«Il problema dei posti di lavoro a rischio per Oss ed educatori esiste da tempo e la Cgil lo ha sollevato più volte nel corso degli ultimi tre anni. Siamo stati tra i primi, inoltre, a esprimere dubbi sulla legge regionale 9/2016, finita ora nel “mirino” del Governo per alcuni punti di contrasto con le competenze nazionali». È quanto scrivono, in una nota congiunta, la responsabile welfare della Cgil Friuli Venezia Giulia, Orietta Olivo, e la segretaria della Funzione pubblica regionale, Mafalda Ferletti, intervenendo su una questione che coinvolge oltre mille lavoratori del terzo settore.
«Pur convenendo sulla necessità d'intervenire per regolamentare il comparto – spiegano i due dirigenti sindacali –, avevamo infatti posto più volte all’assessorato il problema della dequalificazione degli educatori, 'retrocessi' ad animatori, e dei molti operatori socio-sanitari che rischiano il posto, in quanto privi dei titoli richiesti. Per gli stessi motivi, abbiamo manifestato sotto il Consiglio regionale in occasione delle variazioni di bilancio, chiedendo anche un incontro con i capigruppo, ma senza ottenere da parte delle forze politiche, con una sola eccezione, l’attenzione che la questione avrebbe meritato. Siamo lieti che a sollevare la questione siano oggi anche i datori di lavoro, che dal 2006 in poi, cooperative sociali comprese, hanno continuato ad assumere senza porsi il problema della qualifica e della formazione dei lavoratori».
La Cgil ha fatto anche proposte concrete, spiegano ancora Olivo e Ferletti. «La prima, in sede di armonizzazione della legge con la normativa nazionale, punta a salvaguaredare il posto e l’inquadramento contrattuale degli educatori (oltre 300, n.d.r.) che potrebbero perdere il lavoro perché privi delle qualifiche richieste o in caso di cambio d’appalto. La seconda non richiede un intervento in sede legislativa, ma punta ad accelerare i corsi di formazione per il rilascio del titolo di Oss, in modo di garantire la conservazione del posto ai tantissimi lavoratori che rischiano di perderlo di qui al 30 giugno 2019». Due misure, sottolinea il sindacato, che non rispondono soltanto a obiettivi di tutela occupazionale, ma anche a «garantire gli attuali standard nei servizio erogati ai cittadini, senza ridimensionamenti dovuti all’assenza di personale».