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“L’ipotesi di contratto dei chimici, invece di definire le materie demandate al secondo livello, mantenendo il criterio di universalità del contratto nazionale, determina un generico e generalizzato rimando, aprendo la strada alla pratica delle deroghe. Siamo, per dirla in altri termini, in presenza di un accordo che sembra un documento politico di intenti, una sorta di intesa cornice, che rinvia a una fase successiva la scrittura materiale e definitiva dei suoi contenuti. Tutto ciò, forse, anche determinato dalla fretta di chiudere il rinnovo del contratto in soli quattro giorni, ma che rischia di condizionare la stagione contrattuale in tutti gli altri comparti della categoria e non solo”.
Elena Lattuada, della segreteria confederale della Cgil, spiega così le ragioni che hanno indotto lo scorso 24 settembre i vertici di corso d’Italia a intervenire (in perfetta sintonia con il direttivo della Filctem, riunitosi nella stessa giornata) per chiedere alcune modifiche sostanziali – “Sono almeno quattro i punti di criticità su cui bisognerebbe lavorare” – al testo concordato il 22 settembre dalle sigle sindacali del settore (compresa la delegazione della stessa federazione di categoria Cgil) con Federchimica e Farmindustria.
Lattuada La cosa più difficile da accettare di questo contratto è la violazione della strategia scaturita dall’accordo del 28 giugno, che aveva provato a sanare una frattura consumatasi all’interno del movimento sindacale ed era figlio delle scelte maturate all’interno del seminario di Todi nel settembre 2010, quando il gruppo dirigente della Cgil diede vita a due intense giornate di discussione sui temi della contrattazione. L’idea di fondo di quell’accordo era che, anziché continuare a parlare di derogabilità, era necessario capovolgere il ragionamento: con la definizione di materie proprie di ogni livello, si sarebbe dovuto stabilire che non c’è l’eccezione, ma la norma; adattabile, quest’ultima, alla condizione del luogo dove si applica.
Rassegna Che cosa c’è invece nell’ipotesi di contratto collettivo dei lavoratori chimici?
Lattuada Innanzitutto, non si stabilisce chi fa che cosa. Che cosa cioè spetta al contratto nazionale e che cosa alla negoziazione di secondo livello. Poiché non è stato definito questo, è evidente che – in presenza dell’articolo 8 della 148, che dice che la contrattazione di secondo livello può essere derogatoria, addirittura delle norme legislative – il quadro che ne scaturisce assume connotati assai negativi.
Rassegna Qual è il rischio principale che si corre?
Lattuada Il rischio è che a questo punto le imprese, non avendo nel contratto nazionale un quadro di regole certe, provino a forzare a livello aziendale, magari laddove i rapporti di forza sono a noi sfavorevoli, svuotando il contenuto universalistico del livello nazionale e costruendo una contrattazione peggiorativa, che rischia di condizionare l’intera categoria. Una vecchia questione, a cui proprio il 28 giugno aveva tentato di dare una soluzione, attraverso un modello che passasse per la misurazione della rappresentanza.
Rassegna Il primo banco di prova di questa stagione contrattuale – il rinnovo della chimica-farmaceutica – ha dato insomma un risultato che non solo tradisce le attese, ma rischia di creare un pericoloso precedente. È così?
Lattuada È proprio così. Si tratta di un contratto che, per alcuni dei suoi contenuti, rischia di compromettere la fase di applicazione di quell’intesa, che era figlia di una riorganizzazione contrattuale unitaria dopo le divisioni del 2009, e riverberarsi sull’intera stagione dei rinnovi alle porte.
Rassegna Non è davvero un caso che nel tuo intervento dello scorso 27 settembre al direttivo della Fillea – categoria che ha tutti i suoi contratti in scadenza a fine anno – hai insistito molto sulla necessità di una stagione contrattuale che definisca ruoli e compiti dei due livelli contrattuali, ferma restando la necessità di dare piena applicazione al tema della rappresentanza previsto dal 28 giugno.
Lattuada Certo. Prima di tutto va accelerata la fase di applicazione dell’accordo del 28 giugno in materia di misurazione della rappresentanza, che, ricordiamolo, è data dal combinato disposto tra numero degli iscritti certificati e voto dei lavoratori nelle elezioni delle Rsu, capitolo fondamentale per dare certezza della rappresentanza e della titolarità nella sottoscrizione dei contratti. Su questo stiamo lavorando, non nascondendo qualche difficoltà. La nostra volontà è quella di sottoscrivere alla scadenza tutti i rinnovi dei contratti nazionali, per garantire un quadro normativo e di tutela del potere d’acquisto dei salari, demandando alla contrattazione di secondo livello materie che i singoli contratti definiranno con precisione in stretto rapporto con le diverse caratteristiche dei singoli comparti.
