(Labitalia) - "La ricetta per semplificare il lavoro c'è, basta attuarla con provvedimenti normativi. Per ora, è uno slogan di grande attualità, ma quando si passa dal dire al fare tutto diventa complicato. Per semplificare concretamente, basterebbe seguire le indicazioni dell'Osservatorio del mercato del lavoro dei consulenti del lavoro. Un punto di osservazione privilegiato del mondo del lavoro che ha come base di studio ben 7 milioni di rapporti di lavoro privati, gestiti negli studi dei professionisti, ben oltre due terzi degli esistenti. Semplificare bene si può. Basta volerlo intervenendo chirurgicamente sulle vere complicazioni burocratiche". A sostenerlo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, guidata da Rosario De Luca.
Sono sei le proposte della categoria sul fronte delle semplificazioni, anticipate nei giorni scorsi al 'Corriere della sera'.
1. La Costituzione. E' la madre di tutte le semplificazioni. Togliere alle Regioni competenza in materia di lavoro, eliminerebbe una serie di complicazioni e intralci burocratici; oltre che far recuperare per uso collettivo una lunga serie di sperperi che esistono nella gestione della formazione professionale. Riportare allo Stato questa competenza significherebbe semplificare di colpo una serie di istituti.
2. Apprendistato. Non decolla principalmente per la farraginosa gestione burocratica. Esistono infatti 20 diverse regolamentazioni, affidate alle strutture regionali, che ne impediscono un'ampia diffusione a causa delle complesse procedure. E lo strumento principale di avviamento al lavoro dei giovani non riesce a decollare.
3. Registro infortuni. Il nuovo Testo unico per la sicurezza sul lavoro ha abrogato le disposizioni che regolamentavano il registro infortuni, in quanto sostituito nella sua funzione dalla obbligatoria denuncia online. Ma dipende dalle varie Regioni normare l'abolizione dell'obbligo di vidimazione, ormai inutile adempimento ma dalla incredibile sanzione di 15.000 euro. Al momento solo Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia e Lombardia hanno eliminato tale l'obbligo.
4. Cassa integrazione. Anche questo strumento, risultato fondamentale in questi anni per sostenere le famiglie dei lavoratori di aziende in crisi, risente della gestione affidata alla Regioni. Vale il medesimo ragionamento fatto per l'apprendistato: 20 diverse regolamentazioni con tanto di modulistica e modalità di fruizione differenti che creano solo intralci e disguidi a cittadini che attraversano un momento di grande debolezza.
5. Formazione professionale. E' gestita a livello regionale con assegnazione di fondi ad enti diversi per l'erogazione della formazione ai lavoratori. La casistica fa rilevare molti abusi con assoluta assenza di attività formativa. Un accentramento della gestione non potrebbe che riportare ordine e risparmio in un settore ampiamente critico.
6. Previdenza complementare. Settore ormai indispensabile in supporto alla previdenza pubblica, ma dall'utilizzo disincentivato dall'esistenza di ben 300 diversi fondi complementari e fondi sanitari. Ognuno di essi ha proprie regole per la denuncia degli importi dovuti e per l'incasso delle somme, senza peraltro poter utilizzare la compensazione con altri crediti aziendali. Un'armonizzazione del sistema porterebbe ad un aumento esponenziale dei numeri dei lavoratori aderenti.
Da apprendistato a cig, 6 proposte dei consulenti del lavoro
L'analisi della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, guidata da Rosario De Luca
7 gennaio 2014 • 00:00