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“Il populismo non è una devianza da qualcosa, ma l’effetto di un processo di mutamento storico che va capito in profondità, andando alle radici. Un punto però è chiaro: è la crisi delle democrazie ad avergli aperto la strada, non il contrario”. È la tesi di Roberto Biorcio, docente dell’Università Bicocca di Milano, nella lectio magistralis tenuta in ricordo di Riccardo Terzi al congresso dello Spi Cgil in corso al Lingotto di Torino. Cos’è allora un partito populista? “Sono quei partiti e movimenti – spiega il professore – che mettono al centro della loro azione il conflitto tra establishment e popolo o, più in generale, tra i vincenti e i perdenti della globalizzazione. Una tendenza difficile da prevedere soltanto pochi anni fa, esplosa in molti Paesi per dare voce a un nuovo conflitto non più tra destra e sinistra, ma fra gente comune e chi ha ruoli di governo, in particolare i politici”.
Il primo esempio ricordato da Biorcio risale agli inignados spagnoli nel 2011, l’ultimo è quello dei gilet gialli in Francia. “Tutti gli osservatori, all’epoca, rimasero stupiti dal fatto che una protesta del genere, non promossa da soggetti istituzionali, si potesse diffondere fino a influire sulle decisioni del governo. Anche Occupy Wall Street ebbe caratteristiche simili, non essendo una contestazione guidata dai partiti tradizionali. In tutti i casi, quindi, non c’è mai stato un riferimento alle categoria classiche di destra e sinistra”. Quanto all’Italia, “bisogna fare riferimento alle origini del M5s, che nacque in realtà da contestazioni locali di gruppi di cittadini, con l’idea di dare voce e rappresentanza a quel tipo di protesta, per trovare poi un collegamento a livello nazionale”.
Arrivando alla situazione odierna del nostro Paese, ricorda il professore, “alla domanda molto semplice se i politici ascoltano la gente, il 70 per cento risponde che fanno solo gli interessi dei più potenti, quindi evidentemente è facile ottenere consenso elettorale spingendo su argomenti populisti. Del resto, lo hanno fatto persino partiti tradizionali come Forza Italie e Pd, i cui leader Berlusconi e Renzi hanno sfruttato quest’onda per costruire il loro successo”. Ovviamente, osserva ancora Biorcio, c’è una netta differenza tra l’incarnazione di destra del populismo – la quale si identifica nella difesa dell’etnia e ha trovato in Salvini l’interprete ideale – e quella di sinistra che porta invece avanti il tema della redistribuzione delle risorse. “Ma ciò che sembra ormai chiaro è che i partiti tradizionali difficilmente torneranno a svolgere quel ruolo di mediazione che hanno avuto storicamente fino a qualche anno fa, ruolo che invece il sindacato potrebbe continuare a svolgere”. (mm)