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Il cosiddetto "decreto Salvini", che è alla firma del presidente della Repubblica, rischia di essere inefficace e forse controproducente proprio per quel che concerne la tanto decantata sicurezza dei cittadini. Tanto per cominciare, il provvedimento non prevede assunzioni di nuovi poliziotti in uno scenario che vede le forze di Polizia presenti nel Paese affrontare carichi di lavoro sempre maggiori e ancora più gravosi rispetto al passato, con sempre meno personale a disposizione (12 mila agenti in meno negli ultimi 12 anni), personale che attualmente raggiunge un’età media anagrafica di 50 anni. A tutto ciò, bisogna aggiungere l’importante nodo ancora da sciogliere delle coperture economiche, necessarie per il pagamento delle ore di lavoro straordinario.
Quello delle assunzioni è un tema rilevante e di forte impatto (annunciato e non scritto nel decreto), perché quelle assicurate dal vecchio governo sono sufficienti, a oggi, a coprire il solo turn over del 2016. Un gap da recuperare, promesso tra l'altro in campagna elettorale, con almeno 8 mila nuove unità di personale in divisa. Un'operazione da 500 milioni di euro evidentemente irrealizzabile, tanto che nel decreto non si parla minimamente di assunzioni per le forze dell'ordine.
Non solo. All'articolo 37 del decreto viene prevista l’istituzione di un nuovo fondo per i “correttivi” relativi al riordino interno delle carriere, alimentato da risorse già disponibili per le forze di polizia (30 milioni per il 2017 e 15 milioni dal 2018) e da ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dal 2018 per le forze armate. Un fondo di appena 20 milioni di euro per l’anno in corso che risulta costituito per tre quarti da risorse già stanziate dal precedente governo. Somme che potrebbero essere utilizzate al massimo per qualche piccola miglioria e, in ogni caso, serviranno una nuova legge delega e dei nuovi decreti legislativi. Tradotto: non meno di 18 mesi per vedere qualcosa di concreto, nonostante le sacrosante aspettative del personale del corpo.
Questi sono alcuni degli esempi che, per quel che riguarda le lavoratrici e i lavoratori in divisa, rappresentano il paradigma peggiore di un “decreto propaganda” che contiene di tutto e di più, con una prevalenza di materie che insistono sul versante del controllo dei flussi migratori, ma con ben poche idee strutturali riferite ai temi della sicurezza vera e propria. Senza dimenticare argomenti di forte impatto sociale che il testo affronta in maniera superficiale, come la questione dell'estensione del Daspo. A tal riguardo, va detto che già oggi esiste una misura di prevenzione molto più efficace, introdotta con il decreto Alfano del febbraio 2015, ovvero l'espulsione del presunto fiancheggiatore di organizzazioni terroristiche, provvedimento preventivo promosso dal questore.
Ma c’è di più: l'utilizzo indiscriminato della forza pubblica per le occupazioni arbitrarie di immobili, oltre a connotare il decreto stesso con aloni di securitaria memoria, non risolverà nessuno dei problemi oggi sul tappeto. Questo perché, in via preliminare, occorrerebbe definire le diverse tipologie di occupazione: per esempio, se si tratta di edifici che una volta sgomberati andranno custoditi per un riuso, chi li dovrà successivamente custodire e quale ente li avrà in carico? La Polizia non può diventare l'imbuto dove confluiscono tutte le competenze non esercitate da chi ne ha la titolarità.
Ma la verità è che da tecnici della sicurezza abbiamo anche seri dubbi sui provvedimenti relativi all'allungamento dei tempi di permanenza nei centri di accoglienza e sul divieto di reingresso in Italia di stranieri espulsi da altri Paesi Schengen: la loro applicazione concreta sarà ben difficile, mentre, a questo punto, è certo l'aggravio di lavoro burocratico e operativo per le forze dell'ordine.
Infine, non si può non ricordare l'estensione della sperimentazione della pistola elettrica ai corpi di Polizia municipale, che, oltre a costituire un elemento che per compiti, funzioni e materie di intervento tende a modificare la mission stessa di detti corpi, riportandoci alle passate esperienze in materia di devolution, rappresenta anch'essa l'ennesimo spot dell’esecutivo; una misura che, come nel caso della sperimentazione per la Polizia di Stato, dimostra di avere più ombre che luci.
Il riferimento è all'approccio che, d'emblèe, ha portato alla sperimentazione di una marca di dissuasore elettrico senza alcuna gara d’appalto finalizzata all’acquisto del miglior prodotto in vendita sul mercato. Ricordo che sperimentazioni in tal senso nei Paesi europei hanno visto la partecipazione di più dicasteri, da quello della Salute a quello della Giustizia, oltre che del ministero dell'Interno, al fine di valutare le conseguenze dell'utilizzo di un'arma da noi classificata come “propria”, prescrivendo precise regole di impiego e modifiche legislative a tutela sia dell'operatore che del soggetto attinto dai dardi.
Da noi non si è fatto nulla di tutto ciò, in quanto sia il ministero della Salute che quello di Grazia e Giustizia sono stati bypassati, facendo decidere tutto al solo dicastero dell'Interno, che, alla meglio, ha fornito qualche indicazione di massima al personale, chiamato a sperimentare un dispositivo il cui uso è spesso controverso, stante l'assenza di dati empirici certi e, soprattutto, alla luce di non chiare regole d'ingaggio per gli operatori, che comunque avevano e hanno la necessità di potersi dotare di strumenti alternativi alle armi da fuoco, sia per la propria come per l'altrui incolumità.
Mezzi, nuove tecnologie e giovani agenti di Polizia da poter impiegare subito per il controllo del territorio: sono questi gli aspetti che ci aspettavamo di rinvenire all'interno di norme che riportavano nel titolo il termine “sicurezza”, ma niente di tutto ciò è presente nel testo finale oggi a nostra disposizione. Pur comprendendo le ragioni complessive che impediscono oggi una rapida realizzazione di programmi in tal senso, che comprendono scelte importanti quanto strategiche per l'intera nostra collettività, il continuo ricorso a reiterati annunci che rimandano ogni decisione di atto in atto, non aiuta sia sul versante di un’insicurezza percepita sempre più cresciuta nel tempo, nonostante l'oggettivo decremento del numero dei reati, sia sugli effetti che si andranno a produrre nel breve-medio periodo.
Non è infatti un segreto che, nel corso dei prossimi 5-10 anni, i futuri pensionamenti all'interno degli attuali corpi di Polizia, produrranno un catastrofico decremento in organico, con picchi che andranno da 25 mila unità complessive fino a 45 mila unità in meno in organico. Questo per dire che se non si interverrà immediatamente, lo scenario odierno non sarà nulla in confronto delle conseguenze che andranno a verificarsi nel corso dei prossimi anni, tutto questo con pesanti ricadute per la sicurezza dei cittadini, come per le peggiorate condizioni di vita e di lavoro delle donne e degli uomini in divisa.
Daniele Tissone è segretario generale del Silp Cgil