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È il primo rinnovo dopo l’accordo sul modello contrattuale dello scorso 9 marzo. Ai sindacati degli edili l’onore e l’onere di tradurre le nuove regole interconfederali nel nuovo ccnl dell’edilizia siglato a metà luglio, dopo due anni di attesa. Un banco di prova di estrema importanza se consideriamo sia l’ampiezza della platea – stiamo parlando di circa un milione di lavoratori – sia le novità introdotte in materia di riconoscimento del lavoro autonomo e discontinuo. La redazione di Rassegna Sindacale ne ha voluto parlare con il numero uno della Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, e con Antonio Di Franco, che nella segreteria nazionale della categoria ha la delega all’edilizia. “Il nuovo contratto è l’interpretazione autentica dell’accordo interconfederale che mette al centro la contrattazione collettiva di primo e secondo livello in funzione anticiclica, e la coniuga con la volontà di cogliere le specificità utili al rilancio economico”. Esordisce così Genovesi, ricordando che “non siamo di fronte a un mero strumento di redistribuzione, ma a un modo concreto per contribuire al rilancio del settore, attraverso la qualificazione del lavoro e dell’impresa e mettendo a disposizione tutti gli strumenti necessari a partire dalle Casse edili”.
Rassegna Partiamo dalla questione salario-welfare. Nel rinnovo c’è una scelta precisa e importante. Puoi spiegarcela?
Genovesi Sì, certo: noi abbiamo deciso di non sostituire il salario con il welfare aziendale. L’accordo del 9 marzo demandava ai singoli settori la possibilità di farlo e secondo noi l’interpretazione autentica – quella che del resto la Cgil ha sempre sostenuto – è che il contratto collettivo deve continuare a svolgere una funzione di autorità salariale. Nel nostro caso sono 55 euro a parametro 100, che diventano 72 se prendiamo il terzo livello. Soldi freschi nelle tasche dei lavoratori per alimentare i consumi, perché non dobbiamo mai dimenticare che l’Italia vive per l’80 per cento di domanda interna e se non agiamo sulle due leve principali – salari e pensioni da un lato, fisco dall’altro – non riusciamo a ripartire. Ma voglio anche dire che salario e welfare integrativo non sono per forza in alternativa l’uno con l’altro. Possono integrarsi in quello che viene definito “Tec”, cioè il trattamento economico complessivo. Certo, in questo siamo favoriti dall’antichissima tradizione delle Casse edili, enti bilaterali di storia ormai centenaria. Quindi non siamo andati sul welfare aziendale, ma abbiamo preferito ridefinire e rimpolpare il welfare contrattuale che esisteva già, anche attraverso la costituzione del più grande fondo sanitario obbligatorio.
Rassegna L’altro punto su cui vi siete battuti è il riconoscimento delle partite Iva, per la maggior parte giovani, all’interno dei cantieri.
Di Franco Il contratto coglie le necessità di un settore che ha cambiato completamente il suo paradigma produttivo. Oggi c’è oggi un nuovo modo di costruire, sono cambiate le tecniche e di conseguenza anche l’organizzazione del lavoro. Per questo abbiamo agito su due livelli: da una parte con un fondo per i prepensionamenti, per rispondere attraverso la contrattazione al problema della legge Fornero; dall’altra con il tentativo di agganciare le nuove professionalità richieste oggi dal mercato, come per esempio gli esperti nelle tecniche antisismiche o nei nuovi materiali. In altre parole scommettendo sui giovani, che sono sempre più specializzati. E con le partite Iva abbiamo fatto così, un’operazione semplice e allo stesso tempo storica: per la prima volta, infatti, potranno entrare nel sistema bilaterale e avere così le stesse tutele dipendenti iscritti alle Casse edili. È un passo storico per l’edilizia e uno strumento che offriamo a tutta la confederazione. Stiamo parlando di architetti, geometri, archeologi, restauratori, geologi, cioè le vere partite Iva che oggi lavorano nei cantieri e stiamo parlando di contrasto a quelle false, grazie al principio del corrispettivo minimo equiparato a quello dei subordinati.
