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“Un confronto con Regione ed Eni per fare il punto sui contenuti del protocollo, in via di definizione, sullo sviluppo della chimica verde a Porto Torres”. A sollecitarlo sono i segretari della Cgil Sardegna Michele Carrus e della Filctem regionale Giacomo Migheli, con una lettera inviata al presidente della Regione Pigliaru, all'assessore all'Industria Piras e all'amministratore delegato di Eni De Scalzi, I segretari, che hanno preso visione della bozza in discussione, ritengono di essere “ancora lontani dal poter condividere il testo proposto, che appare, tutt’al più, un semplice paradigma preliminare a un confronto”.
Sono pertanto diverse le proposte integrative avanzate dalla Cgil e anticipate nella lettera, in attesa di poter approfondire tutte le questioni connesse nel tavolo richiesto. “Siamo da subito disponibili a un confronto costruttivo con tutti i soggetti coinvolti”, scrivono Carrus e Migheli, aggiungendo che “è auspicabile procedere così, piuttosto che con incontri soltanto parziali e separati, anche allo scopo di accelerare, in un clima di relazioni proficue, l’avvio degli investimenti”.
Cgil e Filctem Sardegna, anzitutto, non ritengono appropriato definirlo un “accordo modificativo”, dato che viene rivisto complessivamente il testo del 2011. “Giudichiamo opportuno, invece, stipulare un vero e proprio Accordo di programma, non tanto per cambiarne il titolo, ma l’impostazione stessa della bozza, che appare troppo generica e poco chiara rispetto ai contenuti concreti (tipologia delle produzioni, consistenza degli impianti, livelli di investimento e di occupazione, coerenza dei crono-programmi, strumenti di verifica), mentre menziona in modo indefinito una nuova ‘terza fase’ degli investimenti, che pur è positivamente prevista”.
Oltre a questo il sindacato giudica “incongruente il rinvio di 15 mesi dell’aggiornamento del piano industriale che modifica quello sottoscritto nel 2011, soprattutto perché non viene spiegato quali siano gli investimenti necessari per consolidare le fasi 1 e 2 (quali sarebbero in dettaglio gli interventi da compiere sugli impianti esistenti che si pongono come propedeutici a quelli futuri) e quali siano quelli individuati per avviare la fase 3, quasi che non se ne abbia ancora una chiara idea e un obiettivo”.
La Cgil ricorda che gli impianti già realizzati, progettati in via sperimentale, hanno subito diverse modifiche, e che attualmente marciano in misura limitata rispetto alla loro capacità produttiva, necessitando di ulteriori investimenti per aumentarne la produzione. “Riteniamo - si legge ancora nella lettera - che sia importante anche decidere come aumentarla, per verticalizzare e completare la filiera produttiva della chimica verde”.
Pertanto si sollecita la chiusura del ciclo produttivo del MaterBi a Porto Torres, “realizzando in loco un impianto di bio-poliestere che utilizza come materia prima l’acido azelaico prodotto appunto a Porto Torres”. Attualmente il bio-poliestere viene prodotto a Terni, con l’acido azelaico importato da Porto Torres: “Dal momento che è già prevista nella fase 3 del Protocollo la realizzazione di un impianto di MaterBi , assume valore strategico la realizzazione di un impianto di bio-poliestere a Porto Torres (senza doverlo reimportare da Terni per produrre qui il MaterBi), verticalizzando e completando così la filiera produttiva industriale, alla quale potrebbero aggiungersi con vantaggi competitivi le attività manifatturiere secondarie e derivate”. Nella bozza appare invece dettagliata e circostanziata la parte sulle fonti energetiche rinnovabili, più legata al Progetto Italia e agli interessi di Eni: “È senz’altro interessante - scrivono Carrus e Migheli - ma costituisce una novità e un’altra cosa rispetto agli impegni industriali sulla chimica verde, dai quali deve essere disgiunta”.
Non viene poi indicato come s’intende investire la differenza di oltre 200 milioni di euro tra le risorse finanziarie destinate in origine alla centrale a biomasse (230 milioni) e quelle ora previste per realizzare la caldaia a metano (13 milioni), mentre è chiaro che si computano in conto investimenti effettuati i disavanzi di gestione rilevati nel periodo scorso (circa 70 milioni). Per quanto riguarda l'impatto occupazionale, la bozza fa riferimento, a regime, a 120 unità dirette "ma senza precisare in quale contesto e in quali tempi saranno disponibili, mentre appaiono generici gli impegni per la valorizzazione della manodopera e delle imprese locali".