Il distretto fiorentino della moda è in grandissime difficoltà. Dopo il fallimento del marchio Segue, il rosso in bilancio del brand Cavalli (acquisito da un fondo d’investimento internazionale), l’annunciato trasferimento della Guess in Svizzera, adesso è il turno di Braccialini. La storica “firma” della pelletteria italiana (borse e accessori per donna) sta attraversando una crisi che si annuncia molto dura. “Servono una ricapitalizzazione e un piano industriale di rilancio” chiedono i sindacati Filctem Cgil e Femca Cisl, che hanno proclamato per oggi (mercoledì 4 maggio) uno sciopero di otto ore dei 171 lavoratori dello stabilimento di Scandicci. L’astensione dal lavoro sarà accompagnata dal presidio davanti ai cancelli dell'azienda (via di Casellina 61c), a partire dalle ore 10.

“La produzione Braccialini si sta progressivamente fermando a causa di una grave crisi di liquidità” spiega un comunicato sindacale, annunciando lo stop in concomitanza con la convocazione del cda e dell'assemblea dei soci, indetti appunto per decidere le sorti dell'impresa. Del nuovo consiglio di amministrazione la famiglia Braccialini (che fondò l’azienda nel 1954) non fa più parte, pur mantenendo una quota minoritaria di azioni: il controllo è ora nelle mani del fondo di private equity Sici (33 per cento) e dei fondi Nam e Hat (22 per cento), cui si aggiunge un ulteriore 22 per cento rimasto a Braccialini. Una nuova struttura societaria figlia della crisi iniziata nel 2012, dovuta a forti esposizioni bancarie, al fallimento del gruppo Burani (cui Braccialini partecipava) e alla perdita di posizione in mercati importanti come Russia e Giappone. Il bilancio 2015 non è ancora stato approvato, ma la perdita si aggira sui 15 milioni e potrebbe aumentare ancora per effetto delle svalutazioni.

Il polo fiorentino del lusso annovera 7 mila imprese (di cui oltre la metà attive nella pelletteria) e 35 mila addetti. Della pelletteria Braccialini è sicuramente la punta di diamante, ma i suoi 171 dipendenti sono da gennaio in cassa integrazione a rotazione. Dal cda del 4 maggio i sindacati si aspettano “un piano di ricapitalizzazione per far ripartire la produzione e soddisfare gli ordini arrivati in queste settimane”. Ma la preoccupazione dei lavoratori, concludono Filctem Cgil e Femca Cisl, è “legata anche all'assenza di prospettiva, poiché da mesi non c'è traccia di un piano industriale di rilancio e si teme un brutto piano di chiusura”.