“Gli indicatori economici ci dicono che cresce il Pil, crescono i fatturati delle imprese, cresce l’occupazione. Di contro, aumenta l’area del disagio, del rischio povertà, i giovani continuano a emigrare. Allora il tema centrale, per la Cgil, è quello della qualità del lavoro, dello sviluppo e dei suoi effetti redistributivi. Siamo preoccupati per la tenuta sociale nella nostra regione, perché ascoltiamo eccessiva enfasi da parte della politica, rispetto a qualche zero virgola in più nelle statistiche”. Questa, la cornice della riflessione proposta dal segretario generale Cgil Puglia, Pino Gesmundo, nel corso della ormai tradizionale conferenza stampa d'inizio anno, tenutasi a Bari presso la sede del sindacato.
“Buona occupazione contro disuguaglianze e povertà crescenti”, il titolo scelto, “per evidenziare un dato purtroppo diffuso, quello di una crescita senza lavoro, o meglio, cresce l’occupazione, ma crolla la sua qualità. È tutto lavoro precario, instabile, malpagato, spesso ricattato e sfruttato. Se è questa la strada per uscire dalla crisi, rilanciare i consumi, dare risposte ai giovani, siamo molto preoccupati. Uno scenario che richiama scelte di politica nazionale, ma anche responsabilità a livello regionale, ad esempio su come si stanno utilizzando le risorse comunitarie, o in che modo il pubblico si attrezza per dare risposte al disagio - pensiamo alle politiche sociali e sanitarie -, o ancora come s'indirizzano gli incentivi alle imprese. Perché è evidente che c’è un problema di qualità della domanda di lavoro e quindi del nostro sistema imprenditoriale, con la maggior parte dell’occupazione che si concentra nel settore dei servizi a scarsa produttività, e un tessuto di piccole e medie imprese spesso poco vocate e strutturate per l’innovazione”, ha proseguito il sindacalista.
Disoccupazione giovanile al 50%, aumentata di 19 punti in un decennio
Tutti aspetti che i numeri, una loro lettura solo quantitativa, non riescono a rappresentare. Nella base dati, prodotta dalla Cgil, quel +27,6% nel complesso delle assunzioni nei primi dieci mesi del 2017, in confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, “va per forza letto affiancando il +24,1% delle cessazioni, del lavoro che si è perso. Soprattutto nella lettura analitica emerge come, a fronte di 69.000 assunzioni a tempo indeterminato, le cessazioni sono 81.000. Quel che aumenta è il tempo determinato, gli apprendisti, il lavoro stagionale. Tutte le forme di lavoro precario, intermittente, spesso povero e non garantito”, denuncia Gesmundo. Se il tasso di disoccupazione complessivo è del 18,76% rispetto all’11,86% del 2008, quel che preoccupa il sindacato è la condizione giovanile. “Rispetto al periodo pre-crisi, i giovani che lavorano in Puglia sono 134.000 in meno. Non per forza posti di lavoro persi, ma da un lato, s'invecchia e si esce dalle fasce statistiche di riferimento, di contro, non c’è turn over. Ciò spiega quel quasi 50% di tasso di disoccupazione under 24, aumentato di 19 punti in dieci anni. Questo spiega i ventimila trentenni emigrati dal 2008 dalla Puglia, e un giovane su tre che evidentemente ha perso la speranza dell’occupazione e non studia, non è in formazione, non cerca lavoro”, ha sottolineato il dirigente sindacale.
Sempre più poveri, sempre più vecchi e con una sanità che non funziona
Proprio sulla condizione dei giovani sarà incentrata l’assemblea pubblica che la Cgil ha organizzato, per il 18 gennaio, con Susanna Camusso all’università di Bari, sul tema “Giovani, formazione e buona occupazione”. Perché il rischio che corre la Puglia, al pari di altre regioni del Mezzogiorno, è quello di una desertificazione sociale, che già emerge dal progressivo invecchiamento della popolazione anziana: gli over 65 erano il 42,7% nel 2013, oggi sono il 44,1 del totale dei cittadini pugliesi. Pensionati che vivono in Puglia con una pensione media di 670 euro. Precariato, lavoro e pensioni povere, “che trascinano l’indice di povertà al 21,9%, mentre il rischio di esclusione sociale riguarda quasi un cittadino su due, e sono quasi duecentomila i minori in grave condizione di deprivazione materiale”. Ecco l’importanza delle risposte pubbliche in materia di tutele sociali e della salute. “Ma sulla sanità le criticità restano ancora numerose: dalle liste di attese insostenibili che favoriscono la mobilità passiva alla carenza di personale, dal piano di riordino alla medicina territoriale. Se su tali aspetti non si accelera la fase della risposta e risoluzione delle emergenze, siamo pronti a mettere in campo una mobilitazione”, ha annunciato il leader della Cgil pugliese.
