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Lavorano oltre 40 ore settimanali (invece delle 36 previste) e sono sottoposti a ritmi stressanti, con conseguenze significative sulla loro condizione di salute. Ognuno accusa in media 2,7 patologie riconducibili al lavoro. Nonostante ciò le denunce di malattie professionali sono pressoché inesistenti (1%), mentre il 33% afferma di essere stato vittima di un infortunio. È il ritratto dei consulenti di Poste Italiane che emerge dall'indagine, promossa da Slc Cgil e Inca e realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, presentata oggi (martedì 5 novembre) all’Inail, basata su un campione di oltre mille intervistati, pari a circa il 14% del totale (sono circa 8.000 gli operatori del settore).
Orari e carichi troppo pesanti
Si tratta di un campione che si caratterizza per un’alta presenza femminile, un’età medio-alta e un’anzianità lavorativa di lungo periodo, con una presenza maggiore nelle aree centro settentrionali del Paese. La situazione occupazionale è caratterizzata dalla quasi totale prevalenza del tempo indeterminato full-time. Le condizioni in cui operano i consulenti delle poste sono particolarmente intense dal punto di vista temporale, con orari prolungati che superano le 40 ore settimanali per un intervistato su quattro e, comunque, circa l’80% dei rispondenti si trattiene oltre il normale orario di lavoro o svolge compiti lavorativi al di fuori degli orari previsti. Il prolungamento degli orari emerge come una conseguenza di carichi di lavoro eccessivi e dei ritmi pressanti: gli intervistati lamentano di svolgere spesso o sempre il proprio lavoro con scadenze rigide e strette (72,4%), un ritmo di lavoro elevato (81,9) e un notevole impegno cognitivo (85,4%).
L’intensità del lavoro è determinata da un lato dalle difficoltà strutturali denunciate dagli stessi intervistati (come la carenza di personale e gli spazi poco adeguati), dall’altro dai limiti dell’organizzazione del lavoro, considerando in particolare le scarse opportunità di autonomia e partecipazione, le pressioni dei superiori per il perseguimento degli obiettivi, le relazioni a rischio di conflittualità.
Per i consulenti di Poste Italiane, le opportunità di autonomia e partecipazione sono limitate, in particolare riguardo alla possibilità di cambiare i metodi di lavoro (la metà circa del campione non può mai farlo) e di avere voce sulla gestione dei turni e delle pause (un intervistato su quattro non può mai cambiarli in base alle proprie esigenze). L’organizzazione del lavoro è caratterizzata inoltre da forti pressioni per il perseguimento degli obiettivi di lavoro individuali, sia attraverso modalità dirette, in particolare con le pressioni ricevute dai superiori durante lo svolgimento dell’attività lavorativa (82,4%), sia attraverso modalità indirette, come i meccanismi di valutazione che sono considerati poco costruttivi da quasi un rispondente su tre (60%).
Le violenze verbali sono un problema diffuso nelle esperienze di lavoro individuali, per più della metà del campione (56,4%), nella maggior parte di casi riconducibili ai superiori (testimoniando le difficoltà presenti nei rapporti gerarchici) e, in secondo luogo, ai clienti. Queste difficoltà organizzative e relazionali si accompagnano a dei problemi per la salute dei lavoratori e delle lavoratrici dal punto di vista fisico e psicologico. Per quasi due rispondenti su tre (58,9%) il lavoro ha avuto degli impatti negativi sulla propria condizione di salute e le ragioni principali, secondo il punto di vista degli intervistati/e, sono riconducibili a fattori organizzativi (pressioni, tensioni, ansia, stress) e a condizioni fisiche (problemi alla schiena, alla vista, di postura).
Problemi agli occhi e ai muscoli
Approfondendo la condizione di salute, i problemi più diffusi sono quelli oculistici (che interessano il 58,2% del campione) e quelli muscolo-scheletrici (40,8%) ed entrambi registrano una persistenza tra la presenza nel passato e quella attuale. Queste malattie si associano anche a tassi più elevati di miglioramento in seguito a periodi di risposo dal lavoro, con un recupero significativo soprattutto per le malattie muscolo-scheletriche (nel 41,4% dei casi il riposo dal lavoro contribuisce alla risoluzione del problema).
