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Oggi (15 febbraio) il Parlamento europeo ha dato parere favorevole al Ceta (l’accordo di libero scambio tra Europa e Canada), con 408 voti favorevoli, 254 contrari e 33 astenuti. L’intesa, il cui negoziato è cominciato nel 2009, si è sviluppata all’ombra del Ttip (l’intesa commerciale tra Usa e Ue), messo ora definitivamente nel cassetto dal neopresidente americano Donald Trump. Molto accese le proteste degli oppositori all’accordo fuori dalla sede di Strasburgo, dove decine di manifestanti hanno provato a bloccare l’accesso alla struttura.
Tra i soggetti contrari alla ratifica c’è anche la Cgil che, tramite una lettera firmata dal segretario generale, Susanna Camusso, aveva chiesto ai parlamentari europei di votare no. “Sostanzialmente per tre ordini di ragioni – ha ammonito stamattina ai microfoni di ‘Italia parla’, la rubrica di RadioArticolo1, Fausto Durante, responsabile politiche internazionali della confederazione –: la prima riguarda il possibile impatto dell’accordo commerciale sulla nostra agricoltura, sulla qualità dei cibi, sulla salubrità del processo che porta sulle nostre tavole prodotti canadesi. In Europa abbiamo degli standard innegabilmente più avanzati, più rispettosi dei diritti alla salute e al principio di precauzione, che non esistono nel mondo americano e canadese”.
“La seconda questione concerne le eccellenze dei nostri prodotti alimentari. In Italia abbiamo centinaia di marchi Doc, Dop, Igp, Igt, e solo sette di questi sono stati riconosciuti dal Ceta. Ciò vuol dire che sui grandi prodotti dell’industria alimentare italiana – ma questo vale anche per altri Paesi, come Francia, Germania, Spagna, che hanno puntato sulla qualità del cibo e dei vini – avremo un impatto molto negativo”, ha precisato il sindacalista.
“Terzo motivo di contrarietà al Ceta riguarda la filosofia con cui tali trattati vengono contrattati da parte dell’Unione: siamo di fronte a una negoziazione spesso non trasparente, in cui non è chiaro qual è il mandato, non è chiaro l’ambito negoziale, non sono chiare le prerogative, né, a volte, anche gli stessi nomi, le stessa identità dei negoziatori da parte dell’Unione; e questo chiama in causa il principio di democrazia, trasparenza e partecipazione diretta dei cittadini a tale processo, che interessa non solo gli scambi commerciali, ma anche la salute e la vita delle persone”, ha rimarcato l’esponente Cgil.
“Oltretutto, tale accordo contiene una clausola di protezione degli investimenti da parte delle multinazionali contro gli Stati, un tribunale speciale per le imprese non accessibile ai governi e ai cittadini. Noi consideriamo tutto questo un ulteriore favore agli imprenditori, in una fase in cui il potere che essi hanno verso i cittadini e gli Stati è già troppo grande”, ha concluso il dirigente sindacale.