trasformazione in legge e la mobilitazione proseguirà anche dopo, per sostenere la nostra Carta dei diritti”.
“Intanto – sottolinea – partiamo dalla cancellazione degli obbrobri oggetto del referendum come il lavoro comprato in tabaccheria. Ma l'obiettivo finale è ricostruire la dignità del lavoro e da questa campagna abbiamo lanciato il messaggio che ce la si può fare. Ora non disperdiamo il primo risultato e usiamolo per andare avanti su questa strada”.
“La vera sorpresa – aggiunge la dirigente sindacale – è stata nella consultazione straordinaria degli iscritti partita dopo una lunga discussione in Cgil. Si era fatta largo l'idea che non avevamo spazio se non quello per difenderci; non era quindi scontato proporre un nuovo statuto, consapevoli che i lavoratori ci avrebbero parlato dei licenziamenti, delle difficoltà, della mancanza degli ammortizzatori. Era come se avessimo noi stessi introiettato l'idea del tunnel".
Invece – dice Camusso – abbiamo scoperto, prima con gli attivi dei delegati e poi con le assemblee nei luoghi di lavoro, che c'era la voglia di uscire da questa cappa, il bisogno di ricostruire orizzonti. È stata una vera scoperta che ha determinato le azioni successive e la raccolta delle firme, tanta parte delle quali non sono di iscritti alla Cgil. Abbiamo coinvolto tante persone di diverse opinioni da cui giunge la domanda di un sindacato attento e partecipe".
Lavoro nero? Non scherziamo
Tra le accuse più diffuse collegate all’abolizione dei voucher c’è quella che in questo modo si favorirebbe il lavoro nero. “Una reazione singolare – dice Camusso – anche perché fino al 17 marzo in pochi dicevano che bisognava difendere i voucher o che fosse sbagliato ripristinare la responsabilità delle imprese negli appalti. Poi si sono scatenate le reazioni più stravaganti, a partire dalle imprese: sembra che non sappiano più cosa sia il lavoro, come si organizzino le diverse necessità produttive. Sembra che tutto sia diventato imprevedibile: addirittura nel settore della panificazione o nell'accogliere pullman di turisti che arriverebbero all’improvviso nelle nostre città”.
Evidentemente, aggiunge, “negli ultimi tre anni il mondo delle aziende si è ‘drogato’ di voucher e non ha più alcuna idea di come si organizza il lavoro. Sembra che le imprese abbiano perso di vista il fatto che contrastare il nero dovrebbe essere anche un loro obiettivo e invece invocano trattamenti per i lavoratori, sostanzialmente, analoghi al nero: che idea hanno di concorrenza”?
Sta accadendo anche in agricoltura: ci sono associazioni che stanno pensando, racconta la sindacalista, “di manifestare contro la legge sul caporalato, senza capire quanto essa sia fondamentale per le imprese stesse che vogliono fare impresa di qualità”.
L’obiezione classica è che ci sarebbero troppe regole, difficili da rispettare. “In qualche caso può anche esser vero – ammette la dirigente Cgil –. Decenni di sovrapposizioni di leggi indubbiamente hanno determinato preoccupazioni e difficoltà per gli adempimenti. Siamo pronti a discutere di semplificazione, c’è la Carta. Ma se si dice che non ci deve essere più un contratto di lavoro, allora si sta parlando di un’altra cosa, non di semplificazione”.
Altra accusa rivolta alla Cgil è quella di “fare politica”. Camusso la rimanda al mittente: “Una grande organizzazione confederale che ha a cuore l’interesse generale del paese per forza fa politica. La politica è un mestiere nobile e non è monopolio dei partiti politici”. Piuttosto, rimarca, “è preoccupante che la politica abbia perso il riferimento al lavoro, il rapporto con le persone. La cosa che più colpiva i gruppi parlamentari che abbiamo incontrato per presentare la Carta è il numero delle firme raccolte, non il fatto che abbiamo incontrato tante persone, parlato con loro, ascoltato. L’unica logica è quella dei numeri”.
