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“Chiudere la fase di esclusiva difesa dagli attacchi del liberismo e convincere le lavoratrici e i lavoratori a passare all’offensiva”: questo il prossimo obiettivo di Comisiones Obreras della Catalogna secondo Javier Pacheco, nuovo segretario generale dell’organizzazione sindacale. Nato a Barcellona 46 anni fa, figlio di genitori immigrati dall’Estremadura, ex operaio della Nissan e già segretario della federazione dell’industria, Pacheco è stato eletto con oltre il 91% dei consensi al termine dell’11º congresso di Ccoo catalane, celebratosi a Barcellona nei giorni 4, 5 e 6 aprile. “Rompere l’egemonia liberista, ridare dignità al lavoro, ritrovare il carattere rivendicativo che ci ha sempre caratterizzato”, un sindacato “di classe e nazionale, che mette al suo centro la lotta contro la precarietà, per non rassegnarsi a considerarla normale nel mercato del lavoro”.
“Rivolgere l’attenzione del sindacato verso l’esterno e non verso se stessi”, e in un mondo dove cambia il centro del lavoro, “trovare lo spazio naturale di relazione che hanno le persone”. Collaborare alla ricostruzione di “uno spazio politico di sinistra, per convertirlo in uno spazio di speranza per i diritti del lavoro”, perché Ccoo “è un soggetto politico, non è un partito, ma è di parte e i diritti del lavoro allargano e qualificano la cittadinanza”. Sembra di risentire echeggiare le elaborazioni della Cgil di tanti anni fa. Un debito di riconoscenza, quello nei confonti della confederazione di corso d’Italia, che del resto Comisiones Obreras esplicita fin dal primo giorno del congresso, nella relazione di Joan Carles Gallego, il segretario uscente, quando nomina Bruno Trentin e Giuseppe Di Vittorio, collocandoli tra i riferimenti del sindacato catalano.
Ccoo della Catalogna, primo sindacato della regione autonoma con 141 mila iscritti, ha celebrato le sue assise all’interno del percorso congressuale della confederazione nazionale, che si concluderà nei giorni 29, 30 giugno e 1° luglio. E lo ha fatto nel segno del rinnovamento generazionale. L’immagine che di questa tre giorni di Barcellona rimarrà più impressa è senza dubbio quella dell’abbraccio tra Gallego, commosso fino alle lacrime, e un Pacheco emozionatissimo, in mezzo al tripudio della platea. In un’assemblea congressuale di 651 delegate e delegati, attenta e appassionata, che ha potuto contare sulla presenza di molti invitati: tra gli altri, la sindaca di Barcellona Ada Colau, che ha rivendicato la comune partecipazione alle lotte sociali degli ultimi anni, il presidente della Generalitat Carles Puigdemont, il segretario Ugt della Catalogna Camil Ros, l’attuale numero uno nazionale di Ccoo Ignacio Fernández Toxo e il candidato a succedergli nel prossimo congresso, il quarantaquattrenne segretario di Euskadi Unai Sordo.
Tutti hanno avuto parole di ringraziamento per Gallego (rimasto alla guida del sindacato catalano negli ultimi 8 anni, forse i più difficili della storia democratica del Paese), per il suo impegno a costruire, assieme ad altri soggetti, la resistenza sociale alla crisi e per il coraggio dimostrato nell’affrontare le novità del contesto catalano, schierandosi sempre dalla parte della democrazia. Forte di questa strategia, il sindacato catalano è cresciuto, avanzando in modo significativo, nella consapevolezza dei danni culturali prodotti dall’egemonia del pensiero unico e nella necessità di contrapporvi una narrazione diversa, nella femminilizzazione dell’organizzazione e nell’impegno con il Paese e la classe lavoratrice.
Per questo le principali risoluzioni approvate dal congresso sono quella della lotta per un lavoro dignitoso e contro la precarietà, quella che, sotto il titolo “Ccoo della Catalogna, sindacato femminista”, afferma di voler “ampliare e rafforzare la nostra capacità trasformatrice come sindacato di classe” e, infine, la risoluzione sul diritto a decidere del popolo catalano. E qui l’avanzamento è rilevante. Non ci si limita infatti ad affermare un principio democratico, confermando la convergenza delle aspirazioni sociali della classe lavoratrice con le rivendicazioni nazionali del popolo catalano, ma si scommette anche sulla celebrazione di un referendum di autodeterminazione in accordo con lo Stato, riconosciuto dalla comunità internazionale e dal risultato vincolante.