Fondi per infrastrutture: se verranno spesi, ci sarà lavoro per 20.000 persone
Regione che finisce nel mirino anche per i ritardi relativi alla spesa dei fondi strutturali, “gli unici a disposizione per investimenti e interventi, perché il decreto Sud è più uno spot, con risorse spalmate su un arco di tempo così lungo che non servono a dare quelle risposte urgenti di cui abbiamo bisogno”. Del programma operativo Fesr-Fse, a fronte di una dotazione di 7 miliardi per la Puglia, “vi è un impegno di 3,5 miliardi, ma solo 150 milioni di spesa certificata. Peggio va per il Piano di sviluppo rurale, dove, a fronte di una dotazione di 1,7 miliardi, la spesa certificata ammonta a 90 milioni: significa risorse che non si investono, ad esempio per infrastrutture sociali ed economiche, che migliorerebbero la qualità della vita dei cittadini, che creerebbero condizioni di maggior attrattività per investimenti, e assieme genererebbero nuova occupazione”. Per ferrovie, strade, porti, acquedotti, edifici pubblici, sviluppo urbano, prevenzione rischio idrogeologico e sismico, bonifica e sanità territoriale, le risorse disponibili ammontano a 3,6 miliardi. Se cantierizzate, tutte queste opere darebbero vita a opportunità lavorative per 20.000 persone. E invece la spesa è ferma a 121 milioni”.
La Cgil punta il dito anche contro le imprese e il ruolo passivo che eserciterebbero sulle dinamiche di sviluppo. “Bankitalia dice che aumentano i profitti, ma non gli investimenti. Però sulle imprese piovono incentivi e sgravi dal livello nazionale a quello regionale. In Puglia, solo per i contratti di programma, l’agevolazione pubblica ammonta a 300 milioni, significa che per ognuno dei mille posti di lavoro creati la Regione ci ha messo 300.000 euro. Non poco, per gli effetti di crescita che determinano. Siamo perché si sostengano investimenti innovativi, che rafforzino le imprese presenti sul territorio, ma devono trasformarsi in lavoro qualificato, stabile, ben retribuito”.
Campagna elettorale: il presidente Emiliano governi senza alcuna distrazione
Temi e impegni per i quali la Cgil Puglia chiama a un confronto serrato la Regione e manda un messaggio al presidente Michele Emiliano: “Crediamo che il suo compito sia quello di svolgere il ruolo istituzionale per cui è stato eletto. Buona e scontata l’interlocuzione con il governo nazionale, ma la stessa non può giocarsi sul piano della contrapposizione per posizionamenti politici. Come sull’Ilva, dove insistiamo a chiedere una soluzione che emerga da un confronto e un riconoscimento del ruolo del territorio, non attraverso i tribunali. Dove però non possiamo assistere ogni giorno al rilancio della palla in avanti, com'è avvenuto con l’ipotesi d'ingresso nella cordata di Aqp. Un asset importante della Puglia, che già vive le sue problematiche. A questo gioco non ci stiamo, si trovi una soluzione per i lavoratori e per i cittadini di Taranto, a tutela dell’occupazione e della salute”. Se un anno fa, il giudizio della Cgil sull’amministrazione regionale fu quello di “una giunta senza anima – conclude Gesmundo –, a distanza di un anno possiamo aggiungere che è un governo della regione confuso. Si ritrovi la bussola, si torni al dialogo con tutte le componenti sociali, si svolga in pieno il ruolo di guida e controllo. Il nostro territorio, i suoi cittadini, non possono permettersi distrazioni, risorse perse, tempi e modi di una campagna elettorale quasi perenne, nella quale la Cgil, come sempre, valuterà il merito delle proposte senza farsi tirare la giacca da nessuno”.