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"Iscrivermi al sindacato? Lo farò, quando si occuperà dei miei problemi". È una delle risposte più gettonate fornite dai lavoratori precari del settore radiotelevisivo, interpellati nell'ambito della ricerca ("Stai in onda") promossa dall'Slc e presentata oggi presso la sede nazionale della Cgil (Corso Italia, 25). "Lo studio – ha detto in apertura Fulvio Fammoni, presidente dell'Associazione Bruno Trentin, che ha realizzato il lavoro – costituisce la terza tappa di un percorso sindacale iniziato nel 2013 con un focus sull'editoria invisibile e proseguito nel febbraio scorso con un rapporto sui traduttori. Il nostro obiettivo è saperne di più di questo mondo, fatto di lavoratori intermittenti e saltuari, che svolgono lavori creativi e stimolanti, ma quasi sempre precari e sottopagati. Come logica conseguenza, le richieste che emergono dal questionario sono sostanzialmente tre: la continuità occupazionale con più tutele, la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato e dei compensi più elevati" (qui i dati della ricerca).
Nel suo intervento, Susanna Camusso ha sottolineato la coincidenza di molte risposte dei precari radio-tv con quelle date dai lavoratori editoriali. "È l'ennesima conferma che i problemi del lavoro invisibile sono gli stessi e noi cerchiamo di rappresentarli e riorganizzarli con risultati non disprezzabili, se il 17% risulta iscritto al sindacato rispetto al 4% ai partiti". Un lavoro che ha le caratteristiche del futuro, ma vive i problemi del passato, ha inoltre rilevato il segretario generale Cgil. "Avanzata frantumazione produttiva, bassi costi, alta produttività, competitività al ribasso, scarsa integrazione, dipendenza dagli equilibri economico-politici, assenza di investimenti, sono le caratteristiche del settore. E tutto questo aumenta la distanza tra tutelati e non tutelati, anche a causa della moltiplicazione delle forme contrattuali. C'è il legittimo sospetto che una disarticolazione del genere consenta più facilmente il ricorso al lavoro nero e a retribuzioni molto basse. Un lavoro povero, insomma, cui l'operato di questo governo non dà una mano: quando si parla di universalità degli ammortizzatori sociali bisogna chiarire cosa s'intende, perchè una gran parte di questo mondo di invisibili ne rimarrà escluso".
Elisabetta Ramat, della segreteria nazionale Slc, ha incentrato la sua attenzione sui free lance del comparto che operano su appalti e commesse esterne. "Lì la svalorizzazione del lavoro è ancora più accentuata, logica conseguenza delle gare al massimo ribasso, che ricadono sui lavoratori, cui viene negato il riconoscimento della professionalità e il salario minimo contrattuale. In quell'ambito, abbiamo scoperto anche aree di lavoro grigio e nero. Per questo, occorre un sistema di controllo negli appalti e sulle retribuzioni di quei lavoratori, e in tal senso sollecitiamo l'intervento del legislatore e delle istituzioni. Le tutele vanno estese e uniformate anche sotto il profilo previdenziale, perchè molti lavoratori risultano inquadrati nella gestione separata dell'Inps, a condizioni più restrittive e con rendimenti più bassi degli altri, collocati nella gestione ex Enpas".
Poi, hanno poi preso la parola alcuni lavoratori, che hanno raccontato le proprie esperienze nel settore. Come Stefano Bacci, cameraman da 30 anni con un lungo passato alla Rai, ora a capo di una piccola emittente. "Siamo fabbricatori di palinsesti e lavoriamo sugli eventi, dalla fiction allo spettacolo dal vivo, alla diretta sportiva, spesso su più fronti contemporaneamente, e anche con 39° di febbre o il mal di schiena, perchè se rimango a casa non mi pagano, non avendo diritto neanche a un giorno di malattia. Sono costretto a lavorare per mettere da parte un po' di soldi, perchè poi durante la stagione estiva capita di stare fermi anche per tre mesi. I nostri problemi si chiamano dumping, malaffare, lavoro nero, finte partite Iva, ritardi nei pagamenti. Siamo pagati 10 euro l'ora, quando va bene, rispetto a un minimo contrattuale di 15, ma non mi lamento, perchè in ogni caso lavoro. Il guaio sarà quando andrò in pensione, con un assegno davvero esiguo per poter vivere".
Per Claudio Vedovati, libero professionista di tv e radiofonia, "è fondamentale la battaglia del sindacato per la piena affermazione dei diritti di lavoratori invisibili, che operano in uno scenario di miseria. Ma non è tutto, ci vuole anche una diversa idea del lavoro, perchè ciò che manca è la rappresentazione sociale di quello che facciamo: il problema non è tanto diventare tutti lavoratori dipendenti, quanto ottenere una migliore qualità del lavoro". Angelo Ciaiola, a capo dei lavoratori generici e comparse, ha invece denunciato l'intermediazione di manodopera e il lavoro nero presenti nel comparto, e dell'appello in merito inviato al Presidente del Consiglio per ottenere condizioni di lavoro più dignitose di quelle attuali, al limite della sussistenza. Arturo Marziali, infine, è intervenuto a nome delle piccole troupe, "ricordando quanto sia bello e gratificante, specie se si è giovani, lavorare in quel mondo. Poi, però, a una certa età, come nel mio caso, soffri per la mancanza di diritti, anche i più elementari, per il fatto che il tuo contratto non è rispettoso del lavoro che svolgi, e se lavori in appalto, va anche peggio, a causa del dumping esistente, fatto da aziende che fanno economia sulla nostra pelle per essere competitive. Perciò, chiediamo nuove regole per avere più sicurezze in futuro, a partire dal riconoscimento del costo del lavoro negli appalti, e il sindacato ci può dare una mano".
