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Alla fine è arrivata l'ufficialità. Con le firme di ieri (24 luglio) è definitiva la cessione di Aferpi dall'azienda algerina di Issad Rebrab, Cevital, al colosso indiano della siderurgia Jindal South West Steel, del magnate Sajjan Jindal. La chiusura del contratto arriva dopo l'accordo del maggio scorso, ma le cautele dei protagonisti avevano acceso nel corso dell'estate sospetti e polemiche per gli ennesimi ritardi e rinvii. In una vicenda, quella degli storici stabilimenti piombinesi, che sembrava non poter avere più un esito positivo.
“La firma è molto importante sia per il risultato del lavoro di questi mesi sia per le possibili prospettive per Piombino e il territorio – dichiara Mirco Rota, coordinatore Fiom per la siderurgia –. Questo risultato, anche se parziale, è dovuto alla caparbietà dei lavoratori ex Lucchini che hanno saputo gestire questa vertenza con molta convinzione e determinazione. Ci sono le basi affinché Piombino torni a produrre acciaio e possa tornare a essere un sito siderurgico importante, non solo sul piano nazionale. Al governo continueremo a chiedere non solo la garanzia degli ammortizzatori sociali per gestire questa fase, ma che continui a vigilare rispetto agli impegni assunti da Jindal”.
Impegni precisi, presenti nel piano industriale ufficializzato anch'esso nel pomeriggio di ieri. In base all’accordo Jindal s’impegna a produrre acciaio costruendo due forni elettrici, in un progetto a lungo termine da un miliardo e 50 milioni di euro, che richiederà attenzione e vigilanza da parte di sindacati e istituzioni. Inizialmente il piano prevede la riattivazione del treno di laminazione per rotaie, così da consentire all'azienda di partecipare al bando di gara della Rete ferroviaria italiana. L'attività di laminazione sarà alimentata da semilavorati importati dall'India.
A livello occupazionale questo comporta l'impiego di circa 450 posti di lavoro, che il piano Jindal prevede di alzare a 750 a inizio 2019 con il pieno riavvio anche dei laminatoi per barre e vergella. Quindi non ci sarà subito il reintegro dei 2.000 addetti attuali, ma questi verranno riassorbiti mano a mano che andrà avanti il piano di rilancio, tra demolizioni, bonifiche e l'allestimento della produzione di acciaio. Per questo saranno necessari gli strumenti di protezione sociale come la cassa integrazione, probabilmente a rotazione, su cui i sindacati hanno già annunciato di voler aprire tavoli di confronto per garantire il reddito di tutti i 2.000 addetti che passeranno da Cevital a JSW Steel.
Perché non verranno subito i nuovi forni, ma sono previsti 18 mesi per studiare e allestire un'acciaieria elettrica a cui seguirà il progetto di un nuovo treno di laminazione per prodotti piani, sui quali si punta per il definitivo rilancio dello stabilimento e il conseguente ritorno alla piena occupazione. Un progetto complesso e ambizioso, che alla fine del 2024 potrebbe portare gli stabilimenti ex Lucchini a produrre circa tre milioni di tonnellate di prodotti finiti. Inoltre, Jindal è molto interessato anche al porto di Piombino, per il quale ha annunciato presto un piano per avere le concessioni dalla Port Authority.
Sul piano ambientale, l’azienda s’impegna sulle demolizioni, ad allontanare le produzioni dal centro di Piombino e a fare i risanamenti ambientali. La Regione mantiene il ruolo di coordinamento del comitato esecutivo con il compito di monitorare e agevolare l’attuazione dell’accordo di programma. Inoltre le istituzioni, a fronte degli investimenti di Jindal, s’impegnano a sostenere con un contributo di 33 milioni del Mise in progetti di tutela ambientale e di risanamento; a questi si aggiungono 30 milioni della Regione Toscana per l’efficienza energetica e ambientale del ciclo produttivo e altri 30, sempre regionali, per progetti di ricerca e formazione. Oltre 90 milioni che stanno nel quadro dei contributi erogati in queste situazioni, cioè circa il 10% dell’investimento complessivo. Come garanzia dell'effettiva implementazione del piano industriale presentato da Jsw Steel Italy, i finanziamenti verranno erogati soltanto alla fine del percorso di reindustrializzazione del sito di Piombino.