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Un intero quartiere in lotta per il “suo” ospedale. Che poi non sarebbe solo suo, ma rappresenterebbe un polo di eccellenza utile per un bel pezzo di Sicilia. Librino, periferia di Catania, ma centro di una mobilitazione che coinvolge cittadini, sindacati e associazioni, quella Piattaforma Librino nata tanti anni fa per rilanciare il quartiere-utopia progettato negli anni 70 dal grande architetto giapponese Kenzo Tange, ma lasciato lentamente deperire nell’incompiutezza e nel degrado per l’incuria di amministrazioni incapaci di valorizzare un’idea forse troppo “avanti” per la volontà e le capacità della politica siciliana: quella di una “new town” futuribile alla periferia sud-ovest di Catania, una città satellite da 70.000 abitanti in tutto autonoma e autosufficiente che doveva risolvere la pressione demografica della città etnea, occupando un’area vasta e bellissima che aveva fatto innamorare lo stesso Tange. Che, appena arrivato, scrisse: “Quando visitai il luogo per la prima volta – scrisse – ammirai quel bel terreno collinoso e decisi di fare qualcosa per utilizzare la topografia, in modo da fondere l’ambiente umano con quello naturale. L’idea che sviluppammo era una completa struttura collettiva, consistente in un asse verde centrale, dal quale si diparte una rete verde che organizza tutto il complesso”.
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Tra le varie “incompiute” di Librino – l’altra eclatante è il grande teatro, “reinaugurato” a ogni elezione politica e poi lasciato in abbandono – c’è, appunto, l’ospedale San Marco. Il cantiere dell'ospedale risale ormai al 1986: l’idea era quella di una super struttura con un Pronto soccorso e servizi di eccellenza a favore di buona parte della Sicilia orientale. Nel 1990, ricorda Sara Fagone, responsabile periferie della Cgil catanese e instancabile animatrice sociale e sindacale di Librino, quartiere in cui vive – la gara fu assegnata al gruppo Cogefar-Impresit (oggi Impregilo). “I lavori – racconta – non vennero mai iniziati per controversie giudiziarie mentre a una successiva gara vennero aggiudicati dalla Uniter Consorzio Stabile, un raggruppamento di imprese che ha come capofila la Tecnis di Mimmo Costanzo e Concetto Bosco. La posa della prima pietra risale al 2008, con tanto di dichiarazioni dell'allora presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Il direttore generale dell'epoca sostenne che l'opera sarebbe stata realizzata in 38 mesi. L'ospedale prevedeva originariamente 1.229 posti letto e diverse aree di attività ma le varie riforme hanno ridotto i posti a 460”.
Naturalmente la vicenda è andata a finire in un altro modo. Anzi, a dirla tutta, non è andata proprio “a finire”. Nonostante che dopo un sopralluogo l’assessore regionale Marino dichiarò nel 2013 che l’inaugurazione dell’opera si sarebbe tenuta nella primavera del 2014, la data fu spostata ancora alla primavera del 2015 e, nelle ultime settimane, a dicembre 2016.
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Nel frattempo, tuttavia, sono cambiati giunte e assessori e sono iniziati un bel po’ di guai giudiziari per l’azienda, tanto che sindacati e associazioni temono che i lavori ancora una volta non verranno portati a termine. Un grido di allarme lanciato dalla vasta rete delle associazioni di Librino, un tessuto ricco di attivismo politico e sociale, che tutti i giorni lotta contro il degrado e la criminalità di un quartiere che è tra le grandi piazze di spaccio della Sicilia. E così nelle settimane scorse Cgil, Briganti rugby Librino, Campo San Teodoro Liberato, Librineria, Adiconsum, parrocchia Madonna del Divino Amore, Sunia, Osservatorio socio-politico del Settimo Vicariato, Comitato Librino Attivo, Istituto omnicomprensivo Angelo Musco, Istituto comprensivo Dusmet, Andi Catania, Sclerosi multipla Sm@ll Onlus, VI municipalità di Catania, Adas, Lega delle Cooperative e tante altre realtà hanno scritto un accorato documento inviato a tutte le personalità e le istituzioni coinvolte nella vicenda dell’ospedale per chiedere di sbloccare la vicenda e di dare finalmente a Librino il “suo” ospedale.
Ospedale San Marco: sembra tutto pronto
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L’impasse, però, nonostante l’impegno personale preso a maggio dal sindaco Bianco, non solo non si sblocca, ma anzi sembra peggiorare, se possibile. È stata, infatti, annunciata l'apertura del pronto soccorso del Policlinico. Poco male, se non fosse per il fatto che ciò dovrebbe avvenire, come annunciato dalla dirigenza, con il trasferimento delle risorse del Vittorio Emanuele che, nei piani, sarebbero dovute andare al San Marco, mentre concorsi o ipotesi di soluzioni per il personale che dovrebbe andare al San Marco ancora latitano. Tutto ciò fa paventare ad alcuni la chiusura dello stesso Vittorio Emanuele.
Situazione stigmatizzata dalla Cgil. Il segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota, il segretario generale della Fp Cgil, Gaetano Agliozzo e il rappresentante aziendale Cgil al Policlinico, Carmelo Calvagna, tagliano corto: “Non deve accadere che il personale del Vittorio Emanuele venga trasferito al Policlinico e che dunque la chiusura del Vittorio Emanuele avvenga in assenza della piena operatività del San Marco, trasformando in una chimera l'intera operazione e lasciando tragicamente senza pronto soccorso la zona sud della città". “Il nostro timore – attaccano ancora i sindacalisti – è che purtroppo nella vicenda San Marco, invece di assicurare il massimo livello di servizio nel pieno diritto dei cittadini, si finisca per favorire i giochi dei soliti primariati universitari. Sarebbe un gioco squallido al quale la Cgil non è interessata".
Insomma, c’è molta confusione e qualcuno probabilmente sta barando. Quel che è certo è che la Cgil, presente capillarmente da anni sul territorio insieme a tante realtà sociali raccolte nella Piattaforma Librino, non intende mollare. “Il sindaco – riprende Fagone – doveva incontrare l’assessore regionale, ma ancora non lo ha fatto. I sindacati sono stati convocati dalla Regione il 19 luglio. La nostra battaglia va avanti, perché è una battaglia nata dal basso, tra la gente: sul nostro documento abbiamo raccolto ben 1.500 firme che porteremo alla commissione regionale”.
Il paradosso – che fa particolarmente male ai librinesi – è che l’ospedale, come documentano le foto che pubblichiamo in questo articolo, è quasi ultimato, ci sono muri dipinti di fresco, lettini e attrezzature: insomma, per mettere la parola “fine” manca davvero poco, ma si tratta di quel “poco” che in realtà sembra ancora tantissimo.