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Domani, 12 dicembre, tutte le categorie degli operatori della sanità pubblica e privata convenzionata incroceranno le braccia per lo sciopero del comparto. È un momento particolarmente difficile per la sanità in Italia, un momento che culmina con il primo sciopero generale unitario dopo moltissimo tempo. “Viviamo una crisi frutto degli effetti della legge Brunetta, che ha provocato un'emarginazione progressiva dei ruoli professionali nell'organizzazione del lavoro, e del blocco contrattuale, che subiamo da ormai 8 anni. Questo combinato disposto ha provocato una progressiva demotivazione in tutti gli operatori, che è l'elemento più dannoso per l'intero sistema sanitario nazionale”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è il neosegretario generale della Funzione pubblica medici della Cgil Andrea Filippi.
“Fondamentalmente, scioperiamo proprio in difesa del Servizio sanitario nazionale, alla luce del progressivo definanziamento del Fondo sanitario nazionale che c'è stato in questi ultimi anni – continua Filippi –. In questa legge di bilancio, invece, il Fondo non viene toccato. Questo fatto potrebbe essere visto come una buona notizia, dopo tanti anni di tagli, ma in realtà i tagli vengono messi sul fronte delle spese delle regioni. Inoltre, il previsto aumento di un miliardo sul Fondo sanitario, in realtà, è stato ridotto a 400 milioni di euro. Le regioni dovranno quindi affrontare un aumento delle spese per il pay back farmaceutico. È evidente che nella legge di bilancio non c'è nessuna strategia complessiva per affrontare la crisi della sanità in Italia”.
Inoltre, nel documento di economia e finanza e nella sua variazione, approvati tra la primavera e l'autunno di quest'anno, si legge che da qui al 2020 si prevede una riduzione della percentuale di Pil destinata al Servizio sanitario nazionale, che scende sotto la soglia del 6,5%. Secondo l'Oms, sotto questo tetto si mette a rischio la salute pubblica di un paese. “Ma tutto ciò – afferma ancora il sindacalista – non è dovuto a inefficienza o alla crisi economica. Noi crediamo che sia il frutto di una strategia programmata ormai da diverso tempo, che ha come obiettivo la mortificazione della Sanità pubblica. Non è un caso che si registri un aumento costante della spesa privata, che in Italia è organizzata solo in forme sostitutive. Ormai il 10% della spesa sanitaria esce direttamente dalle tasche dei cittadini. Questa operazione va di pari passo con la progressiva delegittimazione dei ruoli, sia economica sia professionale, degli operatori”.
Il sindacato, quindi, non può fare a meno di “ribellarsi con forza”. “È questo che stiamo tentando di fare con lo sciopero – afferma Filippi –. La nostra non è una protesta corporativa, ma serve a difendere il Servizio sanitario nazionale, come bene comune. Perché quello che è in gioco, ora, è il diritto costituzionale alla salute, che rischia di non essere più garantito. Sono già circa 11 milioni i cittadini italiani che non sono più in grado di accedere alle cure a causa dei famosi superticket”.
In queste ore, all'Aran, si stanno anche tenendo i tavoli per i rinnovi dei contratti dei comparti del lavoro pubblico. “Ma – conclude il segretario generale della Fp Cgil medici – in realtà non c'è traccia del tavolo di trattativa per la dirigenza. Questo è un altro punto fondamentale per cui scioperiamo. L'atto di indirizzo per avviare le trattative non è ancora arrivato. Crediamo che questo sia determinato dalla mancanza del finanziamento per il rinnovo contrattuale. Il problema è che in questo momento è in atto uno scaricabarile fra regione e governo. La cosa più preoccupante, però, è che stanno facendo credere alla gente che rinnovare il contratto significherà ridurre i soldi per il finanziamento dei nuovi Lea. È il solito modo di far ricadere sui dipendenti pubblici responsabilità che invece sono tutte del governo”.