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Pubblichiamo una serie di nostri articoli "best of 2012", tra quelli che ci sono piaciuti di più o ci sono sembrati significativi.
Il dibattito sulla crescita, sulla produttività e, più in generale, sulla competitività del nostro sistema-paese si è riacceso in queste settimane a fronte della recessione che stiamo attraversando e della potenziale ripresa che può portarci fuori dalla crisi economica (segnali negativi su produzione, occupazione, redditi, investimenti, bilancia commerciale ecc.) e finanziaria (alto livello di debito pubblico e dello spread). A questo dibattito, però, sembrano sfuggire i problemi strutturali che hanno portato l’Italia addirittura ad anticipare la crisi e a una maggiore esposizione alla speculazione dei mercati finanziari – non solo a causa dell’enorme stock di debito pubblico accumulato – e alla concorrenza internazionale, rendendo più lontana e persino più incerta la ripresa. Sembrano essere stati persi i fondamentali. Ecco perché un glossario della crescita e della competitività.
A come Agenda europea 2020. Ormai molti dei “paesi in via di sviluppo” sono stati ridefiniti “paesi emergenti” o “paesi a crescita rapida”. È improrogabile una maggiore integrazione europea e una forte governance economica sovranazionale. Per questo, c’è bisogno di soggetti politici ed economici “grandi”. L’Europa è l’unica risposta. Ma l’Europa, per uscire dalla crisi, deve scegliere la via di una nuova crescita e abbandonare quella dell’“austerità”, cioè delle politiche di rigore e di contenimento del debito pubblico (Fiscal compact, Patto Euro plus ecc.) per la “fiducia” dei mercati. Ai mercati, ora, oltre al debito pubblico, non piace la recessione. L’austerità non funziona. Ridurre spesa e welfare, aumentare le tasse per contrarre deficit pubblici per ridurre il ricorso a nuovo debito ha abbattuto la domanda interna, deflazionato l’economia e condotto alla recessione. La filosofia dell’Agenda Eu2020 non può essere posta in secondo piano. Anzi, solo una crescita “bilanciata, intelligente, inclusiva e sostenibile”–- come viene definita dalla stessa Agenda europea 2020 – può esaurire la crisi, abbassando tutti gli spread: tra titoli di Stato (debito pubblico), nelle bilance dei pagamenti (debito estero), nel reddito nazionale distribuito tra capitale e lavoro (debito privato, di famiglie e imprese).
B come Burocrazia limitata e semplificazione amministrativa. Una pubblica amministrazione più efficiente è necessaria a qualsiasi cambio di marcia, a qualsiasi riforma strutturale utile a nuovi investimenti, pubblici e privati. Non è solo una necessità delle imprese. Tuttavia è facile perdere di vista gli obiettivi, visti i perduranti livelli di inefficienza di molte amministrazioni pubbliche e la bassa fiducia per le istituzioni di questo momento storico. Si tratta di scegliere il modo per rendere più efficiente la spesa pubblica, valorizzare il lavoro pubblico e qualificare l’intervento pubblico in economia.
C come Costo del lavoro per unità di prodotto (Clup). Il Clup viene spesso invocato dalle imprese come indicatore di competitività o di produttività. Viene spesso sottolineato l’eccessivo livello in Italia rispetto ai nostri principali competitori internazionali, attribuendo alla produttività del lavoro o allo stesso costo del lavoro la principale responsabilità. Eppure, il Clup si calcola in rapporto al valore aggiunto della produzione: è sulla capacità del capitale, dunque, che andrebbe spostata l’attenzione. Nel nostro paese, qualsiasi sia la dimensione d’impresa o la specializzazione produttiva, il numero di ore lavorate è elevatissimo. Il problema della produttività va affrontato dal lato della capacità di accumulazione e del grado di progresso tecnico del capitale. Se si adotta questa prospettiva, si può comprendere l’errata concezione di una svalutazione competitiva sui costi di produzione e sul costo del lavoro.
D come Dimensione d’impresa. Riconosciuto da tutte le analisi più accreditate come uno dei fattori di bassa produttività del nostro tessuto produttivo, la piccola o addirittura la micro dimensione media delle imprese – assieme all’alto tasso di turnover – rappresenta un fattore negativo per la competitività italiana. Le medie e le grandi imprese italiane registrano livelli di produttività e di redditività persino maggiori di quelli francesi e tedeschi.
