“In Fca tutti i delegati, tutti gli iscritti dal Sud al Nord, hanno pagato in prima persona anteponendo agli interessi individuali quelli collettivi. Abbiamo scelto nel 2012 di non sottoscrivere il ccsl e per questo siamo stati cacciati dalla fabbrica. Ma la battaglia che abbiamo fatto in Fiat mi ha dato l'opportunità di conoscere compagni straordinari a tutela a difesa dei principi fondanti della Cgil. E la nostra scelta è stata quella di continuare a rappresentare i lavoratori, perché è ciò che ci chiedeva la nostra organizzazione, anche se a Pomigliano abbiamo subito una discriminazione. Forse fa un po’ impressione sentire nel 2019 che un ‘padrone’ possa discriminare i propri dipendenti solamente perché hanno un pensiero diverso, ma è andata così”. A dirlo è Mario Di Costanzo, delegato Fiom alla Fca di Pomigliano, nel suo intervento al congresso della Cgil.

“Dobbiamo ritornare a una pratica sindacale unitaria – aggiunge rivolgendosi a Cisl e Uil –. Ma com'è possibile che, mentre le aziende associate a Confindustria hanno potuto sottoscrivere un contratto nazionale votato liberamente democraticamente dai lavoratori, in Fiat sono dieci anni che non facciamo contrattazione e non si riesce mai a far votare i lavoratori? Vorremmo capire con quale logica in alcune aziende c’è democrazia sindacale e in altre non c’è. Allora – aggiunge – quando si parla di unità, dobbiamo ricordarci che va costruita sul merito delle questioni e non perseguita a prescindere”, come accaduto nel gruppo Fiat dove “c’è stato un blackout della democrazia all'interno di tutto il gruppo Fiat”. 

Di Costanzo in chiusura torna a parlare della Cgil, criticando la doppia candidatura e citando Claudio Sabattini, “un grande sindacalista che ho avuto l’onore di conoscere e di cui una frase mi ha colpito particolarmente, quando diceva che un buon delegato e un buon dirigente si devono sempre calare nella condizione materiale dei lavoratori. Noi oggi siamo chiamati a fare qualcosa in più, mi auguro che i compagni della Cgil abbiano a cuore la nostra organizzazione, perché oggi abbiamo bisogno di militanza e di affetto verso i lavoratori. Ma per farlo dobbiamo volere bene alla nostra organizzazione”.