Massimo Cestaro, segretario generale Slc, ha ripercorso tutto il cammino sindacale fatto dalla sua categoria per la tutela dei precari radiotelevisivi. "Dal primo ccnl per tutte le attività culturali con le tre centrali cooperative, siglato il 6 novembre scorso, riguardante anche attività intermittenti, all'ultimo contratto dell'editoria, dove abbiamo avviato un percorso per spostare lavoratori dal lavoro atipico alla subordinazione, seppure con contratti a termine. E nei settori della produzione culturale è ormai da tempo consolidata la contrattazione collettiva per attività e figure professionali discontinue: ciò vale per lo spettacolo dal vivo, per la produzione e post-produzione cineaudiovisiva. Ma è del tutto evidente che occorre anche un impianto contrattuale e legislativo a sostegno del lavoro intermittente e discontinuo, da attuare attraverso un tavolo negoziale col governo e le controparti datoriali".
"Lo schema che abbiamo in mente per superare il precariato – ha continuato Cestaro – è quello di avere filiere produttive, costituite da lavoro standard e lavoro flessibile, ma non per questo precario, in quanto tutelato dal punto di vista previdenziale, assistenziale, economico e normativo. Nella generalità dei casi, abbiamo a che fare con elevate professionalità, tecniche e artistiche, insostituibili ai fini della qualità del prodotto, che vanno dunque adeguatamente retribuite e tutelate. E dobbiamo anche prevedere forme contrattuali che impediscano che le crisi aziendali o settoriali ricadano in prevalenza sul lavoro meno garantito. Questo è il terreno più difficile, però affrontabile, se si sviluppano percorsi formativi che rendano le professionalità imprenscindibili dalla qualità del prodotto. La nostra sfida per l'occupazione è sulla qualità del lavoro in alternativa alla contrazione del suo costo".
Nella sue conclusioni, Serena Sorrentino, ha puntato il dito sull'azione sindacale da mettere in piedi per poter rappresentare il sempre più vasto mondo dei precari, ricordando come le condizioni di lavoro dipendano direttamente dal ciclo di produzione e come, a sua volta, quest'ultimo sia influenzato dal ciclo economico. Ragion per cui, per migliorare la vita dei precari occorre innanzitutto una diversa organizzazione del lavoro, che valorizzi le professionalità di ciascuno e non, come avviene oggi, dove flessibilità e concorrenza esasperate sul mercato hanno portato alla svalorizzazione del lavoro anche nel campo delle produzioni culturali, dove, al contrario, la qualità del lavoro dovrebbe essere una caratteristica essenziale da esaltare. Le attuali condizioni di lavoro sono talmente al ribasso da svilire diritti primari come la maternità, con la maggior parte delle addette del settore che, interpellate dalla ricerca, hanno risposto che vi rinunciano a priori per timore di perdere il posto. Il sindacato, con ritardo, prova a cercare nella contrattazione inclusiva le risposte da dare ai bisogni dei precari, dal riconoscimento del minimo salariale alla previdenza e sanità integrativa, alla maternità e alla malattia, tutti segni discriminatori che caratterizzano i lavoratori invisibili dell'emittenza radio-tv, che, se risolti, contribuiranno a migliorare le loro condizioni materiali".
Per quanto riguarda il tasso di sindacalizzazione esistente nel settore, la situazione può migliorare, ha aggiunto la segretaria confederale Cgil, pur in un contesto di bassa intensità sindacale, considerando le risposte fornite dagli stessi lavoratori nel questionario Slc, che chiedono a larga maggioranza una contrattazione nazionale più strutturata, che innanzitutto valorizzi la propria professionalità. Per loro, pensiamo sia necessaria una forma di rappresentanza adattabile a queste tipologie di lavoro, e come Cgil stiamo provando a conciliare l'universalità dei diritti con le caratteristiche particolari di questi lavoratori, definendo un paradigma di compensi minimi, riconoscendo il grande valore di progresso civile e sociale della loro attività, oggi svilita in un lavoro povero e svalorizzato, con lavoratori che hanno in media tre contratti l'anno di breve durata, che non raggiungono le tredici settimane lavorative necessarie per il riconoscimento ai fini pensionistici dell'Aspi e della mini Aspi. Perciò, dobbiamo costruire un sistema dove si tuteli la singola tipologia contrattuale, a seconda dei periodi d'attività maturati, per settori come questo, caratterizzati da alta professionalità e alta scolarizzazione. Sarà in tale direzione il nostro impegno futuro, occupandoci di più e meglio di questi lavoratori".