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“Quello che hanno reso evidente queste elezioni era già noto: c’è un problema politico di ‘incastro’ della Catalogna nella Spagna e una divisione importante della società a questo riguardo”. Dolors Llobet è portavoce delle Comisiones Obreras (Ccoo) de Catalunya. L’abbiamo intervistata sulla situazione post-elettorale, dopo il voto del 27 settembre per eleggere il Parlamento della Generalit, e sulla qualità della ripresa economica nella storica comunità autonoma spagnola.
Rassegna Le Comisiones Obreras catalane sono per il diritto a decidere: come si esce da questa situazione di conflitto?
Llobet Non siamo sostenitori di una soluzione o di un’altra, perché siamo un sindacato plurale, dove sono presenti diversi punti di vista. Ciò su cui c’è unanimità tra noi è sul fatto che la soluzione deve essere indicata dalla gente. Certo, siamo un sindacato vincolato a quello spagnolo da un rapporto confederale, che ha nello Statuto un’idea di Stato federale dei popoli di Spagna, modello che le Ccoo spagnole sostengono. Crediamo che debba essere il popolo catalano a decidere il modello istituzionale, altrimenti tutta la politica risulterà contaminata da questa impossibilità di scelta. Le elezioni hanno dimostrato che da questa situazione si esce solo con un negoziato con lo Stato che porti alla celebrazione di un referendum concordato.
Rassegna Che cosa si dovrebbe votare esattamente?
Llobet Deve esserci uno spazio negoziale che permetta agli abitanti della Catalogna di pronunciarsi in merito alla volontà o meno di essere uno Stato indipendente. Penso anche però che la situazione politica attuale in Spagna renda impossibile l’apertura di questo spazio e che perciò, finché non ci saranno nuove elezioni generali e non cambi la maggioranza parlamentare, la situazione si manterrà bloccata.
Rassegna Alle dichiarazioni del segretario generale nazionale delle Ccoo Ignacio Fernández Toxo sui rischi dell’indipendenza, avete risposto ribadendo la vostra autonomia come sindacato…
Llobet Noi abbiamo un nostro Statuto, siamo confederati liberamente con le Comisiones Obreras spagnole. È ragionevole che un sindacato statale non abbia la stessa posizione di un sindacato rappresentativo di una realtà territoriale autonoma. Con la confederazione condividiamo la diagnosi della crisi del modello istituzionale nato con la Costituzione del ’78 e circa la necessità di un modello nuovo, nella convinzione che ciò lo possa fare solo la politica, perché solo così ci sarà un riconoscimento del diritto a decidere del popolo catalano. Ciò che ci è parso inopportuno nelle dichiarazioni di Toxo è stato il fatto di aprire quella riflessione in una campagna elettorale così contrastata.
Rassegna Alcune imprese hanno minacciato di andarsene da una Catalogna indipendente: sono credibili queste minacce?
Llobet Penso che non abbiano alcuna credibilità e che, anzi, spesso le loro minacce producano l’effetto contrario rispetto all’obiettivo auspicato. Le imprese moderne dovrebbero essere più rigorose nelle relazioni industriali e lasciare che la gente si esprima liberamente. Per questo non dovrebbero giocare né con la paura, né con le minacce, né con altri temi importanti. C’è stata molta leggerezza su questioni fondamentali come la disoccupazione e le pensioni. Le pensioni dipendono dalla qualità del mercato del lavoro, non dal modello istituzionale, e chi ha appoggiato a suo tempo la riforma del mercato del lavoro ha penalizzato le pensioni del futuro.
Rassegna A proposito di soluzioni che devono essere politiche: cosa pensate dei 32 capi di imputazione, tra cui l’abuso di ufficio, la disobbedienza civile e la malversazione di fondi pubblici, del presidente della Generalitat Artur Mas a proposito della consultazione referendaria dello scorso 9 novembre?
Llobet Utilizzare il potere giudiziario per nascondere la necessità di un negoziato politico peggiora la situazione. La convocazione del presidente Mas di ieri (15 ottobre), da parte del Tribunale superiore di giustizia catalano, è avvenuta perché la Procura generale dello Stato gli ha presentato una querela. Ma la Procura agisce su indicazione del governo, da cui dipende gerarchicamente. Si tratta di una strumentalizzazione del potere giudiziario da parte della politica.
Rassegna Cosa chiedete al nuovo governo catalano che s’insedierà nelle prossime settimane?
Llobet In primo luogo, un piano urgente contro le diseguaglianze, la povertà e la disoccupazione. La seconda priorità è sbloccare la legge sul reddito minimo di cittadinanza, reclamata con una legge d’iniziativa popolare. Senza dimenticare la questione del rischio di privatizzazione della sanità.
Rassegna Quali sono i problemi che più interessano nell’attuale fase il mondo del lavoro?
Llobet I principali sono la disoccupazione e la precarietà prodotta dalla riforma del mercato del lavoro, con bassi salari e perdita di qualità. In questo, purtroppo, la Catalogna ha molto in comune con l’insieme dello Stato spagnolo e dell’Europa, perché le polititiche che si stanno applicando sono le stesse. E la soluzione a questi gravi problemi non può risiedere nella scelta del modello istituzionale, ma cambiando le politiche, qui e altrove.
Rassegna Ma la ripresa economica, di cui si sente parlare da tempo, c’è o no?
Llobet Intanto, va detto che la ripresa che era iniziata al principio dell’anno, sta registrando ora un rallentamento. Ma, soprattutto, che la ripresa intesa come crescita del Pil non riesce a calare sulle famiglie, né su quelle spagnole, né su quelle catalane.
Rassegna Che modello di sviluppo economico sta emergendo dalla crisi?
Llobet Un modello di corto respiro, con un mercato del lavoro duale, diviso tra chi ha alti livelli di reddito e chi sta nella povertà. Prima la povertà era determinata dall’assenza di reddito, oggi ci sono persone che sono entrate nell’area della povertà pur avendo un lavoro. La frattura tra ricchi e poveri va ampliandosi e ciò si ripercuote negativamente sulla società e sullo svluppo economico dell’intero Paese.