Parte questa settimana anche in Basilicata la nuova fase di mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil su scala nazionale per riaffermare la centralità della crescita economica e sociale del Paese, la risoluzione delle molteplici crisi aziendali, lo sblocco dei cantieri e delle infrastrutture, la grande priorità di un nuovo sviluppo del Mezzogiorno. Insieme, i grandi temi del rinnovo dei contratti pubblici e privati, con la richiesta di assunzioni nella pubblica amministrazione, nella sanità, nei comparti dell'istruzione, università e ricerca, oltre alla stabilizzazione del precariato. Senza dimenticare la riaffermazione dello stato sociale, della rivalutazione delle pensioni, della riforma fiscale e della legge sulla non autosufficienza, che ha visto i nostri pensionati lucani presidiare davanti alle prefetture di Potenza e Matera. Iniziative, attivi, assemblee, presìdi nei luoghi di lavoro e nel territorio si svolgeranno fino al 18 dicembre, con un primo appuntamento unitario in Basilicata davanti ai luoghi di lavoro il 13 dicembre.
La vertenza nazionale si colloca nel solco già tracciato da Cgil, Cisl e Uil Basilicata con il partecipato e straordinario attivo unitario del 18 ottobre, quando è stato presentato il ‘Manifesto per il lavoro’ e ‘Basilicata 2030’, che ricolloca Regione e Mezzogiorno al centro dell’agenda politica nazionale. Per i confederali la manovra, pur riorientando e rafforzando gli interventi per il Sud, si limita solo a riallocare risorse già destinate, a volte riducendole (come il cofinanziamento nazionale dei fondi europei). I sindacati chiedono di rendere immediatamente operativa la clausola del 34%, monitorandone l’effettiva applicazione e il rafforzamento delle risorse da destinare a investimenti in infrastrutture sociali.
Secondo i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Basilicata, Angelo Summa, Enrico Gambardella e Carmine Vaccaro, occorre “aprire una vertenzialità nel Mezzogiorno, che ha perso una sua rappresentanza nello scenario politico attuale. In Basilicata i dati sull’occupazione sono tornati ai livelli pieni della crisi, uno dei dati peggiori del Mezzogiorno, emblema di tutte le criticità che il Sud vive tra spopolamento e lavoro povero, che stride con una narrazione politica del governo regionale, completamente esterna alle politiche programmatiche della Regione. Il Sud è fondamentale per il destino dell'Italia intera. Ma perché ciò accada occorre fare in modo che gli investimenti al Mezzogiorno possano moltiplicarsi, partendo dalla salvaguardia del Mediterraneo, promuovendo una crescita sostenibile in termini economici, sociali e culturali in tutta l’area, sia nelle regioni del sud Europa che in quelle del nord Africa. Sviluppare e gestire un piano condiviso di utilizzo delle energie alternative, migliorare le infrastrutture stradali e ferroviarie, porti, interporti e aeroporti; istituire zone economiche speciali per creare nuove opportunità di sviluppo attraverso una rete immateriale per i servizi alle persone e alle imprese; sviluppare la filiera agro-alimentare e seguire i mercati di consumo”.
“Bisogna garantire una politica di sviluppo che possa poggiare su un ampio consenso sociale – affermano i tre dirigenti sindacali –, che sia anche garante della tutela della legalità e della lotta alla corruzione. Uno sviluppo basato su una progettualità strategica, in cui le infrastrutture e la logistica sono centrali. C’è bisogno delle infrastrutture per la ricerca, di un piano per la logistica, per il turismo, per la diffusione del digitale, per la manifattura di qualità. Ciò significa industria intelligente, biotecnologie, patrimonio culturale, manifatture speciali, tutela delle eccellenze industriali esistenti. Occorre saper usare i fondi strutturali europei, liberando le risorse bloccate per progetti mai realizzati. Pil pro capite, condizioni di vita, diritti sociali, libertà civili, dicono che il Mezzogiorno rimane arretrato rispetto all’Europa. La mobilitazione è una battaglia sociale e culturale, che deve sortire una spinta forte affinché nel Mezzogiorno si aprano nuove prospettive, si crei nuova occupazione, specie quella femminile e giovanile, si innovi irrobustendo il tessuto produttivo dei territori”.
In definitiva, per i leader di Cgil, Cisl e Uil Basilicata, “bisogna aprire nel Mezzogiorno una chiara vertenzialità su sanità, sostenibilità e sviluppo. Partendo dal documento che unitariamente abbiamo presentato un mese fa, ‘il Manifesto per il lavoro’ e ‘la Basilicata 2030’, bisogna costruire una piattaforma sul dopo petrolio, sui tanti progetti e obiettivi di avanzamento produttivo e sociale, tra cui il consolidamento della Zes Jonica e la continuità della carica progettuale di Matera 2019. Sono questi i temi che già hanno connotato l’azione sindacale, ai quali bisogna dare continuità. C’è bisogno di confronto, ricercando accordi e intese a tutto campo con istituzioni e forze sociali. C’è bisogno di partecipazione per spostare l’azione politica verso gli interessi del territorio. Serve un progetto per la regione da qui ai prossimi anni, avendo come orizzonte l’Europa, la riprogrammazione dei fondi comunitari e soprattutto una risposta che tenga insieme i bisogni delle persone con l’esigenza di sviluppo di lungo periodo”.