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Circa il 40% dei medici dipendenti del servizio sanitario nazionale è donna. Un dato positivo che si frantuma di fronte a una serie di ingiustizie ben più eclatanti: ribaltato il dato sui precari, con il 60% di donne medico senza un contratto a tempo indeterminato, mentre solo il 14% dei direttori di struttura complessa (ex primari) è donna. Rosa è invece il part-time, utilizzato per il 92% da donne.
“Le donne medico - afferma Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici - sono ancora oggi discriminate nel raggiungimento dei ruoli gestionali apicali, costrette al part-time e più precarie. Nel mondo medico vanno superate le diseguaglianze tra uomini e donne, eliminando gli ostacoli, a partire dall'organizzazione del lavoro, con una maggiore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita. Lo abbiamo chiesto e continueremo, con la campagna #giustOrario: orario europeo, almeno 11 ore di riposo giornaliero, un orario di lavoro massimo di 48 ore settimanale e un giorno di riposo settimanale”.
“Le donne medico portano nel sistema un valore aggiunto, la medicina di genere - aggiunge Anna Baldi, segretaria regionale Fp Medici Toscana - che tiene conto non solo delle differenze anatomiche ma anche di quelle biologiche, funzionali, psicologiche e culturali. In sanità esistono infatti pregiudizi di genere nello studio dell'eziologia, dei fattori di rischio, nelle diagnosi e nei trattamenti, influenzati da una prospettiva maschile. Si sottovalutano delle peculiarità femminili che riguardano in particolare i sistemi cardiovascolare, nervoso e immunitario”.