“Le Marche, dalle certezze del passato alle incognite del futuro”: è questo il titolo dell’iniziativa promossa dalla Cgil Marche e dall’Ires, che si è svolto oggi (24 novembre) presso l’Auditorium della Mole Vanvitelliana (An). Tanti gli interventi, tra cui quello del governatore Luca Ceriscioli, il rettore della Politecnica delle Marche, Sauro Longhi, il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli, il direttore generale Ubi Banca Popolare di Ancona, Bruno Tartaglia, il segretario Cisl Marche, Stefano Mastrovincenzo, il segretario Uil Marche, Graziano Fioretti e Otello Gregorini, rappresentante delle associazioni artigiane Marche.
L’iniziativa è presieduta dal segretario generale Cgil Marche, Roberto Ghiselli mentre la relazione introduttiva è di Walter Cerfeda, presidente Ires Marche. Le conclusioni sono affidate a Susanna Camusso, segretario generale Cgil.
"La regione - ha detto Cerfeda nella sua relazione - si trova in uno dei passaggi più difficili della propria storia recente messa com’è al centro di un guado. Le cause sono strutturali ma anche legate alla crisi congiunturale del 2008. Questo significa che la produzione marchigiana, nel suo complesso, è ancora troppo piccola, troppo sottocapitalizzata, troppo incentrata sui settori tradizionali e, per questo, le Marche stanno peggio di altre regioni del Centro Nord".
I dati del 2014, a suo avviso, "sono impietosi: a fine 2014, il Pil regionale è leggermente calato, la produzione industriale è rimasta sostanzialmente stabile mentre quella nazionale mostra segni positivi, gli investimenti languono e il recente rapporto della Banca d’Italia ne prevede un calo del -2,5 nel 2015, l’export segna un +1,9 ma pesa, specie sul calzaturiero, sull’alimentare e sull’arredamento, il blocco verso la Russia legato alle sanzioni in corso. Secondo Infocamere, nel 2014 sono state attivate 570 procedure fallimentari con un +18,8 rispetto all’anno precedente; l’80% delle procedure riguardano società di capitali. Insomma, siamo in ristagno".
Cerfeda ha quindi proseguito: "Per uscire dalla crisi, occorre anzitutto sfruttare la tendenza positivo in atto, legata a vari fattori come l’andamento del prezzo del barile del petrolio, la politica monetaria della Bce, l’effetto sul cambio rispetto al dollaro. Ma è necessario andare oltre e cioè ricostruire il processo di accumulazione che si è spezzato, inquadrandolo dentro un progetto strategico di sviluppo. Un progetto che deve partire dalla necessità di collocarsi dentro una dimensione economica più ampia. Ed ecco allora, il valore della macroregione Adriatica-ionica, suddivisa oggi in quattro filoni avulsi da un progetto generale. Nulla da dire sui settori prescelti: la blue economy, le connessioni digitali, l’ambiente e l’attrattività territoriale e turistica. Ma per fare cosa? Con quale identità? La macroregione va nella giusta direzione ma sarebbe monca se anche in Italia non ruotassimo nella stessa direzione l’asse di sviluppo. Da noi è evidente che la collocazione coerente con la macroregione è quella dell’Italia di mezzo, a partire da quel blocco omogeneo di territori dato in particolare dal Centro-Alta Toscana, Umbria, Marche. Ma la regione non può comunque restare identica a se stessa: la correzione più profonda è quella di riconnettere i distretti con i territori in cui operano e cioè fare dei territori il luogo della produttività, fare squadra. Sono le istituzioni, a vari livelli, a dover assumere questo compito di aggregazione, definendo gli obiettivi da perseguire".
"Oggi - spiega ancora Cerfeda - bisogna muoversi in un quadro soprannazionale delle scelte industriali e perciò occorre inserirsi nel disegno della Ue con la Strategia 2020 e lungo le direttrici dei fondi Ue 2014-2020. Gli indirizzi per la crescita sono tre: promuovere uno sviluppo qualitativo,sostenibile e la volontà di assumere la coesione sociale come fattore di competitività. L’Italia di mezzo, per troppo tempo, è stata considerata terra di scorrimento, ora c’è bisogno dell’avvio di una nuova fase; il futuro della Marche non si gioca nell’ambito angusto dei confini territoriali ma se saprà dislocarsi in una dimensione di sviluppo più ampio e non esiste un futuro competitivo delle Marche al di fuori dell’Italia di mezzo da una parte e della macroregione adriatica-ionica, dall’altra. Ecco perché va rilanciato il progetto dell’Italia di mezzo e le Marche devono lanciare un patto di cooperazione per la competitività alle altre quattro regioni dell’Italia di mezzo con l’obiettivo di selezionare alcune priorità comuni su cui fare squadra nei confronti del governo sia nazionale sia europeo. Del resto, le risorse dei fondi strutturali rischiano di essere, per i prossimi anni, le uniche risorse aggiuntive", ha concluso.