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Settant’anni fa, il 28 gennaio del 1950, a Salice Salentino, una ventina di chilometri da Lecce, un giovane sindacalista della Cgil fu assassinato. Si chiamava Donato Leuzzi, aveva 25 anni e dirigeva la Camera del lavoro. Era tra i principali organizzatori delle lotte bracciantili per la terra e per la riforma agraria nel Salentino, in particolare nell’agro dell’Arneo. Fu ucciso (da I. G., 30 anni, monarchico) con un colpo di pistola. La “verità ufficiale”, ricostruita dai carabinieri e dalla Prefettura, descrisse un evento accidentale, un’arma puntata “incautamente” verso alcuni “amici” che poi “faceva partire un colpo”, quello che freddò Leuzzi.
Molto diversa la verità dell’Avanti: per il quotidiano socialista l’assassino era “un sicario del più ricco latifondista del Salento”, già coinvolto in altri episodi di violenza e capo di una “squadra d’azione”. Rinviato a giudizio in un primo momento per omicidio volontario premeditato, in sede processuale l'omicida fu condannato per omicidio colposo e se la cavò con un anno di carcere. I funerali di Leuzzi a Salice richiamarono centinaia di militanti dai centri del Salentino, dalle Camere del lavoro e dalle sezioni dei partiti di sinistra. Il parroco chiuse le porte della chiesa e rifiutò di benedire la salma. Le campane della cattedrale non suonarono al passaggio del feretro (si legge sempre nel rapporto dei carabinieri).
Così si concluse la vicenda umana e politica di Leuzzi, una delle molte vittime della reazione di classe, latifondista e/o mafiosa, che fece argine con la violenza al movimento per la terra negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento nel Meridione italiano. È una Spoon River che accoglie molti, troppi nomi entrati nella memoria collettiva e nel patrimonio del sindacato italiano.
Come spiega lo storico Salvatore Coppola – che oggi ha partecipato alla commemorazione organizzata dalla Cgil a Salice Salentino – Leuzzi “si era messo alla testa dei braccianti di Salice sia nella lotta per la salvaguardia degli elenchi anagrafici (estate 1949), sia nella lotta per la concessione delle terre incolte (a partire dall'autunno del 1949)”. Le “testimonianze orali” sulla vicenda di questo giovane sindacalista “ci parlano di uno dei pochissimi ‘intellettuali’ che guidarono la Cgil locale in una fase in cui i pochi che avevano la licenza media venivano utilizzati per tenere conferenze ai braccianti, la maggior parte dei quali non superava la terza elementare. Salice – prosegue Coppola – era una piazza difficile. Gli agrari, con la complicità del clero, compravano anche la coscienza della povera gente”.
Nel piccolo centro del Salentino “nel maggio del 1946 – ricorda Coppola – la destra monarchica e qualunquista aveva attentato all'incolumità fisica del deputato Giuseppe Calasso, che teneva un comizio per la Repubblica. La stragrande maggioranza della popolazione votò per la monarchia (la Repubblica ebbe poco più di 140 voti). Il consiglio comunale era composto da 16 qualunquisti guidati dall'agrario Leone e 4 democristiani. Qualcosa cominciò a cambiare con l'avvio della prima fase delle lotte dell'Arneo (1° dicembre 1949-10 gennaio 1950), alle quali i braccianti di Salice parteciparono a ondate successive tra il 13 e il 28-29 dicembre 1949”.
La storia è stata ricostruita anche in un documentario di Luigi Del Prete, L’Arneide. Lo stato fa la guerra ai contadini, che racconta la “situazione disperata” nelle campagne del Salento, nel secondo dopoguerra, e la lotta dei braccianti per l’estensione della legge Stralcio alla provincia di Lecce. Disperazione che culminò nella decisione di occupare le terre: “In due momenti, tra il 1949-1950 e il 1950-1951, migliaia di contadini restarono per giornate e notti intere intorno ai fuochi, accompagnati dai canti. Schedati dalla polizia come vagabondi, al motto ‘molta terra a molti contadini’, gli occupanti presero a redistribuire i lotti del latifondo, trasformarono con un intenso lavoro una terra incolta e pietrosa”.
La reazione dei grandi agrari del Salento, che – come osserva ancora Coppola – “temevano la perdita di secolari privilegi”, fu durissima, e fu appoggiata dalla macchina dello Stato nella repressione del movimento contadino. Lo storico ricorda che “Donato Leuzzi, insieme con il capolega Montinaro e con il fratello più giovane Ciccio Leuzzi, aveva guidato i braccianti di Salice nell'occupazione della masseria Fattizze in Arneo”, uno dei luoghi simbolo di una “landa macchiosa (…) tutta groppe ispide come di una sterminata mandria di bufali”, come la descrisse il poeta salentino Vittorio Bodini. Poco dopo Leuzzi fu ucciso. Partecipare a quelle lotte – che avrebbero definito e costituito la “personalità” politica e sindacale dei contadini del Sud, insieme alla loro capacità di organizzazione – gli costò la vita, ma lo sottrasse all’oblio.
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