Forte risposta dell’Emilia Romagna alla giornata di lotta promossa dalla Cgil: circa 50.000 i partecipanti nel complesso delle undici manifestazioni organizzate per oggi, 20.000 a Bologna.

Particolarmente riusciti i cortei, a partire da quello bolognese, che si è ingrossato sfilando da piazza Maggiore nel cuore della città sotto luoghi simbolici come il provveditorato agli studi e l’Università di piazza Verdi, dove si sono aggregati centinaia di studenti. Molto riusciti anche i cortei di Ravenna (dove ha parlato la segretaria nazionale Cgil Susanna Camusso), Parma e Forlì.
Le altre camere del lavoro hanno riempito le piazze con modalità diverse, dai presidi alle grandi assemblee, come a Reggio Emilia (dove è intervenuto il leader della Fiom nazionale Gianni Rinaldini), Modena (ha concluso il segretario generale Cgil Emilia Romagna Danilo Barbi), Parma, Rimini, Piacenza, Ferrara, Cesena, Imola. Ma ovunque il clima era allegro e combattivo, bandiere, striscioni, musica e migliaia di giovani; ovunque si è dato spazio alle tante voci di lavoratori, disoccupati, precari, immigrati, insegnanti e genitori, pensionati, che hanno rappresentato con grande efficacia e semplicità le molte ragioni della protesta che la Cgil oppone alle scelte del governo.

“Dalle piazze dell’Emilia Romagna – commenta il segretario generale Cgil regionale Danilo Barbi – è venuto oggi un importante contributo all’iniziativa di lotta nazionale, una protesta forte contro le misure del governo, che rispecchia il disagio diffuso nei luoghi di lavoro e nella società. Anche nella nostra regione. Perché le ricadute delle misure previste dal governo di centro destra sono pesantissime in Emilia Romagna, dove storicamente stato sociale, sanità, istruzione, sono più consolidati che in altre aree del paese. Questo sistema di welfare è fortemente a rischio sotto la scure dei tagli che si abbatte in tutti i campi: in tre anni avremo 7000 posti in meno nella scuola, di cui 5000 insegnanti, di fronte a una crescita di 30.000 alunni; alla sanità mancheranno 500 milioni di euro mentre gli enti locali sconteranno un buco di almeno 600 milioni. Un attacco intollerabile al sistema pubblico, con gravi ripercussioni sulla condizione di vita soprattutto delle fasce più deboli. Su questo fronte come sui temi del lavoro, della difesa del potere d’acquisto di salari e pensioni, dello sviluppo, bisogna aprire un percorso di più lungo periodo e dare continuità alla mobilitazione di oggi.”
(M.G.)