Prossimo passo, la Carta
Prossimo passo la Carta dei diritti universali del lavoro. L'obiettivo è ambizioso: dare all'Italia una nuova legge in cui i diritti siano in capo alla persona e non alla tipologia contrattuale. "L'obiettivo non è ancora vicino, non ce l'abbiamo a portata di mano – dice Camusso –, ma il grande risultato è che ora il Paese ha ricominciato a parlare di lavoro, nel vero senso del termine. Ci si interroga sul lavoro nero, sulla disoccupazione dei giovani. Al dibattito politico, insomma, abbiamo imposto il tema del lavoro: merito della campagna e delle tante persone che si sono mobilitate e hanno raccolto le firme”.
In parte, osserva, “abbiamo già cambiato l'agenda politica del Paese: torniamo a occuparci della lotta alle diseguaglianze. Per i nostri interlocutori diventa quindi più difficile ignorare la proposta di legge sulla Carta. La Camera l'ha incardinata, il presidente della commissione Lavoro ha assicurato che inizierà la discussione. La meta non è vicina, ma abbiamo certamente fatto un passo avanti. Non smobilitiamo: dopo i risultati importanti raggiunti, vogliamo arrivare fino alla trasformazione in legge della Carta".
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Donne e lavoro
“Basta leggere i numeri sulla precarietà – prosegue la sindacalista - per vedere che la percentuale di donne precarie rispetto agli uomini non è variata molto, insomma lo scarto non è stato colmato. Più in generale il pregiudizio nei confronti dell’occupazione femminile non è scomparso. E questo in fondo nasconde un’idea di società: ossia che le donne debbano stare a casa a occuparsi di mariti, figli, anziani, piuttosto che andare sul mercato del lavoro, col gusto di fare carriera e di ottenere anche lavori importanti”.
Ma il segretario Cgil denuncia anche una crescita di rancore nella società italiana: “Siamo dentro uno stato di odio e inasprimento dei toni e dei modi figlio del fatto che c’è rassegnazione. Tornano comportamenti che sono davvero intollerabili. È incredibile che nel 2017 si chieda a una lavoratrice, durante il colloquio di assunzione, se è sposata, se intenda sposarsi e se vuole avere dei figli. Non lo chiederesti mai a un uomo”.
Né spariscono i vecchi metodi illegali, come ad esempio le dimissioni in bianco: “Trovi un modulo – racconta Camusso – già predisposto per evadere la nuova legge sulle dimissioni in bianco. La prima versione di quella legge era dura, netta, non permetteva queste cose. Mano a mano l’hanno cambiata, però, e adesso è di nuovo possibile costruire le scappatoie”.
Per il segretario generale “il paese ha davvero bisogno di fare un salto di qualità. Il messaggio del lavoro ‘purchessia’ dobbiamo spazzarlo via. Ma colpisce il silenzio delle organizzazioni d’impresa, e l’assenza della politica rispetto a questi temi”.
L’equità fiscale
Poi, una battuta anche sul sistema fiscale. Camusso ricorda che “è un tema che riguarda le regole: pagare le tasse è un patto di cittadinanza, non una prevaricazione”. In Italia però “abbiamo un sistema fiscale punitivo verso i redditi più bassi e generoso con i più alti. Eppure l’evasione continua a esserci. La grande platea della tassazione sono lavoratori e pensionati”. In realtà in questi anni, sottolinea la numero uno della Cgil, “la tassazione sui redditi alti è diminuita, una parte di mondo l’ha vista calare, mentre la parte più debole della platea del lavoro non ha visto diminuire le tasse”. Quindi “dobbiamo ricostruire l’equità fiscale. Il messaggio ‘se abbassiamo le tasse, poi tutti le pagheranno’ non è vero”, rileva Camusso.
Nessuna risposta dalla Confindustria
Infine Camusso si sofferma sul tema della rappresentanza e delle relazioni industriali. “Quando il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia lanciò idea del Patto per la fabbrica – ricorda – ci siamo subito detti disponibili ai temi dell'innovazione e della digitalizzazione, sottolineando al tempo stesso lo straordinario bisogno di formazione dei lavoratori e indicando gli strumenti e le risorse che già ci sono. Ma dalla Confindustria non abbiamo ricevuto risposte”.
Dalle parti di viale dell'Astronomia, conclude, “invece di essere preoccupati per un'improvvisa fusione tra governo e Cgil che non mi pare in campo, dovrebbero decidere di confrontarsi con noi per costruire soluzioni. Non parlando, è difficile che ciò avvenga”.