Genovesi Guardate, pur con le mille differenze dei rispettivi settori, il modello della Cassa edile può essere la “Cassa del lavoro” di domani, quel luogo dove i discontinui, coloro che hanno periodi di non lavoro, chiunque cambi spesso datore di lavoro, sia esso la pizzeria o una piattaforma digitale, possono avere una prima risposta. Perciò penso che questo contratto sia un modello non sono esportabile, ma che può essere parte della strategia generale per la ricomposizione del mondo del lavoro. È anche la risposta contrattuale all’obiettivo che si pone in via legislativa la Carta dei diritti della Cgil, cioè la dimostrazione che la contrattazione può dare risposte migliori di un’interpretazione legislativa rigida, come ha sottolineato anche il nostro segretario generale. In poche parole, un tentativo di tradurre in pratica sindacale quell’idea della contrattazione inclusiva che ci siamo sempre dati.
Rassegna All'atto della firma per il rinnovo, va detto che la controparte datoriale ha accettato la vostra sfida.
Genovesi Proprio così. L'Ance ha compreso lo scenario attuale: in un certo senso era l'unica alternativa. Bisogna comunque sottolineare che dopo aver scritto l'accordo questo va gestito, costruito e implementato. Occorre evitare la corsa al ribasso e l'applicazione di altri contratti, come abbiamo visto – per esempio – all'Ilva di Taranto o alla Stazione Termini dove agli addetti della manutenzione hanno tolto il contratto edile per applicare quello dei multiservizi. Da parte sua, l'Ance sa che per far sopravvivere questo sistema di relazioni industriali deve puntare sulla parte alta, riqualificare lavoratori e imprese perché le due cose vanno sempre insieme. Ricordiamo che nelle costruzioni il costo del lavoro arriva anche al 60 per cento di un'opera: conviene all'azienda scommettere sulla qualità, ed è interesse di tutti, dal Paese, avere imprese innovative e lavoratori formati, che utilizzano nuovi materiali e tecniche costruttive, perché anche così chi realizza opere pubbliche lo fa nei tempi e costi giusti. Insomma è fondamentale l'organizzazione del cantiere: fa bene al sistema Paese avere nuove opere e fare manutenzione su quelle esistenti, e per questo servono aziende qualificate. All'interno della Cgil, inoltre, abbiamo ottenuto l'inserimento di un punto nel primo documento congressuale “il Lavoro è” che ci aiuta e ci riconosce la bontà della battaglia: quando i perimetri contrattuali si sovrappongono, a parità di rappresentanza, siamo d'accordo che si applica il contratto di maggior favore per il lavoratore? Oggi la Cgil dà una chiara indicazione. Naturalmente va tradotta nel concreto: d'altronde è questo il nostro ruolo di sindacalisti, trasformare ciò che scriviamo in quello che facciamo.
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Rassegna In tal senso, significativo è stato proprio il percorso verso questo contratto.
Genovesi In due anni abbiamo fatto dieci manifestazioni territoriali, due giornate di sciopero e alla fine abbiamo trovato una mediazione. Il contratto si rinnova a due anni dalla scadenza, ma i nostri iscritti hanno capito il lavoro che c'è dietro. Tra l'altro, l'edilizia è un settore ad alto rischio di dumping contrattuale: lo dimostra il rapporto che abbiamo presentato a febbraio con la Fondazione Di Vittorio. Alla domanda "che lavoro fai", su 700 mila intervistati circa 150 mila di questi che avevano risposto che erano e sono operai edili (perché si occupano di dipingere, stuccare, spostare la terra, muovere l'escavatore o la gru, ecc.) si è poi verificato, però, che il nostro contratto nazionale non viene loro applicato. Abbiamo trovato contratti di ogni tipo: dal ccnl colf badanti a quello degli operai florovivaisti. Se a questi si aggiungono le partite Iva, c'è rischio che oggi in un cantiere la metà dei lavoratori abbia il contratto edile, tutti gli altri diversi inquadramenti e minori tutele.
Rassegna A proposito di correttezza contrattuale, torniamo al rilancio delle Casse edili che si intreccia col tema della contrattazione di secondo livello. Ci date qualche dettaglio in più?
