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"Segnaliamo la necessità di confermare il carattere volontario e reversibile dell'accordo che prevede il lavoro agile" e questo venga regolato attraverso la contrattazione. Lo ha detto oggi (10 gennaio) il segretario confederale della Cgil, Tania Scacchetti, in audizione alla Commissione Lavoro della Camera, illustrando la posizione del sindacato sulle norme contenute nel Jobs Act degli autonomi, che prevedono riorganizzazione delle attività lavorative mediante il ricorso alle nuove tecnologie.
Nella loro stesura, ha spiegato Scacchetti, i provvedimenti devono contenere "il riconoscimento di diritti specifici, quali ad esempio il diritto alla disconnessione", insieme alla protezione dei dati che lo riguardano e alla tutela della riservatezza. Occorre inoltre "il divieto di potere di controllo e disciplinare unilaterale da parte del datore di lavoro, vietando l'utilizzo di apparecchiature e dispositivi" per controllare il dipendente.
In una nota di Corso Italia, diffusa al termine dell'audizione, il sindacato chiarisce ulteriormente: sulla parte del lavoro autonomo "esprimiamo anzitutto una contrarietà rispetto al metodo utilizzato che, valutando necessarie tutele specifiche per i lavoratori autonomi, continua nella logica della frammentazione del mercato del lavoro, caratteristica che incide negativamente sulle condizioni del lavoro, oltre che per noi inadeguata ad affrontare le complessità. La Cgil ha infatti depositato la proposta di legge di iniziativa popolare ‘Carta dei Diritti Universali del lavoro’ che propone una visione unitaria dei diritti in capo alle persone che lavorano".
Nel merito, pur comprendendo che il testo risponde a questioni proposte nel tempo dai lavoratori autonomi, professionisti e freelance, prosegue, "ci pare siano assenti misure che tutelino la parte più debole di questo mondo, tra cui in maniera non esaustiva citiamo: il sostegno al reddito per periodi di crisi, la previsione di compensi minimi (in relazione ai costi contrattuali previsti dai contratti nazionali per i lavoratori subordinati corrispondenti), i diritti sindacali". In particolare alcuni articoli, segnatamente il 5 (atti pubblici rimessi alle professioni ordinistiche), il 6 ( sicurezza e protezione sociale delle materie ordinistiche), e soprattutto il 10 (semplificazione normativa su salute e sicurezza degli studi professionali) "assegnano deleghe al governo troppo ampie e su materie altamente delicate, quali ad esempio la salute e sicurezza, materie per le quali andranno valutati per esprimere compiutamente un giudizio i contenuti di un percorso che dovrà vedere necessariamente il coinvolgimento delle parti sociali".
La Cgil sottolinea poi "che il decreto non prevede la necessaria forma scritta del contratto, che è espressa nel testo in modo ambiguo e troppo blando con la formula 'Si considera abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta', che dovrebbe essere introdotto nel capitolo malattia il tema della contribuzione figurativa e che all’art 13 l’estinzione del rapporto di lavoro possa determinarsi non per il venire meno dell’interesse del committente, ma per il venire meno dell’oggetto della prestazione".
Nel capitolo sul lavoro agile, la Confederazione valuta positivamente la riconduzione al lavoro subordinato, ritenendo che questa disciplina "non possa che riconoscere e sostenere la centralità della contrattazione collettiva, nazionale aziendale e territoriale, unica strada per rispondere a caratteristiche differenti per contesti settoriali, territoriali aziendali (come peraltro dimostrano le differenti esperienze che si stanno acculando sia in alcuni accordi aziendali che con rinnovi di contratti nazionali)". Nella normativa proposta è però ancora irrisolto il tema, delicatissimo, della salute e sicurezza dei lavoratori "su cui pare opportuno un riferimento all'Inail sia per la tutela obbligatoria sia per normare i nuovi fattori di rischio afferenti a questa tipologia di lavoro".
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