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La riforma del Codice Antimafia è passata oggi (6 luglio) al Senato con 129 sì, 56 no e 30 astenuti. Il testo, definito “strategico” per la maggioranza dal capogruppo Pd Luigi Zanda ora però dovrà tornare alla Camera, dove probabilmente subirà ulteriori modifiche. La riforma ha iniziato il suo percorso cinque anni fa, quando Cgil Libera, Avviso Pubblico, Arci, Centro Studi Pio La Torre, Sos impresa e Acli hanno raccolto le firme per la legge di iniziativa popolare ‘Io Riattivo il Lavoro’.
Quello del Senato, in ogni caso, è un via libera carico di incognite. L'incertezza maggiore è legata ai tempi dell'esame a Montecitorio, dove dovranno essere introdotte le modifiche richieste dagli esperti e annunciate dalla maggioranza, relative alla parte del provvedimento che ammette la possibilità dei sequestri preventivi e delle confische dei beni non solo ai mafiosi, ma anche agli accusati di reati contro la Pubblica amministrazione.
“Ci saremmo aspettati dalla politica maggiore coraggio, coerenza e rigore – ha commentato il segretario confederale della Cgil Giuseppe Massafra -. Tuttavia, consapevoli degli attacchi sferrati in queste ore dentro e fuori il Parlamento che hanno messo a rischio l’approvazione del testo, giudichiamo i contenuti della riforma un passo importante che va nella giusta direzione”.
Per il dirigente sindacale “aver esteso ai corrotti, seppure relativamente ai reati commessi in associazione, le misure di prevenzione previste per i mafiosi, significa riconoscere la stretta connessione tra mafia e corruzione. Un avanzamento utile per provare a contrastare con maggiore efficacia il fenomeno corruttivo, che come ha rilevato oggi il Presidente dell'Anac Cantone, è in continua ascesa e mina alla radice le prospettive dell'Italia”.
“Il provvedimento inoltre - aggiunge Massafra - consolida il quadro normativo sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati, riducendo posizioni di rendita che, invece di riconsegnarli alla collettività, li portavano al fallimento”.
“Rispetto al testo uscito dalla Camera vi è qualche arretramento - sottolinea - ad esempio l’operatività territoriale nella gestione dei beni, ma se c'è la volontà si può recuperare nella fase di applicazione della legge. La formalizzazione di due sedi dell’Agenzia, quella centrale a Roma e l'altra secondaria a Reggio Calabria, non impedisce che in fase di attuazione organizzativa l'ANBSC decida di mantenere un articolato presidio territoriale. Come ci dice la legge Rognoni-La Torre e come ci insegna l'esperienza maturata in questi anni, parliamo di un caposaldo fondamentale per togliere alle mafie quel controllo sociale del territorio di cui si fanno forti”.
Secondo il segretario confederale della Cgil quindi “c'è ancora molta strada da fare, ma adesso abbiamo uno strumento legislativo più forte che può fare la differenza”. “In ogni caso è tempo di mettere un punto fermo e di approvare alla Camera in via definitiva questa riforma attesa da cinque anni”.