“Il nuovo piano industriale si pone quale principale obiettivo quello di ridurre il salario, peggiorare le condizioni di lavoro e abbandonare parte dei dipendenti”. Una prospettiva inaccettabile per Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs Uil, che hanno indetto per oggi (mercoledì 26 settembre) lo sciopero nazionale dei 5 mila dipendenti della Unicoop Tirreno (cooperativa di consumatori del sistema Coop, presente in Toscana, Lazio, Umbria e Campania con oltre 110 punti vendita), in concomitanza con l’incontro del “tavolo di crisi” convocato a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico (appuntamento alle ore 12.30 in via Molise). Previsti presìdi a Roma (davanti alla sede del dicastero), a Livorno (centro commerciale Parco Levante) e a Piombino-Vignale Riotorto (Livorno), sede centrale della cooperativa, in cui già martedì 25 si è tenuto un sit-in che ha bloccato la riunione del Consiglio di amministrazione.

Nell’ultimo incontro con governo e azienda, avvenuto il 5 settembre scorso, i sindacati hanno comunicato “la propria indisponibilità a condividere il disconoscimento e la disapplicazione della contrattazione integrativa, vigente dal 2006, comprensiva dell’accordo del 9 maggio 2017, che ha alla base un patto tra le parti di salvaguardia occupazionale”. I sindacati hanno anche precisato di essere disponibili al confronto sulla possibile revisione delle attuali intese, ma questa dovrà “poggiare sulla salvaguardia del perimetro occupazionale e la piena applicazione degli accordi in essere, fino a nuovo accordo”.

Entrando nel merito del nuovo piano industriale, Filcams, Fisascat e UIltucs stigmatizzano anzitutto l’annunciata cessione di otto punti vendita del Sud del Lazio (due a Pomezia, e poi a Fiuggi, Velletri, Aprilia, Genzano, Colleferro e Frosinone), nei quali sono occupati complessivamente circa 270 dipendenti (inquadrati in Distribuzione Lazio Umbria, controllata da Unicoop Tirreno). Ad acquisire i punti vendita, secondo indiscrezioni sempre più insistenti, dovrebbe essere la Conad (tramite la società Pac 2000), per altro storica concorrente dell’Unicoop.

Altro tema di scontro è il superamento della contrattazione integrativa (che porterebbe a un taglio netto in busta paga, secondo l’anzianità e la qualifica, da 200 a 350 euro) e del patto occupazionale siglato nel 2017, con ulteriori flessibilità dell’organizzazione del lavoro e inevitabili ripercussioni sul taglio delle ore lavorate e delle retribuzioni.

Filcams, Fisascat e UIltucs denunciano anche i diversi tentativi avviati da Unicoop Tirreno di cedere in franchising dei negozi, tentativi “che hanno solo prodotto contenziosi legali”, e di terziarizzare i reparti pescheria, danneggiando “l’immagine della cooperativa e facendo perdere i clienti”. I sindacati disapprovano, in particolare, anche la “folle ristrutturazione del supermercato di Colleferro, trasformato in Ipercoop”, nonché il più generale “abbandono del territorio e la scarsa capacità imprenditoriale che viene scaricata tutta sui lavoratori”.

Alessio Di Labio, Vincenzo Dell’Orefice e Paolo Andreani (segretari di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs Uil) affermano che “la stretta sul lavoro non può essere in alcun modo condivisa. Le misure individuate da Unicoop Tirreno per il risanamento aziendale, oltre che inique, perché colpiscono unicamente il costo del lavoro, sono del tutto sproporzionate e decontestualizzate, tenuto anche conto che la direzione della cooperativa nulla ha riferito per intervenire su altre componenti dei costi di struttura”. Per i dirigenti sindacali, dunque, è “evidente la volontà del sistema Coop di attuare un programma di disinvestimenti della rete vendita nel Lazio e in Campania”.

Sulla vicenda interviene anche la Filcams Cgil della Toscana. “Unicoop Tirreno ha deciso di abbandonare 270 lavoratrici e lavoratori”, commenta la segretaria generale Cinzia Bernardini: “Una decisione drastica che si aggiunge ai tanti errori degli ultimi anni, più volte denunciati dalle organizzazioni sindacali: dal franchising, al tentativo di terziarizzare i reparti pescheria, nonché alla sbagliata ristrutturazione di alcuni supermercati”. In Toscana Unicoop Tirreno conta 58 punti vendita, con circa 2.400 dipendenti: “Temiamo anche per il loro futuro, vista la situazione generale della cooperativa, tanto più che Unicoop ha spiegato che esistono altri 18 punti vendita ‘critici’, senza dire quali sono e cosa vuol farne”.

La Filcams Toscana rimarca che “la Unicoop Tirreno, per far fronte alla chiusura di bilancio negativa, sceglie una via ‘facile’, che dismette negozi e dipendenti e toglie diritti economici e normativi. Situazione che invece richiederebbe affidabilità, trasparenza e condivisione nei comportamenti e nelle azioni”. La cooperativa, conclude la nota sindacale, “ultimamente ha parlato di ridiscutere insieme ai sindacati l’integrativo, ma un conto sono le parole, un conto i fatti. Le soluzioni vanno trovate insieme, anche quando gli obiettivi sono difficili da raggiungere, senza togliere salario e senza dividere le persone che rischiano il posto di lavoro. Cooperazione significa condivisione, ci domandiamo se Unicoop Tirreno conosce ancora il significato di questa parola”.