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"Il mio nome è Alessandro, ho 19 anni, vivo a Cosenza e faccio parte della Rete degli studenti medi. In tanti saremo a Roma il 25 ottobre con la Cgil a far sentire la nostra voce contro la politica del governo Renzi, che pensa solo a tagliare i diritti dei lavoratori e non fa nulla per i giovani come me". "Mi chiamo Emanuela, 39 anni, e lavoro in un call center a Locri, dopo aver fatto ogni genere di attività precaria e saltuaria, incluso un periodo al nero. Con la cancellazione dell'articolo 4 dello Statuto, l'azienda potrà controllarmi a distanza, e se vuole, anche licenziarmi". "Sono Stefano, 37 anni, dal 2012 sono disoccupato, dopo aver operato per anni al porto di Gioia Tauro. Amo la mia terra, ma quando sarà finita la cassa integrazione sarò costretto ad andarmene, perchè non c'è più lavoro e formazione e riqualificazione professionale sono assenti in questo paese". Sono alcune delle storie di lavoratori e studenti calabresi, raccolte in un video proiettato stamattina a Cosenza, in occasione dell'assemblea dei quadri e delegati della Cgil Calabria e della Cgil Lombardia, in vista della manifestazione nazionale della Cgil a Roma il 25 ottobre a piazza San Giovanni.
Un'iniziativa finalizzata alla riunificazione del mondo del lavoro, "all'insegna del noi, opposto all'io di Renzi", che si è aperta con un corteo per le strade del centro storico ed è confluita poi nella sala dell'Auditorium del Palazzo del governo della città calabrese. Il Nord chiama il Sud, dunque, perchè in fondo, da un capo all'altro della penisola i problemi del mondo del lavoro sono gli stessi, e si chiamano disoccupazione, precarietà, povertà, assenza di diritte e tutele. Sono drammatici in Calabria, "una vera e propria bomba sociale – per usare le parole di Michele Gravano, segretario generale della Cgil regionale –, con numeri che fanno rabbrividire: 30.000 lavoratori in mobilità, 55% di disoccupazione giovanile, mentre quella complessiva ha oltrepassato il 20". "E i provvedimenti del governo non fanno che peggiorare le cose – ha ricordato Brunella Sorbano, della Cgil regionale –. L'eliminazione dell'articolo 18 acuisce le divisioni all'interno del mondo del lavoro tra garantiti e precari, quando al contrario c'è bisogno di unire non solo i lavoratori, ma tutto il Paese, superando le diseguaglianze sociali e la deindustrializzazione diffusa, assai presenti nel Mezzogiorno".
Ma parimenti critica è la situazione in Lombardia, dove la disoccupazione è pressoché raddoppiata in pochi anni (dal 4,5% del 2006 all'8,6 attuale), con la cig che batte record mese dopo mese, con l'80% di contratti precari, con il Pil da tempo fermo allo zero. "Per questo – ha sottolineato Elena Lattuada, segretario regionale Cgil –, c'è bisogno di ricostruire il Paese, mettendo insieme lavoratori, pensionati, giovani, disoccupati, e il 25 ottobre vedrà proprio uniti nella lotta Nord e Sud, sulla falsariga di quanto avvenne nel Dopoguerra. Perchè non c'è un pezzo di Paese che vale di più o di meno, non ci sono cittadini di serie A o B, ma esistono i bisogni delle persone che si chiamano lavoro, diritti, uguaglianza, solidarietà, redditi da redistribuire, cui quotidianamente ogni sede Cgil cerca di dare risposta o aiuto". In sofferenza, ormai, è persino la ricca Brianza, secondo Maurizio Laini, segretario della Cgil territoriale: "Oggi un lavoratore su tre ha problemi occupazionali, e perde colpi anche il manifatturiero high tech, dove ormai i licenziamenti non si contano più. I redditi medi del nostro territorio sono diventati da call center e con quelli non si sopravvive certo alla crisi".
E anche in tema di illegalità e inflitrazione mafiosa, il quadro non cambia, anzi, per certi versi gli appalti di Expo 2105 hanno superato in peggio i lavori della Salerno–Reggio Calabria, come ha ricordato Marco Di Girolamo, segretario della Fillea lombarda: "La penetrazione della n'drangheta nella nostra regione è dovuta soprattutto agli imprenditori locali che si rivolgono per primi alla mafia: come ha detto Ilda Boccassini, il loro tasso di omertà non ha eguali in Italia. Mentre l'Expo ha già battuto il record delle interdittive: 50 in due anni, compreso il provvedimento che riguarda la società organizzatrice del centro per la sicurezza dell'evento. Per questo, una nuova legge sugli appalti è più che mai indispensabile". Una legge, come ha ricordato nelle sue conclusioni Susanna Camusso, che assicuri innanzitutto trasparenza e legalità, vietando il ricorso al massimo ribasso, che penalizza in primo luogo i lavoratori, e alle varianti in corso d'opera, che fanno lievitare i prezzi. "Sarebbe una straordinaria tutela contro il lavoro povero – ha sottolineato la leader Cgil – e una straordinaria leva per combattere la criminalità organizzata".