E come Eurobond. Se oggi si considera l’Eurozona nel suo complesso, la situazione della finanza pubblica europea è migliore di quella di altre grandi economie come gli Stati Uniti o il Giappone. Se una parte dei debiti pubblici venisse socializzata, mutualizzata a livello europeo, attraverso nuovi bond di emissione Ue – secondo tutte le proposte tecniche ormai note sul tema – si ridurrebbero drasticamente i rischi di instabilità per l’Eurozona e per l’euro. L’emissione di bond europei può consolidare il debito di tutti gli stati membri, a partire da quello dell’Unione monetaria, e avviare un piano di sviluppo infrastrutturale, scientifico-tecnologico e ambientale, fermando la speculazione e la recessione e sbloccando sviluppo e occupazione a livello europeo.
F come Fisco. Il sistema fiscale, oltre a rappresentare lo strumento attraverso il quale lo Stato genera entrate nel bilancio pubblico, garantisce l’equità redistributiva e stabilizza automaticamente l’economia, si caratterizza come strumento di politica economica volto alla regolazione degli squilibri economici interni. Per esempio, uno spostamento del carico fiscale che grava sul lavoro e sulle imprese, sui redditi medi e bassi, verso i grandi patrimoni o le rendite finanziarie contribuisce a disincentivare la detenzione e la concentrazione di ricchezze tendenzialmente improduttive e libera investimenti e reddito disponibile per i consumi (o per esaurire i debiti e rigenerare risparmi).
H come High-tech e High-skill. Prendiamo in prestito due parole composte in inglese come parole chiave per alti livelli di produttività. I termini indicano le caratteristiche che assumono le imprese, i settori, le filiere che scelgono specializzazioni produttive ad alta intensità tecnologica e della conoscenza.
I come Investimenti. Al di là di ogni discussione, la prima e più importante variabile per generare crescita e competitività sono gli investimenti. Solo attraverso nuovi investimenti si può creare nuova occupazione e nuova crescita. Tuttavia, gli investimenti devono prevalentemente rientrare nell’ambito di altri due concetti, altre due parole chiave (sempre con la “i”): innovazione, di prodotto e di processo, che riguarda l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict), le pratiche organizzative e il progresso tecnico; infrastrutture, materiali e immateriali, condizione necessaria (anche se non sufficiente) per lo sviluppo del sistemapaese e per moltiplicare gli investimenti.
L come Lavoro. Il lavoro rappresenta la vera “ricchezza delle nazioni” e il primo fattore di produzione. Ma non in un’idea di competizione economica sui costi o, peggio, sui diritti. Bensì in una via alta della competitività, in cui investire nel lavoro significa produrre valore, conoscenza, coesione e sviluppo, oltre che affermazione, espressione e realizzazione degli individui.
M come Moneta. La moneta ha una storia lunga e tortuosa nell’economia e nella civiltà, con funzioni e accenti ampiamente discussi e controversi. Ma resta un fattore indispensabile di governo dell’economia e una leva pubblica indispensabile per regolare i livelli e le dinamiche delle altre fondamentali variabili economiche (inflazione, produzione, occupazione, salari, consumi, risparmi, etc.). La Banca centrale europea, a differenza di quella americana (Federal reserve) o di quella cinese (Banca popolare cinese) non svolge il ruolo di “garante di ultima istanza”, ovvero non emette moneta a garanzia dei debiti pubblici degli Stati europei, e ha un margine di manovra molto limitato, concentrato soprattutto sul contenimento dell’inflazione. Questa debolezza dell’architettura europea – in presenza di un mercato unico e di una moneta unica – è la principale fonte di squilibrio macroeconomico e di esposizione dei paesi dell’Area euro sui mercati, anche finanziari. Questo è il motivo per il quale una svalutazione competitiva sul lavoro non può reggere il confronto con una svalutazione competitiva sulla moneta.
O come Organizzazione, del lavoro e della produzione. Se il lavoro rappresenta il primo fattore competitivo per l’economia, allora le più avanzate forme di coinvolgimento del lavoro nell’organizzazione e nelle scelte della produzione aggiungono valore ai processi produttivi. La rappresentanza del lavoro, qui intesa come organizzazione del lavoro per la partecipazione alle scelte produttive e alla realizzazione delle stesse, rappresenta un vantaggio competitivo per l’impresa in condizioni normali e un importante elemento di stabilità in condizioni critiche. L’esperienza tedesca insegna.