Più nel dettaglio, indagando la presenza di dolori persistenti per l’apparato muscolo-scheletrico, si rilevano disturbi diffusi per la cervicale e la fascia lombo-sacrale, con contratture e lombalgie. Riguardo i problemi oculistici, la maggioranza del campione dichiara di soffrire di stanchezza visiva e di riduzione dell’acutezza visiva a fine turno. Considerando la salute psicologica, il 56,4% degli intervistati afferma di provare tensione durante il lavoro almeno una volta a settimana. Registrano una frequenza elevata anche la riduzione dell’energia (49,3%) e della motivazione (46%), i disturbi del sonno (42,3%) e gli stati d’ansia (42,3%); inoltre, un lavoratore su tre dichiara di soffrire di depressione e irritabilità.
Le difficili condizioni di salute si accompagnano a un diffuso utilizzo di farmaci, che avviene in maniera costante e regolare per il 41,3% dei lavoratori: in particolare farmaci cardiologici, utilizzati soprattutto nelle classi di età più elevate, seguiti da quelli per gli ormoni e dagli psicofarmaci, che sono diffusi in maniera trasversale tra le classi di età, interessando anche la popolazione più giovane del campione. Queste problematiche per la salute si associano a casi abbastanza diffusi di assenza per malattia, con il 20% dei lavoratori che è stato assente almeno per una settimana nel corso dell’ultimo anno.
Uno su tre ha subito un infortunio
Lo studio, infine, rileva che quasi un rispondente su tre ha subito un infortunio sul lavoro nel corso della propria esperienza lavorativa (31,8%) mentre quasi del tutto assenti risultano, invece, i casi di malattie professionali denunciate (1%), nonostante i livelli di stress di cui si lamentano. Le esperienze lavorative dei consulenti, per un’ampia quota di intervistati, sono dunque caratterizzate da un’organizzazione del lavoro con ritmi e carichi intensi che si accompagnano a margini scarsi di autonomia e partecipazione, sistemi di valutazione considerati poco costruttivi per il miglioramento del proprio lavoro, pressioni per il perseguimento degli obiettivi che possono comportare situazioni conflittuali dal punto di vista relazionale e della struttura gerarchica, da cui consegue un rischio diffuso di rischi psicosociali e la presenza di problemi per la salute psicologica (tensione, stress, ansia), disturbi oculistici e muscolo-scheletrici.
Complessivamente, gli intervistati lamentano di svolgere spesso o sempre il loro lavoro avendo scadenze rigide e strette (72,4%); sostenendo un ritmo di lavoro elevato (81,9) e con un notevole impegno cognitivo (85,4%). Si tratta di valori elevati, che crescono anche fino al 90% tra quanti affermano di svolgere parte del proprio lavoro al di fuori dell’orario previsto. Più in particolare, lo studio rivela che tra chi svolge spesso lavoro fuori orario circa la metà afferma di lavorare sempre con scadenze rigide e strette nel 45% dei casi, di sostenere un ritmo elevato di lavoro nel 56,2% dei casi e di svolgere mansioni complesse che richiedono un notevole impegno cognitivo nel 54,3% dei casi.
Lo stesso vale anche per lo svolgimento di un notevole impegno fisico durante il lavoro e l’assunzione di responsabilità maggiori rispetto alle mansioni previste. Gli aspetti ritenuti problematici rispetto alle proprie condizioni di lavoro indicati dagli intervistati riguardano in primo luogo la carenza di personale (77,3%), seguito da un ambiente fisico poco adeguato (60%). Risultano molto diffusi, anche se meno dei precedenti, anche la carenza di strumenti e materiali di lavoro (56,7%) e la difficoltà a conciliare la vita lavorativa con la vita privata e famigliare (43,5%).
L’elemento relativo alla conciliazione suscita un particolare interesse per la specificità che assume rispetto ad alcune variabili descrittive, come il sesso, l’età e l’area geografica di provenienza, che determinano maggiori o minori possibilità di conciliazione. Dal 43,5% di media complessivo, infatti, si arriva al 46,5% nel caso delle lavoratrici; a valori superiori al 45% per chi ha più di 40 anni; a valori superiori al 47% nel caso di chi lavora nelle aree del Nord-Ovest e del Centro.
