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No accordo, no controllo, è iniziata la nuova campagna della Cgil, obiettivo il decreto semplificazioni che lascia mano libera alle imprese sul controllo a distanza dei lavoratori. “La stiamo facendo anche attraverso l'utilizzo di flash mob – spiega Serena Sorrentino ai microfoni di RadioArticolo1, nel corso della puntata di Italia Parla (podcast) - e quindi per spiegare non soltanto ai lavoratori, che sono già più o meno informati e preavvertiti su un tema così importante che riguarda la loro attività professionale, ma anche in generale alle persone e ai cittadini la portata che potrebbe avere l'autorizzazione da parte del governo alle imprese dell'utilizzo dei dati personali del lavoratore che può avvenire attraverso il controllo degli strumenti di lavoro, che è la novità più grande dal punto di vista sostanziale che vediamo nella formulazione dell'articolo 23 del decreto legislativo sulle semplificazioni e che modifica l'articolo 4 dello Statuto”.
Grazie al decreto – spiega la dirigente Cgil - “le imprese potranno utilizzare i dati del lavoratore, immagazzinati attraverso gli strumenti che il lavoratore utilizza per la sua attività professionale, senza accordo sindacale. Questo, oltre a essere in contrasto con una serie di norme, di regolamentazioni e anche di raccomandazioni europee, è anche in contrasto con la filosofia con la quale il garante della privacy si è più volte esercitato: dalle linee guida del 2007 alle ultime disposizioni, fino ai tanti codici deontologici sull'utilizzo e sul trattamento dei dati”.
Non a caso – prosegue Sorrentino - “il garante è intervenuto subito dicendo che c'è bisogno di fare molta attenzione intanto sull'utilizzo dei dati e sulle autorizzazioni che bisogna determinare e poi sulla separazione del trattamento dei dati che riguardano la vita personale da quelli che riguardano l'attività lavorativa. Noi ovviamente adesso abbiamo il primo obiettivo che è quello di modificare il decreto, avremo le audizioni la settimana prossima nelle commissioni competenti, dove presenteremo una riformulazione dell'articolo 23 che sostanzialmente riconferma l'articolo 4 dello Statuto, seppur facendosi carico delle esigenza dell'innovazione tecnologica ma mutuando lo stesso principio. Non è che siccome la tecnologia è andata avanti si può abilitare un controllo più invasivo rispetto all'attività lavorativa”.
Per la Cgil “lo strumento che rimane cardine è quello dell'accordo sindacale, perché in quel caso si possono bilanciare le esigenze. Facciamo un esempio. Per licenziarti, per demansionarti, per cambiarti postazione, per spostarti da una sede fisica a un'altra sede fisica: questi elementi di garanzia e di protezione minima per il lavoratore vanno disciplinati e il soggetto che può farlo meglio, perché più prossimo al luogo di lavoro, è ovviamente il rappresentante sindacale aziendale o la Rsu, dove riusciamo a eleggerli. E poi il controllo della direzione territoriale del lavoro e del ministero sull'effettività del livello di protezione delle lavoratrici e dei lavoratori. Questi sono gli elementi sui quali chiederemo alle commissioni competenti di modificare l'articolo 23”.
In quei luoghi di lavoro dove il sindacato non riesce a arrivare si profila una situazione complessa, per i dipendenti, ma secondo il segretario confederale Cgil, con le opportune modifiche all'articolo 23 del decreto
“la norma può evolversi in un senso anche di maggiore protezione del lavoratore. Intanto obbligando le aziende, in assenza anche di accordo sindacale, a depositare l'accordo presso la direzione territoriale del lavoro, perché a quel punto il ministero diventa sempre il soggetto che può controllare anche dove non esiste il sindacato. Inoltre, dove non c'è il sindacato in azienda può intervenire il sindacato maggiormente rappresentativo sul livello nazionale per quel territorio, nel senso che ci sono strumenti di protezione”.
“Molto spesso – prosegue Sorrentino - non c'è distinzione tra strumenti che il lavoratore utilizza per l'attività lavorativa e strumenti che vengono utilizzati in parte anche per la vita personale, quindi prima di tutto bisogna ripristinare la protezione verso quel trattamento dei dati che riguardano la vita personale. Ma riteniamo che anche il controllo dei dati attraverso gli strumenti di lavoro debba avere degli ambiti di limitazione e di disciplina. L'azienda non può utilizzare tutti i dati che immagazzina per qualsiasi fine. Le famose ragioni tecnico organizzative sono un po' vaghe. Va disciplinato bene cosa l'azienda può utilizzare e a che fine, quando parliamo di controllo a distanza”.
Alla domanda su cosa c'entri il controllo a distanza con l'innovazione, la semplificazione e la creazione di nuova occupazione che, in teoria, in pura teoria, dovevano essere l'obiettivo finale del Jobs Act, Sorrentino risponde senza troppi dubbi: “E' coerente con l'impostazione generale del Jobs Act, che mette a disposizione dell'impresa in maniera unilaterale una serie di strumenti che la agevolano rispetto alla gestione dei rapporti di lavoro”.