P come Politica industriale. Per portare il sistema economicoproduttivo verso i settori strategici dell’economia, un grado di internazionalizzazione utile a reggere l’urto della competizione globale, la crescita dimensionale delle unità produttive, le specializzazioni delle produzioni di beni e servizi ad alto valore aggiunto e, in generale, a una via alta della competitività, è necessaria una politica industriale: una politica macroeconomica tendenzialmente espansiva, che stabilisca i programmi, gli investimenti pubblici e il ruolo dello Stato nell’economia, mentre sostiene e indirizza gli investimenti privati attraverso strumenti di regolazione, misure economiche e fiscali.
Q come Qualità. Parola chiave per la produttività, la crescita e la sostenibilità del sistema produttivo. La qualità delle produzioni e dei servizi garantisce la qualità del lavoro e della vita; afferma la cultura dell’imprenditorialità come cultura dell’impresa, della sua esistenza, prima che del mero profitto; assolve al ruolo di contribuente al benessere della società e del suo ambiente.
R come Ricerca & Sviluppo (R&S). La ricerca è il fattore chiave per la competitività di qualsiasi tipo d’impresa, soprattutto in un’economia della conoscenza. La ricerca permette di avanzare su nuove frontiere per i mercati e per la civiltà. Il sostegno pubblico alla R&S induce all’adozione di programmi di ricerca da parte delle imprese e a collegamenti con istituti e università per innovare le produzioni e rispondere a nuova domanda (in senso economico: consumi e investimenti), dunque ai bisogni dei cittadini e delle comunità. La spesa per R&S rappresenta uno strumento fondamentale di politica industriale.
S come Scala. Le economie di scala, intese come aumenti di efficienza in rapporto agli incrementi di volume e alla diminuzione dei costi della produzione, sono un obiettivo di competitività delle imprese che dipende dal grado di utilizzo degli impianti (soprattutto nel caso di imprese industriali) e dall’intensità degli investimenti, quindi dalla dimensione d’impresa e dal grado di specializzazione produttiva.
T come Tfp Total factor productivity, in italiano Produttività totale dei fattori. Acronimo comunemente utilizzato in inglese, per definire il concorso del fattore capitale e del fattore lavoro alla produzione di valore aggiunto. Sono molte le definizioni statistiche di produttività, ma questa riflette sia la capacità del lavoro di generare produttività, sia quella del capitale in funzione del livello di progresso tecnico e di organizzazione della produzione, anche in rapporto al contesto tecnologico, istituzionale e demografico di riferimento.
U come Uguaglianza economica (definizione di equità in senso economico). L’equità nella distribuzione del reddito e della ricchezza è un fattore rilevante per la crescita, per la sostenibilità economica e finanziaria, sociale e intergenerazionale di un sistema-paese. In tal senso, l’Italia è uno dei paesi più diseguali del mondo.
V come Valore aggiunto. Il valore aggiunto, o plusvalore, è la misura dell’incremento di valore che si verifica nell’ambito della produzione e nella distribuzione di beni e servizi in ordine all’intervento dei fattori produttivi, capitale e lavoro. In termini aggregati, in un arco temporale e in un determinato paese, dal valore aggiunto si stabilisce il Prodotto interno lordo (Pil), in relazione ai prezzi, alle imposte, ai contributi, alla distribuzione, al ciclo risparmiinvestimenti, al rapporto con l’estero, ai conti pubblici ecc. Il valore aggiunto non è solo un indicatore di competitività.
Z come Zeitgeist. Ultima e unica parola presa in prestito dalla lingua tedesca, che indica letteralmente lo “spirito del tempo”, ossia una tendenza culturale dominante in una determinata epoca. Il pensiero dominante. In economia, il pensiero liberista, che nega il fallimento di un modello di sviluppo e si limita a elaborare “aggiustamenti”, quasi solo un’etica, del capitalismo. Occorre allargare la discussione alle possibili riforme. Senza un cambiamento della cultura che ha condotto alla crisi – ormai incessante da cinque anni – e che guida le scelte di politica economica, industriale e fiscale del presente, in Italia e in Europa, non sarà possibile ritrovare la ripresa, rinnovare la crescita, rigenerare l’occupazione e ricercare lo sviluppo.
(prima pubblicazione: 27 aprile 2012)