Sempre sul terreno della legalità, Cgil Lombardia e Cgil Calabria da anni operano assieme nel contrasto alla corruzione, assai presente in entrambe le regioni. Le due organizzazioni sindacali hanno anche avviato una mobilitazione per bonificare i comuni mafiosi. "E pensiamo anche a un'apposita legge per la nascita di imprese cooperative – ha precisato Gravano – che possano gestire i beni confiscati alle mafie e alle imprese criminali, in continuità con le nostre iniziative dei campi della legalità, condotte a Polistena, Reggio Calabria, Riace e Crotone, dove abbiamo cementato un impegno civile tra i giovani del Nord e quelli del Sud". Tra le proposte lanciate alle assise di Cosenza, c'è poi quella di una norma che vieta il capolarato in agricoltura e in tutti i settori dell'economia, sulla falsariga di quanto hanno già fatto le regioni Puglia e Lazio. Contemporaneamente, per il numero uno della Cgil Calabria, "c'è bisogno di ripristinare al più presto quanto Renzi ha inopinatamente tolto o bloccato: il ministero per la Coesione territoriale e l'Agenzia per il Sud, entrambi utili per lo sviluppo del nostro territorio".
Fausto Durante, responsabile Cgil del Segretariato Europa, ha anch'egli sottolineato l'importanza di un'iniziativa come quella di oggi, che ha messo insieme due regioni così distanti, ma con problemi comuni. "E per risolverli, è necessario che l'Europa cambi politiche, non più improntate all'austerità e al rigore, ma agli investimenti e allo sviluppo. Renzi si ispira al modello tedesco? Bene, allora lo segua fino in fondo: in Germania, quando un lavoratore di un call center guadagna 400-500 euro, è il governo che ci mette il resto per poter arrivare almeno a mille, e quando un'azienda vuole licenziare un lavoratore, deve prima discuterne con il sindacato attarverso i comitati di sorveglianza presenti nelle imprese. In realtà, Renzi è come la Thatcher, visto che in vent'anni di presidenza Ue è l'unico a non aver ancora incontrato la Ces, sulla falsariga di quanto fece all'epoca l'ex lady di ferro. E la manovra da 36 miliardi appena varata, con meno tasse e meno spesa, è la stessa sciagurata strada che seguì Reagan".
Una legge di Stabilità, lo ha evidenziato Camusso, tutta sbilanciata sugli imprenditori. "Sulla via di Damasco Renzi si è rivolto a Confindustria, dopo aver detto in precedenza di voler cambiare verso alla politica a favore dei giovani precari. A noi va bene un governo che si occupa di politica industriale, che sappia che il tema della mancanza di investimenti è una delle ragioni della crisi. Va bene anche ridurre tasse come l'Irap, se tutto ciò avesse dei vincoli: nuovi posti di lavoro, rinnovo dei contratti, stabilizzazione del lavoro precario, stop alla delocalizzazione delle imprese. E vorremmo un po' di giustizia fiscale, perchè dire genericamente abbassiamo le tasse non è un'operazione equa. Anche perchè chi si è arricchito in questi anni, paga meno di un lavoratore dipendente. Non si guarda a chi sta peggio e se non partiamo dal creare lavoro, noi una prospettiva a questo paese non la diamo! E siamo sicuri che i tagli previsti per gli enti locali e per le regioni non abbiamo come ricaduta la riduzione dei servizi alle persone? Se si taglia l'Irap che va nella spesa sanitaria, si metteranno poi i ticket e magari qualcuno non avrà più l'assistenza necessaria".
"Perchè, al contrario – si è chiesta il segretario generale Cgil –, non tassare quell'1% di italiani che detengono la maggior parte della ricchezza del paese, con una tassa su grandi rendite e patrimoni? Perchè non tassare quelle, e con le risorse ricavate mettere in sicurezza il territorio dal dissesto idrogeologico, le scuole, il grande patrimonio naturale, archeologico e artistico del Paese? Insomma, c'è bisogno di un riequlibrio a favore dei lavoratori e delle famiglie, che si chiedono se i loro figli troveranno mai un lavoro o se avranno un'indennità in caso di licenziamento: noi stiamo dalla loro parte, di chi è in difficoltà e di chi soffre, fino alle soglie della povertà, come lo sono tanti precari, che non hanno alcuna certezza. E lo saremo anche dopo il 25 ottobre, perchè la nostra stagione di mobilitazione è solo all'inizio ed è destinata a continuare. È finita la stagione delle chiacchiere, comincia quella della coerenza tra quello che si dice e quello che si fa".