Il rischio di violenza e pressioni
Dall’indagine emerge chiaramente quanto i ritmi di lavoro costituiscano un problema sul quale gli intervistati hanno scarse possibilità di azione. Il 53,5% dei lavoratori e delle lavoratrici afferma di non poter mai scegliere o cambiare i metodi di lavoro. Il 26,5% afferma di non poter gestire le pause o i turni in base alle proprie esigenze e il 44,8% afferma di poterlo fare qualche volta. Nel caso dei consulenti postali, il principale elemento caratterizzante le condizioni di lavoro è la pressione dovuta a forme specifiche di eterodirezione, sia dirette che indirette. Su 1.024 rispondenti, 844 affermano di aver subito “pressioni” (82,4%) durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Mentre con riferimento allo strumento di valutazione, oltre il 60% dei rispondenti (1.037) afferma che si tratta di un dispositivo per nulla o pochissimo costruttivo.
Un contesto difficile che si traduce anche su un altro fenomeno che è quello della violenza. Complessivamente, 497 tra intervistati e intervistate dichiarano, infatti, di aver subito violenza nell’ultimo anno e si tratta del 47,2% dei 1.052 che hanno risposto alla domanda. Nella gran parte dei casi si è trattato di sola violenza verbale (488) a cui si aggiungono i più rari casi di violenza fisica (12). La gerarchia aziendale è un fattore decisivo nel determinare i casi di violenza. La metà dei rispondenti interessati, infatti, riconduce l’atto ad un superiore (50,7%), mentre poco più di un caso su tre adduce la responsabilità ai clienti (38,5%). Meno diffuse, infine, le occasioni che hanno visto l’atto di violenza mosso da colleghi (9,2%) o da rapinatori (1,7%). Si deve comunque tenere conto del fatto che nel corso della propria carriera il 21,4% degli intervistati e delle intervistate è stato vittima di rapina.
Alle difficoltà psicologiche dovute a violenza e pressioni, devono aggiungersi quelle derivanti dalle condizioni ergonomiche di svolgimento del lavoro. Nel 59,5% dei casi le postazioni sono considerate non adeguatamente comode, nel 57,6% poco pratiche; nel 53,7% con un microclima inadeguato, troppo distanti dalle stampanti e fotocopiatrici (50,5%) e poco pulite (50,2%). Per la maggior parte dei rispondenti, comunque, risultano adeguatamente sicure (60,1%); adeguatamente illuminate (72,7%) e con una risoluzione del monitor abbastanza adeguata (66%). Una quota significativa di intervistati dichiara assumere farmaci un maniera costante e regolare (41,3%). I 436 intervistati che affermano di ricorrere regolarmente all’utilizzo di farmaci hanno indicato, in totale, 502 tra medicinali e principi attivi.
I farmaci più diffusi sono quelli cardiologici (32,9%), assunti regolarmente dal 41,6% degli intervistati. Seguono i farmaci per l’assunzione di ormoni (20,7%) e, terzi per diffusione, gli psicofarmaci (14,7%), assunti regolarmente dal 18,6% degli intervistati. Con riferimento agli psicofarmaci è opportuno notare che 34 dei 64 rispondenti in terapia è sottoposta a ritmi molto intensi di lavoro. Mediamente, i consulenti postali intervistati soffrono di 2,7 patologie ciascuno, quelle più diffuse sono quelle oculistiche (che interessano il 58,2% del campione) e di natura muscolo scheletriche (40,8%). Confrontando le diverse patologie per la loro presenza attuale e pregressa, emerge come i problemi alla vista e quelli muscolo-scheletrici siano quelli più strutturali, con una forte incidenza sia nel passato che nel presente. Sono in pochi, infatti, relativamente alla diffusione di quanti affermano di soffrirne attualmente, a considerare conclusa la loro esperienza patologica.
A confermare la stretta correlazione tra lavoro ed entrambe patologie sofferte, c'è un altro dato. Una quota importante dei rispondenti afferma che dopo un periodo di riposo dal lavoro, scompaiono i sintomi della malattia: fenomeno che interessa quasi la metà dei rispondenti nel caso dei disturbi muscolo-scheletrici (41,4%). Percentuale più bassa invece per quanti lamentano malattie oculistiche, il cui recupero è sentito soltanto dal 24,6%.
"L'indagine ha ricevuto un'ottima risposta da parte dei lavoratori, che ringraziamo", così Nicola Di Ceglie, segretario nazionale Slc Cgil commenta i risultati."Emerge chiaramente un quadro clinico che, oltre ad evidenziare patologie muscolo scheletriche, è dovuto alla mancata ergonomicità delle postazioni così come si evidenzia lo stress dovuto a pressioni commerciali". C'è "forte preoccupazione: su questi temi avvieremo un confronto con l'azienda", conclude Di Ceglie.