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Con 419 voti contrari, 258 favorevoli e 22 astensioni il Parlamento europeo in sessione plenaria ha respinto la mozione, presentata da numerosi parlamentari, che richiedeva un parere preventivo della Corte di giustizia europea sulla legittimità del Sistema della Corte per gli investimenti (Ics), contenuto nel trattato commerciale Ue-Canada (Ceta) prima del voto di ratifica da parte del Parlamento stesso.
La Cgil, insieme con Cisl e Uil, aveva richiesto ai parlamentari europei italiani di votare a favore di questa mozione, condividendo con la Ces numerose preoccupazioni relative all'Ics. "L'Ics offrirebbe agli investitori stranieri un tribunale speciale privato per reclamare il loro diritto al profitto contro le misure adottate da singoli stati o dall'Ue - spiegano Fausto Durante, coordinatore area politiche europee e internazionali della Cgil, e Giacomo Barbieri, responsabile per il commercio internazionale della stessa confederazione -, un'opportunità peraltro non disponibile né per i lavoratori, né per altri importanti rappresentanze di interessi sociali, né per gli investitori nazionali, e un pesante disincentivo alla regolamentazione da parte dei governi, potenzialmente minacciati dal ricorso all'Ics da parte di imprese multinazionali".
"Si creerebbe in tal modo un sistema legale e giurisdizionale parallelo, assolutamente non necessario nel contesto del Ceta, in quanto sia il Canada che i paesi membri dell'Unione europea sono provvisti di sistemi legali nazionali avanzati, democratici e indipendenti – proseguono Durante e Barbieri –. Con il Ceta l'Unione introdurrebbe per la prima volta in un accordo commerciale europeo questo sistema di una corte per gli investimenti, che la Commissione ha intenzione di includere anche in molti altri futuri accordi commerciali, i cui negoziati sono in corso".
La Cgil ritiene particolarmente grave "che il Parlamento europeo, compresi molti parlamentari italiani, in particolare la totalità del gruppo popolare e del gruppo conservatore e la maggioranza di quello dei socialisti e democratici, abbia respinto una richiesta di trasparenza e di legittimità su un tema sul quale più di 3 milioni di lavoratori e di cittadini europei hanno espresso preoccupazione e contrarietà".
Dire no a questa richiesta alimenta, per i due sindacalisti, "la sfiducia nella politica e nella sua capacità di stabilire regole eque, democratiche, trasparenti e socialmente sostenibili alla globalizzazione dell'economia e degli scambi e a garantire il pieno diritto dei governi, a tutti i livelli, a promuovere i diritti dei cittadini, dei lavoratori, dei consumatori e dell'ambiente anche attraverso servizi pubblici universali, accessibili e garantiti a tutti i cittadini: un sì invece sarebbe bastato per promuovere il cambiamento nella direzione del progresso sociale e della promozione dei diritti umani".