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La crisi del gruppo Mercatone si è manifestata in tutta la sua drammaticità con la presentazione, il 19 gennaio scorso, di preconcordato al tribunale di Bologna, ed è ancora in fase di costruzione un piano industriale che dovrà essere approntato entro sessanta giorni.
Il gruppo, a livello nazionale, conta 79 punti vendita con 3.500 dipendenti. In Piemonte, nei 13 punti vendita a marchio Mercatone più 21 negozi Trestelle distribuiti in tutte le province, sono coinvolti 389 dipendenti, che arrivano a oltre 400, se si sommano anche gli associati in partecipazione. Di questi, il 98% sono a tempo indeterminato, 271 full time e la stragrande maggioranza è composta da donne.
"Dal 17 Maggio 2011 – ricorda la Filcams Piemonte – sono tutti con il contratto di solidarietà per far fronte alle prime negative situazioni di mercato. Una trattativa molto impegnativa si era sviluppata per definire un programma di riorganizzazione e di riqualificazione del personale. Un percorso importante e anche difficile, ma nei negozi dove il programma si è attuato, oggi si vedono le differenze e, seppur con difficoltà, gli andamenti economici sono migliori".
"È da sottolineare – sempre secondo la Filcams –, che si registrano gli andamenti più negativi nei punti vendita dove il gruppo dirigente non ha attuato le azioni definite nell'accordo, cioè la discussione e la contrattazione dell'organizzazione del lavoro con le rappresentanze dei lavoratori, per definire la distribuzione oraria in modo equo per utilizzare le competenze professionali".
“Non saper valorizzare il sapere e la conoscenza dei lavoratori e delle lavoratrici aggrava situazioni economiche già negative nel mercato – sottolinea la segretaria generale della Filcams Piemonte, Marinella Migliorini –; dopo tutti i sacrifici di questi anni, dobbiamo impegnarci a fondo per impedire che in Piemonte aumentino i disoccupati e ci sia un'ulteriore emorragìa di reddito salariale”.
La Filcams ritiene che una lunga storia occupazionale e le ampie conoscenze professionali non debbano essere spazzate via, servono azioni di difesa per tutti gli occupati e per questa fascia di mercato. “Pertanto – dichiara ancora la segretaria di categoria –, riteniamo necessario chiedere un tavolo istituzionale regionale per stimolare l'interesse alla riorganizzazione o all'acquisizione del gruppo, per sostenere il reddito dei lavoratori e delle lavoratrici e per coinvolgere anche le amministrazioni comunali, dove sono presenti i punti vendita, in azioni che consentano la continuità operativa e la difesa occupazionale”.