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È un lungo viaggio nel mondo del lavoro quello di Frida Nacinovich. Cominciato nel 2012 – quando Frida, giornalista professionista, collaboratrice de il manifesto e, ancor più a lungo, della Liberazione di Sandro Curzi, ha realizzato e diretto il settimanale telematico L’officina del lavoro –, il viaggio continua ancora oggi, pubblicando i suoi colloqui-intervista con delegate e delegati Cgil nel periodico Sinistra Sindacale.
Un viaggio – per sua precisa volontà – per dare voce alle donne e agli uomini che costituiscono il nerbo della Cgil e delle sue categorie nei posti di lavoro. Quelle delegate e delegati – Rsa, Rsu, Rls – di piccole e medie aziende, del lavoro pubblico, del commercio come dell’industria, dei campi come delle banche, italiani e migranti, stabili e (sempre più) precari, che raccontano storie tanto diverse, da un capo all’altro della penisola e nelle isole maggiori, ma indissolubilmente legate da alcuni fili comuni.
Tutti importanti, tutti segnati da una forte impronta valoriale: dall’amore per il lavoro, pur nei tempi della grande crisi e nelle difficoltà economiche e personali, all’orgoglio di essere soggetto fondamentale della società, del Paese, dell’azienda stessa, avendo chiaro al contempo di essere e rappresentare una “parte”, al senso di appartenenza al sindacato e alla Cgil – nelle sue varie categorie –, che si può anche criticare, ma della quale si ha forte la condivisione dei valori fondanti e della militanza al servizio dei lavoratori.
Un centinaio di questi racconti, in presa diretta verrebbe da dire, sono ora raccolti nel bel volume Con parole loro. L’amore per il lavoro nella tempesta del postfordismo, Ediesse (pp. 260, euro 15). Voci operaie raccolte in cinque anni (dal 2013 al 2018), un arco di tempo brevemente descritto nelle sue essenziali vicende sociali e politiche in apertura di ciascun blocco di storie. Da impeccabile professionista e, allo stesso tempo, testimone curiosa ed empatica della condizione di lavoratrici e lavoratori, Nacinovich restituisce, per ciascuno degli intervistati, un racconto vivo, preciso, caldo, “militante”. Dando modo a ciascuna delegata e a ciascun delegato di raccontare la propria storia lavorativa personale, come storia corale, nell’ambito di una vertenza, di una crisi, di una lotta.
Senza la minima pretesa di esaustività, la raccolta di 100 storie sindacali costituisce, tuttavia, uno spaccato probabilmente ineguagliato degli anni del “secondo picco” della crisi. Anni per buona parte contrassegnati – nella scena politica e mediatica mainstream – dalla narrazione (soprattutto renziana, ma non solo) di un’Italia “ripartita” e “in crescita”. Mentre il corpo vivo della società, a partire da una classe lavoratrice impoverita e attaccata nei suoi diritti fondamentali, faticava sempre più per mantenere il posto di lavoro o arrivare alla fine del mese.
Un libro che andrebbe letto dalla classe politica vecchia e “nuova”, ma anche da tanti sindacalisti che, certo, hanno un rapporto quotidiano con i lavoratori e le situazioni di crisi e di resistenza, ma rischiano a volte di non cogliere molte delle “verità” che le storie raccontate con “parole loro” fanno emergere. Un quadro in bianco e nero, fatto forse più di ombre che di luci. Ma dal quale affiorano con forza grande dignità, senso del collettivo e dell’attaccamento all’organizzazione, impegno quotidiano, “ottimismo della volontà”. La base materiale e ideale della tenuta sociale della Cgil, ma, a ben guardare, della stessa tenuta democratica del nostro Paese.
In Con parole loro, l’autrice racconta una Cgil e un mondo del lavoro ignorati dai più. Il racconto di una classe lavoratrice profondamente diversificata come formazione culturale e professionale, per condizioni, per salari, per prospettive, ma unita dalla comune aspirazione a essere “classe”, a partire dalla valorizzazione del lavoro. Non a caso Sergio Cofferati, nel presentare il libro, ha scritto: “Il protagonista principale come vedrete è il lavoro”, mentre Curzio Maltese, nella prefazione, definisce quella di Frida “un’inchiesta” sulla condizione del lavoro.