Rassegna Hai accennato prima ad almeno quattro punti di criticità all’interno dell’ipotesi di contratto siglata. Quali sono gli altri?
Lattuada Uno è la parte riguardante il trattamento economico e normativo dei giovani. E il motivo è semplice: noi eravamo e siamo ancora convinti della necessità di affrontare una stagione di rinnovi inclusiva delle figure atipiche. Sapevamo e sappiamo che questo non è un obiettivo facile, per diverse ragioni: un’opposizione delle controparti che considerano queste figure non assimilabili alle norme dei contratti nazionali di lavoro, una legislazione che continua a non garantire diritti universali, una difficoltà anche nostra di rappresentarli. Detto questo, però, la soluzione che scaturisce nel contratto chimico-farmaceutico apre la strada a una “condizione di ingresso” per i giovani, che non solo può modificare il salario, ma parla in esplicito di “intese modificative relative a tutta la normativa contrattuale”. Un messaggio assolutamente non condivisibile quello che si lancia: perché rappresenta una sorta di incentivo a precarizzare ulteriormente le nuove generazioni, invece di fare il contrario, stabilendo per loro una condizione economica e normativa “a parte”. Un’altra inaccettabile forma di deroga contenuta nell’ipotesi d’intesa.
Rassegna L’ultima?
Lattuada No. Nella parte economica si stabilisce la possibilità di posticipare mediante accordo aziendale la decorrenza delle tranche degli aumenti, fino a un massimo di sei mesi, in caso di crisi o di start up. Una previsione che equivale a non garantire ai lavoratori – spostandolo in avanti – il montante a regime. Ma se in una situazione di crisi a livello aziendale si sono trovate in passato e si possono trovare, nelle situazioni piu gravi, soluzioni di carattere economico, nel caso di start up proprio non ci siamo. Start-up potrebbero essere anche parti terziarizzate di un ramo d’impresa. Avendo scritto una formulazione generica e di principio è evidente che i rischi sono molti. Ma non è tutto. Altrettanto grave è, a mio avviso, e sempre per restare nell’ambito della parte economica dell’ipotesi, la previsione dell’impegno delle parti – leggo testualmente – “in considerazione del dibattito avviato a livello governativo sui temi della produttività e delle possibili evoluzioni normative” e “al fine di cogliere ogni opportunità utile a incrementare il beneficio reale per i lavoratori e a incentivare la produttività”, a rendere tempestivamente disponibili nell’ambito della contrattazione aziendale gli istituti economici.
Rassegna Che, tradotto, significa cosa?
Lattuada Che potrebbe esserci il rischio concreto che i minimi contrattuali – o qualche altro istituto economico, il testo siglato non lo specifica – vengano resi disponibili alla contrattazione di secondo livello. Una possibilità che non lascia tranquilli, specialmente in una fase politica come l’attuale, con il governo in carica che ci spiega che bisogna lavorare per la produttività cancellando gli automatismi, che – chiarito dallo stesso governo – significa cancellare, di conseguenza e inevitabilmente, i contratti collettivi nazionali di lavoro.
Rassegna Altri punti critici da segnalare?
Lattuada Un ultimo punto. Nel capitolo dedicato alle misure di sostegno al reddito, si contempla la realizzazione di linee guida finalizzate ad agevolare la costituzione di fondi bilaterali aziendali, di cui non sono chiari finalità e obiettivi. Una scelta che rischia di alimentare l’idea di frammentarietà, anziché di universalità, del sistema di protezione sociale. La Cgil è attenta a tenere aperta la prospettiva dell’universalità degli ammortizzatori sociali, e per fare questo ritiene sia utile perseguire la strada di fondi interconfederali, di grandi dimensioni, che non solo applichino forme solidali di protezione, ma che abbiano una gestione trasparente, collocati, come la stessa riforma prevede, presso l’Inps. Ora io mi chiedo: cosa significa agevolare la costituzione di enti bilaterali a livello aziendale? Come si colloca tale previsione dentro una dimensione collettiva di protezione del reddito delle persone? La verità è che, se si assecondasse il contenuto di questo capitolo dell’ipotesi siglata, si finirebbe per dare una tremenda picconata al principio di universalità, di solidarietà del sistema di protezione sociale, da sempre punto fermo della nostra confederazione.
Rassegna Che fare quindi?
Lattuada È necessario confrontarsi con i lavoratori e le lavoratrici, a partire da quello che il direttivo della Filctem ha definito, convinti della necessità, contestuale, di modificare l’intesa, almeno in alcune sue parti. Riaprire il confronto con tutti, con le altre organizzazioni sindacali e le controparti datoriali, per provare, sia in questa fase che in quella della stesura definitiva, a cambiare il segno del rinnovo di uno dei contratti nazionali più importanti.