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“Un progetto poco coraggioso senza un vero disegno di riforma che non cambierà in alcun modo il rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione”. Così la Cgil, commenta il decreto sulla P.A. pubblicato sulla gazzetta ufficiale.
Dal giudizio il sindacato salva, però, le norme di contrasto alla corruzione che “rispondono ad una situazione di emergenza politica e morale e alle quali dovranno essere accompagnate ulteriori misure in tema di appalti con una riforma organica, e di reintroduzione del reato di falso in bilancio per il quale la Cgil chiede tempi di approvazione rapidi”.
Per il sindacato di Corso d’Italia, “nonostante i numerosi interventi ordinamentali contenuti nel decreto, sottolineati da più parti, l’unico disegno che appare, scorrendo le norme contenute nei 53 articoli del decreto legge, è il ritorno ad una scoperta occupazione da parte della politica sull’amministrazione pubblica, attraverso l’incremento delle quote di nomina di dirigenti esterni scelti discrezionalmente dalla politica. Un sistema che non ha mai portato benefici ai cittadini e al Paese in termini di efficienza, di efficacia, di legalità e di risparmio economico, mentre continuano ad essere presenti per l’ennesima volta ripetuti tagli lineari alla spesa pubblica”.
“Pur senza un reale proposito di riforma e un progetto organico di cambiamento del rapporto stato-cittadini, ben visibili sono - prosegue la Cgil - le misure punitive e di dubbia legittimità nei confronti dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni. In particolare in tema di demansionamento professionale ed economico, in deroga alle norme vigenti anche nel settore privato, e di mobilità obbligatoria introdotta senza regole e senza contrattazione”.
“Si tratta - continua il sindacato - di norme che continuano a negare quella privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici che la Cgil aveva fortemente contribuito a costruire e della quale oggi rivendica la piena e completa attuazione. Contro una politica che vuole un rapporto di lavoro e una P.A. subalterna, l’antidoto, infatti, non può che essere l’unificazione del sistema di regole tra lavoro pubblico e privato”.
“Il decreto, come l’annunciato disegno di legge delega, ancora ignoto, continua, invece, a riproporre un modello di cambiamento della pubblica amministrazione, già fallito in passato, che prevede una continua e asfissiante moltiplicazione di leggi, norme e regolamenti, che impediscono un reale cambiamento e una riappropriazione da parte dei cittadini della cosa pubblica”, conclude la Cgil.