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Sessanta somministrati della Teleperformance perderanno il posto da domani, 1° novembre. Un numero che può salire fino a trecento persone se contiamo tutti i contratti in scadenza nel grande call center. E le ripercussioni potrebbero allargarsi fino a mettere in discussione la commessa Enel. Non è felice a Taranto l’esordio del decreto dignità (forse sarebbe meglio chiamarlo decreto Di Maio) in vigore dalla mezzanotte di oggi: nelle intenzioni governative, il limite ai rinnovi dei contratti precari incentiverà il tempo indeterminato. Ma per adesso in alcuni casi, come quello della multinazionale francese con sede in Puglia, si ottiene l’effetto opposto.
Ecco i motivi che hanno spinto Cgil e Nidil (la sigla che rappresenta i lavoratori atipici) a organizzare un presidio questa mattina davanti all’azienda invitando gli esponenti locali del M5s i quali però, nonostante le contestazioni mosse al sindacato nei giorni precedenti (“non è colpa del decreto, la Cgil strumentalizza”, aveva detto e scritto la deputata grillina Alessandra Ermellino), oggi non hanno trovato il tempo di raggiungere il presidio e spiegare di persona – non via social network – ai lavoratori cosa stesse accadendo.
“L’idea di base del decreto è combattere la precarietà e su questo noi siamo d’accordo, ci mancherebbe. Il problema però sono i fatti concreti”, spiega a Rassegna Sindacale il segretario di Nidil Taranto, Daniele Simon. Non c’è nulla nel provvedimento che impedisca a un call center come questo di fare dumping e, soprattutto, non c’è l’equiparazione tra il contratto in somministrazione e quello a tempo determinato. Ciò significa che le aziende possono continuare a spremere le persone con turni che arrivano a 12 o 13 ore e richieste supplementari fino allo sfinimento. E poi alla fine, una volta raggiunto il limite delle famose quattro proroghe o 24 mesi, li mandano tranquillamente a casa con l’avallo del provvedimento del governo”.
Un esempio aiuterà a comprendere meglio. È il caso di una lavoratrice in somministrazione da maggio dell’anno scorso, il cui contratto non è stato rinnovato il 28 ottobre. “Nel frattempo – racconta ancora Simon – lei era stata chiamata da Manpower per fare un corso su un’altra commessa Teleperformance, ma quando hanno saputo che aveva alle spalle troppi mesi di somministrazione, le hanno dato il benservito. Dirò di più: il 28 ottobre sono uscite decine di lavoratori per raggiunti limiti di precarietà, e ora ne entrano 80 nuovi per un’altra commessa. E così ricomincia il giro nella massima convenienza dell’azienda, che ha tutto l’interesse a usare i nuovi somministrati fino al massimo consentito dalla legge”.
Come si può risolvere questo vulnus? “Basterebbe obbligare le aziende a mantenere il personale – conclude il sindacalista – anziché ricominciare da capo ogni volta. Un diritto di prelazione, un po’ come accade negli appalti con la clausola sociale. Ma questa cosa nel decreto non c’è, e le aziende sono libere di fare il bello e cattivo tempo. Comunque noi vogliamo portare la multinazionale a un tavolo. La nostra richiesta è molto semplice: per i lavoratori in somministrazione serve un bacino di prelazione. Ma questo oggi ci viene impedito perché nel loro contratto non è previsto”.