Manca una settimana al termine dei 60 giorni, stabiliti dal collegato lavoro, perché i lavoratori con un contratto a termine scaduto possano fare ricorso al proprio datore di lavoro prima di perdere definitivamente il diritto di farlo. Il 23 gennaio, infatti, è la ‘dead line’ individuata dal collegato lavoro, dopo l’entrata in vigore della legge avvenuta lo scorso 24 novembre, per quei lavoratori con un contratto a termine scaduto di impugnare il licenziamento contro l’azienda in caso di irregolarità, pena la decadenza dal poterlo fare per tutti i periodi retroattivi.
Una norma “tagliola”, così ha bollato la Cgil il provvedimento sui 60 giorni che colpisce i precari che attendono un eventuale rinnovo, e contenuta in un provvedimento che la confederazione ha più volte definito “una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro”. Ma è soprattutto una norma, quella dei 60 giorni, che colpisce i lavoratori precari che attendono un eventuale rinnovo.
Secondo le stime del sindacato di Corso d’Italia, la platea dei lavoratori interessati oscilla tra le 100mila e le 150mila persone coinvolte in quella che è, come osserva il segretario confederale Fulvio Fammoni, “una norma sbagliata, ingiusta e con vizi di costituzionalità”, a cui si aggiunge la “gravità” della retroattività. Con l’approvazione del collegato lavoro, spiega il dirigente sindacale, “un lavoratore precario con contratto a termine scaduto viene messo nella condizione di dover decidere se impugnare il contratto irregolare o perdere per sempre quel diritto”. Un fatto, rileva Fammoni, “che crea una disparità fortissima anche perché, in questa maniera, si equipara la conclusione di un contratto temporaneo ad un licenziamento”.
Tempi strettissimi, quindi, che per Fammoni determineranno “una sanatoria al rovescio, perché tanti precari non verranno a spere in tempo che i termini sono cambiati”, ma anche un'impennata del contenzioso, “cioè l'esatto contrario di quanto il governo dichiara di voler perseguire” con l'allargamento del ricorso all'arbitrato. La Cgil è impegnata, con le sue strutture su tutto il territorio nazionale, in un’opera di sensibilizzazione nei confronti dei lavoratori potenzialmente coinvolti e rinnova l’appello agli organi di informazione perché, alla luce dei sette giorni che ci dividono dalla scadenza, si accenda un faro sul tema.
“Il governo avrebbe dovuto sentire l’obbligo di informare i lavoratori, anche attraverso l’uso della pubblicità istituzionale, eppure non ha fatto nulla”, denuncia Fammoni, ed è anche per questo che tutte le sedi della confederazione stanno lavorando per dare consulenza e tutela a chi è interessato dalla scadenza, registrando al momento “già migliaia di richieste di informazione e di soccorso giunte”. Alla fine di questa settimana, al termine della scadenza per decidere l’impugnativa, “forniremo i primi dati - annuncia il segretario confederale Cgil - sapendo che anche altri sindacati e associazioni stanno predisponendo i ricorsi”.
Ma non solo, la Confederazione di Corso d'Italia, su questo punto così come sull'intero collegato lavoro, sta predisponendo una memoria su principali vizi di incostituzionalità della legge. La Cgil ricorda infine, che i contratti di lavoro precari, già conclusi da tempo, se si ritiene siano viziati da irregolarità, devono quindi essere contestati per scritto entro i 60 giorni successivi all'entrata in vigore della Legge. Questo lo si può fare anche con una lettera che interrompa i termini di legge. Successivamente si avranno 270 giorni a disposizione per andare ad un giudice per riaffermare il diritto.
Ddl lavoro: Cgil, domenica scade ‘tagliola’ precari
17 gennaio 2011 • 00:00