Di Franco Le Casse edili fanno parte della nostra storia, del nostro modello. Nelle costruzioni la negoziazione sul territorio è una pratica seria e importante: viene fatta in ogni provincia, è molto diffusa, perché proprio sul territorio si trovano le risposte essenziali. Nell'idea della Fillea è necessario mantenere un secondo livello molto forte, dandogli la possibilità di erogare risorse. Qui intervengono le Casse: nel nuovo contratto abbiamo stabilito che le risorse del sistema devono andare in maniera uguale a prestazioni per i lavoratori e a servizi all’impresa, dopo che la crisi aveva spostato molto a favore delle aziende. In cifre il contributo nelle Casse (senza contare Prevedi, uno 0,20% a totale carico azienda per il fondo prepensionamenti e uno 0,10% per il fondo giovani) è pari al 2,85%: 1,05 va alle imprese, 1,05 ai lavoratori e il resto è costo di gestione. Nella quota per gli edili, con l'accordo stabiliamo che 0,60 è fondo nazionale sanitario e 0,45 resta a disposizione del territorio: ristabiliamo cioè le prestazioni dovute ai lavoratori, che negli anni della crisi erano saltate. Nell'1,05 alle imprese, poi, c'è dentro la premialità per chi denuncia tutte le ore, la carenza di malattia e il rimborso degli infortuni, quindi di fatto alla fine una parte torna agli stessi lavoratori. Così abbiamo fornito carburante per la contrattazione di secondo livello, che parte dal 1° luglio 2019 in tutto il territorio nazionale.
Rassegna Lo definite un accordo da gestire. Ma come?
Di Franco Ci saranno alcuni nodi complessi. Il primo è il fondo prepensionamenti: abbiamo già una dotazione iniziale, e abbiamo raddoppiato quella futura, si tratta ora di mettere in campo un ragionamento che nascerà dal confronto in commissione paritetica con le parti datoriali. A seguire serve un confronto serrato col governo. Se l'esecutivo dice che i fondi bilaterali possono implementare l'Ape social o forme similari noi siamo pronti, diventerà una sfida anche per loro: per paradosso adesso non ci servono più solo soldi, ma uno strumento normativo per attuare i prepensionamenti in un settore così particolare come quello edile. Sono varie le strade percorribili: per esempio, si può fare una convenzione con l'Inps per riconoscere la possibilità al fondo degli edili di fare contribuzione volontaria, ma per questo serve un intervento legislativo. Stesso concetto per i giovani: si può agire sul perimetro dell'apprendistato, oppure sulla riduzione dell'aliquota per chi assume, o pagare come sistema le giornate di formazione presso le Scuole edili, tutte idee che vanno definite. Considerando che nel nostro settore la Cassa edile è lo strumento che governa tutti i processi, compreso il rilascio del Durc, il documento unico di regolarità contributiva che è stato depotenziato ma è sempre presente. Ora, però, deve tornare ad essere legato al cantiere piuttosto che all'imprese e deve avere valenza mensile. Su questa richiesta l’Avviso comune firmato con Ance, all’interno del contratto, per individuare le priorità del sistema ci dà manforte perché diventa una rivendicazione di tutto il settore.
Genovesi Ovviamente il contratto ha molti rimandi di gestione: c’è da costruire il fondo sanitario; bisogna mettere il fondo prepensionamenti in linea con la nuova normativa; e incentivare quello per l’occupazione giovanile, che va tarato anche rispetto alle specificità delle aziende edili. C’è tutto il tema del rilancio delle Casse edili e delle verifiche sulla loro efficienza. C’è il tema di definire il contratto tipo per i lavoratori autonomi, eccetera. Abbiamo due anni di lavoro intenso, in parte anche su materie inedite. Sicuramente, però, è un contratto che coglie molti dei punti politici che come Cgil abbiamo avanzato e questo è un ottimo punto di partenza, anche perché è ora patrimonio unitario con Cisl e Uil. E poi c’è tutta la sfida del rilancio del settore, della ripresa degli investimenti, del sostegno a un cambio di paradigma produttivo in grado di rispondere alle nuove domande del mercato. Come ogni accordo ora inizia la parte forse più difficile: attuarlo tutti i giorni e farlo vivere prima di tutto ai diretti interessati, a quel milione di lavoratori e alle migliaia di imprese che hanno accettato la sfida del cambiamento.
(hanno partecipato al forum Emanuele Di Nicola, Roberto Greco, Guido Iocca, Stefano Iucci, Maurizio Minnucci, Davide Orecchio e Marco Togna)