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“I dati Istat diffusi ieri (9 gennaio, ndr) ci consegnano una situazione drammatica dell’occupazione giovanile, perché la piccola ripresa occupazionale, di fatto, si è spostata tutta sugli over 50, mentre non dà risposte ai giovani fra i 15 e i 24 anni, né alla fascia successiva fino ai 35. E su questo bisogna non solo riflettere, ma anche intervenire”. Così Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, stamattina ai microfoni di Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1. “Sul Jobs Act, purtroppo, si confermano le nostre previsioni e critiche alla legge, che, sul piano pratico, non è stato lo strumento utile che serviva per rimettere al centro l’occupazione. Al contrario, ha impoverito il lavoro a tempo indeterminato attraverso l’introduzione del contratto a tutele crescenti. Non solo. Non ha neanche messo a sistema nessuna politica utile allo sviluppo dell’occupazione, specie delle giovani generazioni, che rischiano di essere imbrigliate ormai nell’inattività piena”, ha affermato la dirigente sindacale.
“L’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, prevista dal Jobs Act, è stato un buon investimento dal lato mediatico, ma non dal punto di vista delle risorse e degli impegni. Peraltro, questo dato si somma alla cessazione di alcuni ammortizzatori sociali, che non proseguiranno in virtù delle scelte già fatte dalla Fornero nel 2017: penso alla fine dell’indennità di mobilità o al calo drastico della deroga che è solo parzialmente rifinanziata. Tutto ciò c’induce a una grande preoccupazione. Di certo, non sono le politiche del mercato del lavoro a determinare l’occupazione: ci vogliono scelte economiche e politiche industriali diverse dal passato. Noi, dal canto nostro, dobbiamo rilanciare l’idea del Piano per il lavoro, un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile, che deve prevedere un grosso investimento pubblico mirato alla creazione diretta di posti di lavoro”, ha continuato l’esponente Cgil.
“Percentuali decisamente preoccupanti, 39,4 e 12, sono quelle della disoccupazione giovanile e del tasso di disoccupazione nazionale. Soprattutto assistiamo a un netto rallentamento delle attivazioni dei tempi indeterminati. Ciò significa che dopo le incentivazioni del 2015 del contratto a tutele crescenti, degli sgravi contributivi – ai quali abbiamo destinato oltre 18 miliardi –, è finito l’utilizzo spinto dei tempi determinati e quindi anche la qualità dell’occupazione che si riproduce è molto povera, fatta di contratti precari. Per non parlare dell’utilizzo e dell’abuso dei voucher”, ha aggiunto la sindacalista.
“Auspichiamo che riprenda al più presto il tavolo sulla riforma delle pensioni. Non solo per restituire dignità e giustizia sociale a persone che hanno visto drammaticamente allungare la loro carriera lavorativa fino ad oltre 67 anni, ma manche per far sì che la riforma pensionistica fosse anche uno strumento di sviluppo economico e di ripresa della possibilità di occupazione per le nuove generazioni. Gli interventi raggiunti nella prima fase del negoziato sono parziali, in modo particolare con un’Ape sociale collegata al quesito contributivo, che escluderà molti lavoratori di tanti settori pesanti, che non riescono ad arrivare ai requisiti richiesti. Noi continuiamo a pensare che 41 anni di contributi possano essere una soglia per la definizione dell’uscita. Così come è importante garantire una tutela previdenziale alle giovani generazioni. Perciò, auspichiamo che il governo metta in atto politiche che affrontino l’emergenza lavoro e definiscano il quadro pensionistico”, ha concluso Scacchetti.