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Dopo oltre un anno di 'gestazionè in Parlamento e mentre infuriano le inchieste giudiziarie in tutta Italia, il Senato ha approvato ieri sera con 228 sì, 33 no e due astenuti il ddl Anticorruzione. E grande è la soddisfazione del presidente del Consiglio Mario Monti che così venerdì a Bruxelles potra' mostrare l'ennesima 'medaglia': un provvedimento che l'intera Europa gli aveva chiesto.
Un testo necessario, sostiene il governo, ad arginare un fenomeno che costa all'Italia, secondo la Corte dei Conti, qualcosa come 60 miliardi. "Io non ho mai usato in vita mia l'espressione metterci la faccia - commenta il premier - ma lo faccio in questa occasione". "In un recente colloquio con l'emiro del Qatar - racconta - mi sono sentito dire che il fattore che ha impedito investimenti in Italia è stata la corruzione". Ed è innegabile, aggiunge, che si tratti di norme utili a "sbloccare la crescita".
Dell'importanza di aver compiuto questo "primo", "grande" passo nella lotta alla corruzione è soddisfatta anche il Guardasigilli Paola Severino, la vera protagonista della trattativa estenuante tra maggioranza e governo soprattutto sulla norma per il collocamento fuori ruolo dei magistrati: il vero ostacolo alla rapida approvazione del ddl. Evidentemente, osserva il ministro della Giustizia che ha presieduto in queste settimane a più di un vertice notturno proprio sul fuori ruolo delle toghe, il Parlamento "ha compreso il valore" del provvedimento e lo "ha condiviso con numeri significativi".
Ora, assicura, il governo si darà da fare con la delega per rendere subito applicabili le norme su incandidabilità e incompatibilità per i condannati e per avere finalmente delle 'liste pulite'. Ad eccezione della Lega che non ha votato la fiducia, ma ha detto sì al ddl ("che non si poteva non condividere") e dell'Idv che contesta il provvedimento per come è stato scritto, ampio è il coro di consensi. Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani si tratta di "un passo avanti significativo" anche se restano altre cose "da aggiustare".
Radicale invece la stroncatura di Antonio Di Pietro. "È un salto indietro di 80 anni, avverte, "perché si torna al codice Rocco e si annullano anche le modifiche positive apportate dopo Tangentopoli. In più, insiste anche il responsabile Giustizia dell'Idv Luigi Li Gotti, non si cancellano affatto le "leggi ad personam di Berlusconi".
E si torna a parlare della possibilità che molti processi si prescrivano anche per il "rimaneggiamento" della concussione per induzione, "in modo di rendere più lieve la pena e ancora più facile la prescrizione". Ma su questa possibilità, la Severino tranquillizza. "Da una verifica in Cassazione - afferma - risultano 75 processi pendenti per concussione di cui 36 per induzione e, di questi, 17 potrebbero prescriversi nell'aprile 2013". Mi sembrano "numeri rassicuranti - sottolinea - che confermano come il trattamento della pena potrebbe avere un'incidenza sulla prescrizione, ma contenuto". Ora però, incalza il centrista Roberto Rao, bisogna mettersi subito al lavoro "per ripristinare il reato di falso in bilancio".