PHOTO
Mercoledì scorso la Camera ha approvato in via definitiva la riforma del Codice antimafia, con 259 voti a favore e 107 contrari. “Un risultato significativo per la democrazia del nostro paese”, secondo Susanna Camusso. Anche perché frutto di un dibattito approfondito nato dall'iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”, promossa tra gli altri anche dalla Cgil. “È un grande successo, perché finalmente si riesce a fornire gran parte di quegli strumenti da tempo invocati per far sì che il contrasto alle mafie e alla corruzione possa davvero essere esigibile nel nostro paese in termini legislativi”. Lo ha detto il segretario confederale di Corso d'Italia Giuseppa Massafra, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.
“È anche un successo per tutte quelle realtà che hanno fortemente creduto a questo risultato – ha continuato –. Sono passati ormai 5 anni dall'inizio di quella raccolta firme per una legge di iniziativa popolare, che fu un'intuizione importante della nostra organizzazione. Ci fu poi il coinvolgimento di tante altre associazioni e organizzazioni proprio sul tema di come conservare i diritti ai lavoratori impegnati nelle aziende confiscate alla criminalità organizzata. Ma anche sul tema del riconoscimento di quelle certezze una volta che i patrimoni venivano riconsegnati alla collettività. Era un vulnus dal punto di vista gestionale e procedurale. Oggi, invece, grazie anche al lavoro che la commissione antimafia ha fatto in questi anni, possiamo dire che abbiamo una legge”.
Il punto più controverso della norma approvata ieri è l'articolo 1, che estende il sequestro e la confisca dei beni anche a coloro che si macchiano di reati di corruzione, e quindi prima che il giudizio passi in giudicato. “È un fatto inedito, un fondamentale cambio di paradigma nella cultura giuridica – afferma ancora Massafra –. In sostanza, viene riconosciuto il fatto che la corruzione è un fenomeno animato, e che anima, il potere criminale. La corruzione, infatti, è lo strumento attraverso il quale le mafie hanno costruito il proprio radicamento nei territori e condizionato le scelte politiche. Questa correlazione ci dice che la corruzione deve essere trattata esattamente come un fenomeno mafioso. È la presa di coscienza di come le mafie stanno cambiando la propria impostazione: sempre meno coppola e lupara, sempre più finanza e sistemi economici”.
Perché il nuovo Codice antimafia dispieghi appieno tutte le proprie potenzialità, però, serve che “le istituzioni, locali e nazionali e i soggetti che hanno la responsabilità di governare questi processi siano in linea con la filosofia della riforma”. “Ora – conclude Massafra – abbiamo un'impalcatura più solida per far funzionare le procedure. Quando andavamo nelle aziende confiscate incontravamo la disperazione di lavoratori che, loro malgrado, si ritrovavano coinvolti in una situazione paradossale. L'obiettivo è dunque continuare a produrre nella società civile, con un livello di consapevolezza che ci metta nelle condizioni di poter governare questi fenomeni. Avere la certezza dell'applicazione delle norme appena varate permetterà allo stato di riaffermare la propria supremazia su tutto ciò che invece tende a mortificare e a bloccare il paese”.