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"Gli ultimi episodi violenti ed efferati accaduti nel Salento e in Capitanata, il delitto di Specchia, l’assassinio mortale di Ischitella, che coinvolgono minori (in un caso al contempo protagonisti e vittime), e per di più donne, ci lanciano un allarme sociale inedito e che tocca varie tematiche: dalla tutela dei minori, all’accanimento sul genere femminile e la sua fragilità, alla lentezza della giustizia, alla mancanza di interventi tempestivi da parte di tutte quelle Istituzioni ed agenzie sociali deputate ad agire, all’adeguato allertamento delle forze dell’ordine e ancora tanto altro". L'allarme arriva dal segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, che torna sui drammatici fatti di cronaca dell'ultimo periodo.
"Lo Stato sta venendo meno a quel patto stretto con i cittadini – denuncia il segretario della Cgil Puglia - non garantendo organici adeguati alla magistratura e non rinforzando quelli della organizzazione giudiziaria, che ne sono un necessario supporto. Ne sono una dimostrazione le cancellerie spesso chiuse per mancanza di personale. E il concorso per 1400 posti non basterà a sanare i danni che hanno fatto protratti blocchi di turn over di questi anni".
Secondo Gesmundo, "occorre una maggiore comunicazione e collaborazione tra le forze dell’ordine sul territorio. Sono necessari un dialogo e un’intesa immediata, quando è il caso, tra magistratura, Servizi Sociali territoriali e forze dell’ordine, una formazione interdisciplinare per parlare lo stesso linguaggio ma anche protocolli adeguati. Ma importano anche la certezza della pena, che si scontra a tutt’oggi con una apertura verso il recupero del detenuto al tessuto sociale che non si sposa con le opportunità rare che ci sono nelle comunità".
"E poi - insiste il segretario della Cgil pugliese - non possiamo non riportare dati obiettivi su quel welfare e sui servizi sociali, su cui si riversa inutilmente e ingiustamente l’aggressività e la responsabilità ultima degli accadimenti più gravi. I 258 comuni pugliesi soffrono di una persistente carenza di assistenti sociali. E se ci sono - dovrebbero essere garantiti nella misura di 1 ogni 5000 abitanti - sono insufficienti ad accogliere l’ondata di disagio che si è riversata su di loro a causa della crisi. E non aiuta l’assottigliamento che negli anni è diventato drammatico della spesa nazionale per il welfare. La spesa sociale nei Comuni, escludendo i settori della previdenza e della sanità, non rappresenta neanche lo 0,5 del PIL. Spesso un solo assistente sociale di un Comune di 15/20 mila abitanti deve sostenere carichi di lavoro che riguardano anziani, poveri, minori, famiglie, madri nubili, tossicodipendenti, ex detenuti, disabili, immigrati, ecc. E anche in questo caso occorrerebbe sviluppare una rete territoriale efficiente (consultori, neuropsichiatria infantile, intese con la magistratura e forze dell’ordine, Csm e terzo settore) per offrire un servizio utile ed efficace al cittadino. Ma che dove la risposta immediata diventa necessaria ma anche educativa, per riparare ma anche creare cultura".
"Le Istituzioni – conclude Gesmundo - devono intervenire e riflettere, ciascuna con le sue responsabilità, per sanare questa condizione di degrado, perché queste constatazioni non vogliamo più farle quando è troppo tardi. Ogni fatto delittuoso è un ammonimento perché le Istituzioni tutte facciano la loro parte ma gli investimenti sono necessari per rafforzare quei percorsi. Oggi possiamo solo constatare e registrare a capo chino davanti a queste ultime giovani vittime una sconfitta collettiva che ci impone un diverso e maggiore impegno".