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Riccardo Sanna, coordinatore area politiche economiche e di sviluppo Cgil nazionale, parteciperà questo pomeriggio al dibattito nell’ambito delle Giornate del lavoro di Lecce dal titolo: “Diritto alla giusta ed equa retribuzione”
La Carta dei diritti universali della Cgil, oltre a costituire una riforma strutturale del mercato del lavoro, promuove un nuovo modello di sviluppo per il paese. L'articolo 5 afferma il “diritto a un compenso equo e proporzionato” per tutti i lavoratori. Facendo riferimento al principio di giusta retribuzione di cui all'articolo 36 della nostra Costituzione si vuole sancire il diritto a una congrua remunerazione dell'attività di lavoro subordinato, ma anche coordinato o autonomo e professionale. Si risponde così anche all'esigenza di determinare un “salario minimo” per tutti i lavoratori, dando seguito a quanto sostenuto in più di 60 anni di applicazione e interpretazione delle norme costituzionali da giudici e ispettori, e recentemente anche dalla Corte Costituzionale, che ha sottolineato come il ccnl rimanga la “fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l’andamento delle dinamiche retributive”.
In questo modo, si intende definire una nuova politica di distribuzione e redistribuzione del reddito, con l'obiettivo di impedire la svalutazione competitiva del lavoro, a scapito della stessa crescita economica. Sin dagli anni novanta, in Italia, la riduzione della quota di reddito nazionale destinata al lavoro, dunque a salari e occupazione, anziché a profitti e rendite, ha generato vuoti nella domanda aggregata e contrazione degli investimenti fissi, caratterizzando il declino dell'economia italiana prima della crisi globale e la maggiore intensità recessiva durante la stessa crisi. Tale disuguaglianza nella distribuzione del reddito e degli stessi salari è da attribuire in larga parte alla dequalificazione dell'occupazione e, nello specifico, alla precarizzazione del lavoro. Istituire un diritto a un’equa retribuzione, proiettando un fondamentale principio costituzionale su tutti i lavoratori, crea le condizioni per qualificare anche la nostra struttura produttiva e per riconquistare l'obiettivo di piena e buona occupazione.
Non solo. L'articolo 5 stabilisce anche la centralità della contrattazione collettiva, con esplicito richiamo al principio costituzionale dell'erga omnes, da un lato, fissando i contratti nazionali come riferimento generale per qualsiasi lavoratore (anche parasubordinato o autonomo individuale, secondo l'attività economico-produttiva di appartenenza, per prestazioni simili) e, dall'altro, estendendo la possibilità di stipulare accordi collettivi alle associazioni di lavoratori autonomi. L'idea di economia e di società che scaturisce dall'articolo in questione è diametralmente opposta alla visione deregolatrice e decollettivizzante perseguita dalle politiche economiche liberiste, alle quali la Carta si contrappone anche con l’articolo 27 (“Applicazione dell'articolo 39 della Costituzione”, da cui consegue l'efficacia erga omnes dei contratti collettivi, fino a oggi priva di una regolamentazione normativa di recepimento del dettato costituzionale) e con l'articolo 38, che ribadisce il principio di inderogabilità e gerarchia dei livelli contrattuali.
Per il sindacato, il diritto all'equo compenso rappresenta una sfida all'inclusività, per portare i diritti conquistati dai contratti nazionali oltre i confini tradizionali e, allo stesso modo, per riportare nei bastioni della contrattazione collettiva schiere di lavoratori che la giurisprudenza liberista ha immesso nel mondo del lavoro senza i diritti fondamentali del lavoro.
Riccardo Sanna è coordinatore area politiche economiche e di sviluppo Cgil nazionale