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“Appaiono alquanto strumentali le grida di allarme che le maggiori associazioni di impresa, tra cui Federmeccanica, Confcommercio, Federalberghi e Confesercenti stanno lanciando in questi giorni sugli impatti che il decreto dignità potrebbe avere sul rinnovo dei contratti a termine”. È quanto dichiara la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti.
Le conseguenze di tale normativa non devono certamente essere sottovalutate, poiché, spiega Scacchetti, "specie con l’introduzione delle causali solo dal dodicesimo mese di lavoro si rischia di alimentare il turn over, soprattutto per le mansioni più fungibili, e ridurre ancor di più la durata dei contratti a termine”.
Innanzitutto, per la segretaria confederale “servono modifiche alle norme varate. Serve avviare una grande campagna di stabilizzazione dei lavoratori a termine, che spesso da anni vivono la precarietà. Serve - aggiunge - affidare alla contrattazione lo spazio di intervento possibile a garantire percorsi di stabilizzazione e al contempo gestire le ricadute immediate del decreto”.
Ad esempio, servirebbe “stabilire contrattualmente durate differenti rispetto ai 24 mesi per i lavori a termine” e “pur in presenza di una norma che non assegna alla contrattazione capacità di interventi modificativi o integrativi sulle causali, va affermata la possibilità, tramite accordi, di definire quest’ultime in base alle differenti condizioni di attività, così da ridurre i contenziosi dei singoli lavoratori”.
La dirigente sindacale sottolinea poi come sia “necessario ragionare responsabilmente di stagionalità, così come è auspicabile che parti datoriali e sindacali favoriscano l’utilizzo del part-time verticale. Uno strumento contrattuale che potrebbe rispondere alla flessibilità nei cicli di produzione, ma che andrebbe incentivato garantendo a tali lavoratori il diritto alla Naspi e alla contribuzione figurativa nei periodi di non lavoro, che ad oggi però non sono riconosciuti”. In conclusione, Scacchetti aggiunge: “Incrementare il lavoro stabile deve tornare ad essere un obiettivo contrattualmente condiviso, così come la regolazione della flessibilità necessaria”.
ARCHIVIO Più propaganda che dignità