“La mia mamma aveva solo due mesi quando è morto suo padre, dirigente sindacale, ammazzato dalla mafia a Camporeale. Ha vissuto col rammarico di non averlo mai conosciuto”. Così dice Sonia Grechi, nipote di Calogero Cangelosi, già segretario della Camera del lavoro di Camporeale, di cui domani ricorre il 68° anniversario della sua scomparsa. La nipote di 47 anni, dirigente Filcams a Grosseto, per la prima volta parteciperà assieme alla sua famiglia, alla commemorazione che la Cgil ha organizzato per domani a Camporeale.
Il programma prevede, alle ore 10, la deposizione di fiori al cimitero e un ricordo del segretario Cgil Palermo, Enzo Campo. Alle 10,30, un'iniziativa presso la sala consiliare, con la testimonianza di Grechi. Introduce il dibattito, Dino Paternostro, del dipartimento Legalità Cgil Palermo. Poi i saluti del sindaco, i contributi degli alunni delle elementari e medie dell'Istituto comprensivo di Camporeale, e le conclusioni del segretario Fillea Palermo, Francesco Piastra. Alle 12.30, deposizione di una corona di fiori in piazza Calogero Cangelosi.
“La vera motivazione della morte di mio nonno l'ho saputa solo quando ero già grande, quando una volta con la nonna abbiamo sfogliato le foto dell'album di famiglia e c'erano quelle del funerale – aggiunge Grechi –. Per la nonna, che si arrangiava con tanti lavoretti, era difficile crescere quattro figli. Così, dopo dodici anni dalla morte di suo marito, preferì anche lei, per motivi di lavoro, lasciare la Sicilia e trasferirsi a Grosseto, dove c'erano già altri parenti di mio nonno”.
Il dirigente sindacale aveva 41 anni, quando fu ucciso dalla mafia. Da tempo, nel mirino dei latifondisti del paese, cui dava fastidio per le sue battaglie di civiltà dalla parte dei contadini poveri, il 1° aprile 1948 Cangelosi fu assassinato alle 10 di sera, mentre tornava a casa dopo una riunione alla Camera del lavoro, in cui si era discusso della conquista delle terre, dell’applicazione dei decreti Gullo sulla divisione del grano ai contadini, e della concessione alle cooperative contadine delle terre incolte. Quattro sindacalisti si offrirono di 'scortare' il segretario, ma sulla strada di casa, tra via Minghetti e via Perosi, dove Cangelosi abitava con la moglie Francesca Serafino e i quattro figli, la più piccola di 2 mesi e il più grande 11 anni, decine di colpi sparati coi mitra ad altezza d’uomo si abbatterono sul gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangelosi cadde per terra, morendo all’istante. Anche Vincenzo Liotta e Vito Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, gli altri due, Giacomo Calandra e Calogero Natoli. Non fu mai bandito alcun processo. Nonostante tutti sapessero che a dare l’ordine di morte era stato il proprietario terriero 'don' Serafino Sciortino, di cui Cangelosi era il mezzadro, e che a sparare erano stati il capomafia Vanni Sacco e i suoi 'picciotti', si procedette contro 'ignoti'.
Cangelosi rientra nell'elenco dei trentasei militanti e dirigenti sindacali della Cgil, uccisi tra il ‘45 e il ‘66, che il sindacato ha deciso di ricordare nel suo calendario della memoria. “Nel ’48, con l’escalation dell'uccisione, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, dei nostri tre dirigenti Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, si conclude la reazione contro le frange più organizzate del movimento contadino nella Sicilia occidentale – dichiara Campo –. Per la Cgil, l’antimafia ha origini antiche, risale al movimento contadino dei fasci siciliani e al periodo successivo, alla storia di quei pionieri come Cangelosi che, sapendo di essere nel mirino e completamente indifesi, si sono battuti fino all'ultimo per portare avanti gli ideali dei contadini e della gente comune, rimettendoci la pelle”. "Uomini come Cangelosi – aggiunge Paternostro –, ci hanno indicato lo sviluppo nella legalità e nella giustizia sociale, come obiettivo da perseguire attraverso lo strumento della cooperazione. Ed è quello che stanno facendo le cooperative che lavorano sui terreni confiscati alla mafia". Nella piazza intestata a Cangelosi, la Fillea propone di realizzare un busto, utilizzando gli edili iscritti alla Cgil.
“Il ricordo di un sindacalista, morto per l'emancipazione dei contadini, deve servire da monito per le giovani generazioni, in un momento in cui le condizioni di sviluppo in Sicilia sono frenate sia dalla corruzione che dallo strapotere delle istituzioni economiche e finanziarie, che hanno asservito la condizione dei lavoratori alle esigenze di mercato, generando forme di sfruttamento e di diseguaglianze tra i lavoratori – osserva Piastra –. Oggi occorre rilanciare una nuova stagione di lotta e di battaglie per ripristinare i nostri valori costituzionali, a partire dal diritto al lavoro, che non viene applicato, soprattutto nel settore dell'edilizia, dove si va avanti con tanti disoccupati e lavoratori spesso in nero”.