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Embraco, Ilva e Piombino. Tre grandi vertenze tengono banco in questi giorni sugli organi di informazione. Una volta tanto anche per notizie positive, come quella che riguarda l'azienda del gruppo Whirlpool che aveva annunciato la chiusura e il licenziamento dei 500 dipendenti che, invece, sarebbero salvi grazie ai due piani di industrializzazione presentati al ministero dello Sviluppo economico. Di questi temi ha parlato il segretario confederale della Cgil, Maurizio Landini, intervistato da RadioArticolo1 nel corso di “Italia Parla”.
“Questo risultato – ha detto – è frutto anche della lotta che i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno messo in campo per evitare i licenziamenti. Ora dovranno esserci incontri a livello territoriale proprio per verificare fino in fondo che i progetti industriali siano seri. Rimane però importante fare una riflessione sulle delocalizzazioni perché, in ogni caso, a fine anno Embraco sposterà le sue produzioni da un'altra parte e questo pone un doppio tema di riflessione. Da un lato il fatto che nel nostro paese non c'è un sistema anche legislativo che affronta questi temi: per me un'impresa che ha preso soldi pubblici non può dalla sera alla mattina decidere di andare in un altro paese europeo per prendere altri soldi pubblici”.
Inoltre, per il sindacalista, “sarebbe importante istituire un fondo a cui tutte le imprese dovrebbero aderire e che fosse anche strumento di possibili politiche industriali per affrontare questioni simili. La vicenda Embraco, solleva poi un’altra questione importante: prima del Jobs Act, quando l'azienda cessava l'attività i lavoratori avevano anche fino a due anni di cassa integrazione. Ora non è più così: bisogna rimettere in discussione le scelte sbagliate fatte con il jobs Act grazie al quale alle imprese conviene licenziare piuttosto che ricorrere agli ammortizzatori sociali quando sono in atto processi di riorganizzazione. Con il nuovo governo, questo sarà sicuramente un tema da affrontare”.
Notizie meno buone invece per le vertenze Ilva e Piombino, entrambe in fase di stallo. Premesso che “quello dell’acciaio è un settore strategico e che qualsiasi paese che vuole rimanere industriale deve avere un'industria siderurgica degna di questo nome”, per il segretario confederale della Cgil “siamo anche di fronte a un modo di gestire le cose che non ha funzionato. Non può essere che il governo si sostituisca alle parti sociali per trovare soluzioni ai problemi. È utile lavorare tutti assieme, non c'è alcun dubbio, ma sostituirsi no. Serve anche un’idea di politica industriale. Come organizzazioni sindacali da tempo abbiamo chiesto che si avviasse un tavolo nazionale per discutere della prospettive della ripresa degli investimenti dell'acciaio nel nostro paese”.
“Così non è stato e il risultato è che abbiamo dovuto affrontare i singoli casi uno per uno, senza una visione generale. E questo è un limite, perché siamo in presenza di un processo di grande trasformazione e concentrazione della produzione dell'acciaio in Europa e nel mondo”, conclude Landini.