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"Dopo il nulla di fatto nell'incontro che si è tenuto in Prefettura a Modena l'11 febbraio, è continuato il presidio dei lavoratori davanti alla Castelfrigo. Ricordiamo che la vertenza è nata dalla mancata applicazione del contratto nazionale nelle aziende in appalto, per contrastare condizioni di lavoro insostenibili e per tutelare l'occupazione nei cambi appalto. Il dramma che si sta vivendo nel sistema degli appalti è sotto agli occhi di tutti: da anni, come Cgil, stiamo denunciando irregolarità contrattuali, retributive, fiscali e la penetrazione della malavita organizzata nella filiera produttiva. Queste condizioni stanno esplodendo, in questo caso nel più importante distretto delle carni dell'Emilia Romagna e del Paese, e i lavoratori non ce la fanno più". Così Cgil, Flai e Filt dell'Emilia Romagna e di Modena in una nota congiunta.
"Stiamo chiedendo solo l'applicazione dei contratti, delle regole nel regime degli appalti e del patto per il lavoro sottoscritto da tutte le istituzioni e le parti sociali dell'Emilia Romagna. Alla Castelfrigo i lavoratori sono in lotta per avere riconosciute condizioni di lavoro dignitose e regolari. Stiamo lavorando con tutte le istituzioni, locali e regionali, per ricercare una soluzione condivisa della vertenza. La risposta dell'azienda è arrivata questa mattina, con l'aggressione dei lavoratori da parte di vigilantes privati, e poi con l'intervento inaccettabile, fatto su richiesta dei padroni della Castelfrigo, da parte della polizia", proseguono i sindacati.
"In un paese democratico e in una regione che ha fondato il suo sviluppo sulle relazioni delle parti sociali e le istituzioni, quanto è accaduto è grave e inaccettabile. Continueremo il presidio, sino a quando non verrà convenuta una soluzione condivisa e al lavoro riconosciuta la dignità che merita. Domani andremo all'incontro, convocato in Prefettura a Modena, con la volontà di definire un'intesa che riconosca ai lavoratori l'applicazione del ccnl e la clausola sociale nei cambi d'appalto. Siamo convinti di essere nel giusto e solo attraverso il riconoscimento delle norme convenute possiamo parlare di sviluppo equo e sostenibile: speculare su chi lavora e fare cassa sulla pelle dei lavoratori non può essere considerato un modello economico e sociale", concludono le diverse sigle.