Riduzioni del salario, estensione della derogabilità e limitazioni al diritto di sciopero. Questi i tre motivi che hanno indotto la Cgil a non firmare l’accordo quadro sulla riforma dei contratti. A spiegarlo è stato il segretario generale del maggiore sindacato italiano, Guglielmo Epifani, intervenendo all’assemblea dei quadri e delegati della Fillea in corso a Milano.

A suo giudizio, “l’accordo è figlio della paura, divide, non dà certezza a lavoratori e imprese, non costruisce regole condivise, ma può aprire una stagione di disunione e conflitto”. A chi giova un accordo del genere, si è poi chiesto Epifani, “quando tutti i lavoratori chiedono unità? Lo dico a Cisl e Uil: perché dividersi ora? Quale urgenza c’era?”

Epifani ha dunque sollecitato un confronto sul merito insistendo sulla richiesta di sottoporre l'intesa di Palazzo Chigi a un referendum: “Quando sono accordi che riguardano temi generali, possibile che non si possa chiedere un giudizio ai lavoratori? Se dicono che va bene, la Cgil dirà che va bene. Se non fosse così, quale forma di democrazia Cgil, Cisl e Uil immaginano?”.

Ha poi aggiunto il leader sindacale: “Veniamo definiti ideologici, ma io vedo una spinta ideologica in altre posizioni: come definire quel ministro che dice che la Cgil è un avversario? Che cosa c’entra la logica amico-nemico quando si parla di democrazia? Torno a dire – ha concluso – che l’accordo è frutto della scelta esplicita del governo d’indebolire il sindacato, dividere i lavoratori durante la crisi e provare a relegare la Cgil in un angolo”.