Proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori del Coime a Palermo, circa 980, che ancora aspettano il riallineamento dei livelli contributivi. I sindacati degli edili di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno chiesto al Comune e alla Prefettura l'avvio della procedura di raffreddamento in vista di un possibile sciopero. “A questi lavoratori viene applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro del 2010. Si trovano in una condizione paradossale: la retribuzione di un lavoratore edile dipendente del comune di Palermo è nettamente più bassa di un qualsiasi altro edile della provincia di Palermo”, affermano i segretari provinciali di Feneal, Filca e Fillea Ignazio Baudo, Paolo D'Anca e Francesco Piastra.
Il problema, mai risolto, ma sollevato dai sindacati già nel 2015, riguarda il riallineamento in busta paga, adeguamenti previdenziali e l'accordo per l'aumento dei buoni pasto. Da anni i fari sono accesi sul mancato adeguamento economico al contratto nazionale degli operai del Coime. La vertenza nasce a causa del blocco degli aumenti contrattuali previsti dal decreto Brunetta. Con sentenza della Corte Costituzionale del 2015, è stata riconosciuta l'incostituzionalità della sospensione degli aumenti retributivi.
“Tale pronunciamento della Corte Costituzionale ha determinato le legittime aspettative dei lavoratori per l'adeguamento retributivo, con decorrenza dall'entrata in vigore della sentenza – aggiungono i tre segretari – I sindacati hanno dovuto prendere atto invece di una bizzarra interpretazione della sentenza da parte dell'apparato burocratico dell'amministrazione comunale, malgrado le nostre ripetute rivendicazioni e il richiamo a una più corretta valutazione della norma”.
Questo ha inasprito il rapporto con i lavoratori. Nel marzo scorso il sindaco Leoluca Orlando aveva dato ampie rassicurazioni sulla ormai prossima soluzione del caso, legata all'approvazione del bilancio di previsione 2018/2020. I sindacati hanno invitato l'amministrazione comunale più volte a procedere all'immediato adeguamento delle retribuzioni. Ma ciò non è avvenuto. A questo ha fatto seguito un tentativo di composizione bonaria della vertenza presso l'Ispettorato provinciale del Lavoro, dove i sindacati hanno chiesto con forza l'applicazione del contratto nazionale nel frattempo approvato nel settembre 2018, che ha ridefinito i minimi salariali. Tentativo che non ha portato a nulla. A luglio era riesplosa la protesta. Adesso i lavoratori sono di nuovo sul piede di guerra.