A trent’anni dall’approvazione della legge Rognoni-La Torre, e a quindici anni dalla legge 109/96 che ne costituisce l’evoluzione, ci siamo convinti che era compito e responsabiltà della Cgil dare concretezza a un’iniziativa politica presentando una legge di iniziativa popolare con la quale risolvere i problemi di mal funzionamento dell’Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati (Anbsc) e di assenza di un’azione appropriata del governo. 

I dati che descrivono la situazione dei beni e delle aziende sequestrate e confiscate richiamano infatti l’urgenza di una iniziativa politica volta a cambiare radicalmente il destino delle attività e dei lavoratori coinvolti. A sostenere la campagna per la raccolta delle firme necessarie a presentare la proposta di legge al parlamento ci saranno, insieme alla Cgil, un vasto arco di associazioni impegnate sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata: Acli, Arci, Anm, Avviso pubblico, Centro studi Pio La Torre, Lega Coop, Sos Impresa, sottolineando così il valore di un’azione corale su un tema di grande importanza per il paese. “Con la mafia si lavora e con lo stato no”. Questa è una delle frasi che molti sindacalisti hanno dovuto ascoltare negli ultimi anni ed è questa l’altra importante ragione che ci ha convinto a organizzare una proposta che sfida le mafie e il malaffare sul piano economico e sociale.

Il nostro obiettivo è quello di rendere le aziende sequestrate e confiscate presìdi di legalità democratica ed economica. Con un’iniziativa organizzata a Roma il 4 ottobre presso la sede della Fnsi – “Io riattivo il lavoro” – parte così la campagna per sostenere attraverso la raccolta di firme la nostra proposta di legge. Una proposta che in primis vuole realizzare la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, determinando di fatto un accesso universale agli ammortizzatori sociali a prescindere dalla tipologia e dimensione dell’attività produttiva coinvolta nel provvedimento di sequestro. In secondo luogo ci poniamo l’obiettivo di favorire l’emersione alla legalità dell’azienda fin dal momento di presa in carico della autorità giudiziaria. Infine di sostenere il processo di ristrutturazione e di riconversione con strumenti finanziari appropriati e attraverso la formalizzazione di tavoli negoziali che coinvolgano le organizzazioni sindacali e le associazioni d’impresa.

Con queste proposte, quindi, abbiamo deciso di essere in campo, di non sottrarci alla nostra quota parte di responsabilità proponendo soluzioni operative su un tema – quello del contrasto alle mafie – la cui efficacia sta nel trovare sinergie tra le istituzioni e gli attori economici e della società civile. Queste ragioni sono parte integrante del codice genetico della Cgil, che ha nella battaglia per il riscatto del lavoro il suo punto di riferimento fondamentale. Il nostro è un impegno che nasce anche dalla memoria fatta da un elenco interminabile di sindacalisti e di vittime innocenti della criminalità organizzata, come Placido Rizzotto, di cui recentemente abbiamo celebrato i funerali di stato. Per la Cgil, dunque, tenere vivo il ricordo di chi ha dato la vita per la nostra libertà significa prima di tutto impegnarsi quotidianamente per sconfiggere la mafie come presupposto fondamentale per uscire dalla crisi economica, ma soprattutto per contrapporre al malaffare e alla corruzione il lavoro come segno di libertà individuale e collettiva.

(* responsabile Legalità e sicurezza Cgil)